martedì 24 giugno 2025

La salvezza individuale e l'Europa


Stefan Zweig, Clarissa (1941)

"Il mondo tra il 1902 e l'inizio della Prima guerra mondiale, visto attraverso gli occhi di una donna": è lo stesso Stefan Zweig a riassumere così questo romanzo, cominciato nel 1941 e interrotto a causa della stesura di un saggio su Montaigne. Clarissa, figlia di un militare austriaco, è nata nel 1894 e ha sempre condotto un'esistenza solitaria. Alla vigilia della guerra incontra a Lucerna, in Svizzera, un insegnante di ginnasio, Léonard. Il giovane, in cui molti hanno rintracciato il profilo dell'amico di Zweig, Romain Rolland, è un socialista francese circondato da un'aura di gentile cordialità, e fin dall'inizio Clarissa lo sente affine e vicino. La guerra però si frappone tra i due amanti e Clarissa rimane sola e incinta. In un'Europa lacerata dalla morsa dell'isteria nazionalista, l'accettazione di questa maternità diventa, più che una scelta personale, un destino e un simbolo, un'occasione per cogliere il senso di una vita che sembra non avere più dignità. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale Zweig fu toccato dalle persecuzioni nei confronti degli ebrei e decise di distruggere il romanzo, ma nel 1990 l'opera fu recuperata, rimessa insieme e data alle stampe. A oggi viene considerata il testamento in cui il grande scrittore austriaco riassunse acutamente la sua disperazione, ma anche i suoi ideali umanistici. (presentazione editoriale)

Frassinelli, 1991, traduttore Marco Zapparoli 

Poi ci fu il crollo, il crollo dell'Austria. Non c'era più niente da fare. Non ci si poteva più fidare ad andare per le strade. Ovunque avevan luogo dimostrazioni. Mancava la luce. Clarissa pensò: mio padre! Andò a trovarlo. Era diventato vecchio. Non lo riconosceva più: vestiva abiti civili. "Quei pezzenti. E' uno scandalo. Io sono rimasto fedele all'Imperatore". Ma a lei tutto questo era indifferente: cos'era mai per lei, l'imperatore? Da tempo non pensava più a queste cose. Pensava invece che avrebbe dovuto scrivere una lettera a Léonard. Scrivergli? Dirgli tutto? Spiegargli ogni cosa? Aveva continuato a rinviare quel momento. Per tre, quattro anni aveva represso quel desiderio, lo aveva sempre accantonato. Ma adesso occorreva fargli sapere la sua decisione. Lui le avrebbe creduto. Ma l'avrebbe anche compresa? 
Giorno dopo giorno, proseguiva con il suo lavoro. Il dottor Silberstein ne era contento. Che può mai accaderci? Sopravviveremo, soltanto questo è importante. Abbiamo ciascuno il proprio figlio. Abbiamo i nostri ragazzi. Che può mai interessarci di quel che accade in politica? Che cosa sono mai l'imperatore e il Reich - cerchiamo di considerare tutto in prospettiva storica, come se fosse accaduto mille anni fa. Noi ci siamo salvati, anche se questa è la vittoria degli altri. Ma noi siamo salvi. Anche il bambino. Vale davvero il detto: 'Che i morti seppelliscano i morti'. 
"Che cosa ne facciamo del patriottismo: o si costruirà l'Europa, oppure tutto è perduto. Solamente se non se ne farà nulla avremo davvero perso la guerra".

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