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| Gilles Kepel |
Guardando al destino dell'Iran nella situazione attuale un rovesciamento del regime di fronte a un attacco esterno sembra escluso. Forse è più plausibile l'ipotesi di un rivolgimento interno operato dai guardiani della rivoluzione ai danni del clero sciita, oppure il mantenimento dello status quo si può imporre senza troppe difficoltà?
ChatGPT ha detto:
La tua analisi è molto centrata: un rovesciamento del regime per via esterna appare oggi altamente improbabile, mentre le vere incognite si giocano sul piano interno. Il bivio tra un colpo di mano “soft” dei Guardiani della Rivoluzione (IRGC) contro l’establishment clericale e la conservazione dello status quo è la domanda cruciale sul futuro dell’Iran.
Ecco una valutazione dettagliata:
🔹 1. Attacco esterno = rovesciamento escluso
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Un attacco esterno — ad esempio da Israele o dagli Stati Uniti — non porterebbe facilmente al crollo del regime, anzi:
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Il regime si compatterebbe, sfruttando la retorica patriottica e anti-imperialista.
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I Pasdaran, già dominanti, assumerebbero ancora più potere in nome della sicurezza nazionale.
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Le opposizioni interne verrebbero represse con maggiore durezza, giustificandolo con la “minaccia straniera”.
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In sintesi: un'aggressione militare rafforzerebbe il regime, almeno nel breve-medio termine.
🔹 2. Rivolgimento interno dei Pasdaran? Plausibile ma graduale
L’ipotesi che i Guardiani della Rivoluzione scalzino progressivamente il clero è plausibile più come processo che come evento traumatico. Ecco perché:
✅ Fattori a favore di un rivolgimento interno:
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Vuoto di potere imminente: La successione a Khamenei apre un vuoto politico e simbolico che i Pasdaran potrebbero colmare, con o senza il consenso dei religiosi.
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Ascesa dei militari nella politica e nell’economia: I Pasdaran sono già egemoni nella pratica, mancherebbe solo la formalizzazione.
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Crisi della legittimità clericale: Le nuove generazioni sono sempre più laiche e anti-establishment, e non fanno distinzione tra religione e oppressione.
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Pragmatismo militare: I Pasdaran potrebbero spingere per una forma di “repubblica islamico-nazionalista” più pragmatica, che limiti l’influenza dei religiosi nella vita pubblica e nella gestione dello Stato.
❌ Fattori che frenano questa dinamica:
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Il sistema è costruito intorno alla guida religiosa suprema (Velayat-e Faqih), e toccare quel pilastro implicherebbe una revisione costituzionale radicale.
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I Pasdaran non hanno bisogno di prendersi tutto: esercitano già potere reale senza esporsi al rischio del comando diretto.
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Il clero, pur indebolito, mantiene ancora una rete capillare di influenza e potere culturale nelle province, nelle moschee e nelle istituzioni educative.
🔹 3. Mantenimento dello status quo: la via più probabile nel breve periodo
La soluzione più stabile e realistica nel breve termine sembra essere quella del mantenimento controllato dello status quo, ma in una versione sempre più militarizzata.
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Verrà probabilmente scelto un successore di Khamenei docile (come suo figlio Mojtaba), che garantirà continuità ideologica ma sarà de facto subordinato al potere dei Pasdaran.
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Il sistema manterrà la facciata teocratica, ma sempre più vuota di contenuti e di autorità reale.
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I militari gestiranno la repressione, l’economia, la politica estera (vedi Siria, Iraq, Yemen) e, con gradualità, anche la politica interna.
🔹 In sintesi
| Scenario | Probabilità | Note |
|---|---|---|
| Attacco esterno con rovesciamento del regime | ❌ Molto bassa | Consoliderebbe il regime, almeno nel breve |
| Colpo di Stato interno militare | ⚠️ Medio-bassa | Possibile ma più probabile in forma graduale |
| Mantenimento dello status quo con crescente dominio IRGC | ✅ Alta | Il percorso più stabile e già in atto |
| Riforma “dall’alto” in chiave nazionalista-militare | ⚠️ Medio | Possibile nel medio periodo, soprattutto post-Khamenei |
Se desideri, posso aiutarti a costruire scenari futuri dettagliati (politici, economici, sociali) per ciascuna di queste ipotesi, oppure valutare impatti geopolitici regionali (su Iraq, Golfo, Israele, Cina, Russia). Vuoi procedere in questa direzione?
Hai detto:
ChatGPT ha detto:
Gli analisti internazionali che si occupano di Iran sono generalmente divisi in tre principali correnti di pensiero, anche se con sfumature e differenze interne. Ecco una sintesi dei principali orientamenti nei centri di analisi strategica, think tank e accademia:
🟦 1. Scuola del "declino controllato" / predominio dei Pasdaran (posizione maggioritaria)
Questa è l’interpretazione oggi più diffusa tra i think tank occidentali e regionali, come International Crisis Group, Carnegie Endowment, RAND Corporation, e alcuni osservatori israeliani (come INSS).
🔹 Tesi centrale:
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Il sistema islamico-velayatista sta progressivamente svuotandosi della sua componente clericale.
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I Pasdaran stanno assumendo il vero controllo dello Stato in forma strisciante e graduale, senza colpi di mano formali.
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La Repubblica Islamica evolverà in uno Stato para-militare, autoritario, nazionalista, ma non necessariamente teocratico nel senso originario.
🔹 Principali esponenti:
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Ali Vaez (ICG) – parla di "militarizzazione silenziosa della teocrazia".
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Karim Sadjadpour (Carnegie) – ritiene che il vero potere sia già nelle mani dei Pasdaran e che il clero sia più una "copertura ideologica".
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Mehdi Khalaji (Washington Institute) – evidenzia la crescente marginalizzazione dei religiosi non allineati.
🟨 2. Scuola della stabilità autoritaria (status quo resiliente)
Alcuni analisti (spesso legati a università, o più attenti alla continuità istituzionale interna iraniana) vedono nel regime una capacità di adattamento senza rotture nette.
🔹 Tesi centrale:
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Il sistema è in crisi di legittimità, ma è ancora coeso e strutturato.
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I Pasdaran preferiscono non prendere formalmente il potere, perché ciò li esporrebbe a responsabilità dirette e a instabilità.
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Il sistema post-Khamenei sarà più chiuso, repressivo e centralizzato, ma senza un vero strappo con la struttura teocratica.
🔹 Principali esponenti:
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Vali Nasr (ex consulente del Dip. di Stato USA, Johns Hopkins) – sostiene che l’Iran è “una teocrazia militarizzata, ma non una dittatura militare”.
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Anoush Ehteshami (Durham University) – vede nel sistema iraniano una “resilienza autoritaria sofisticata”.
🟥 3. Scuola della crisi terminale / collasso innescato da fratture interne
È la corrente più minoritaria, ma molto attiva nei media dell’opposizione iraniana in esilio e tra alcuni analisti neoconservatori occidentali (soprattutto negli USA e in Israele).
🔹 Tesi centrale:
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L’Iran è in crisi sistemica, e la combinazione di:
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declino economico,
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disaffezione giovanile,
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lotte interne tra Pasdaran e clero,
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isolamento internazionale,
potrebbe portare a una implosione o rivoluzione interna.
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Ritengono probabile una frattura tra fazioni dell'IRGC, o tra militari e religiosi, con esiti imprevedibili.
🔹 Principali esponenti:
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Michael Rubin (AEI) – prevede un possibile collasso interno entro pochi anni, anche per via della successione a Khamenei.
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Reza Pahlavi (opposizione in esilio) – promuove l’idea che il regime sia al collasso e che l’unica strada sia la transizione democratica.
🔎 Conclusione: orientamento prevalente
La maggioranza degli analisti seri e indipendenti (ICG, Carnegie, Brookings, Chatham House, ecc.) non crede in un collasso imminente, né in un colpo di Stato classico, ma descrive un lento spostamento del potere reale verso i Pasdaran, con mantenimento della facciata clericale.
In sintesi:
| Scuola | Posizione | Probabilità secondo la comunità analitica |
|---|---|---|
| Declino controllato, predominio IRGC | ✅ Alta | Posizione dominante |
| Status quo con teocrazia riformulata | ⚠️ Medio-alta | Posizione accademica moderata |
| Crisi terminale / implosione | ❌ Bassa | Posizione minoritaria e spesso politicizzata |
Se ti interessa, posso fornirti anche citazioni specifiche da rapporti recenti o briefing riservati pubblicati da questi centri, oppure analizzare cosa pensano Cina, Russia e i Paesi del Golfo di questi scenari. Vuoi approfondire qualche punto?
Hai detto:
ChatGPT ha detto:
Hai perfettamente ragione a citare Gilles Kepel: rispetto alla maggioranza degli analisti più “istituzionali”, Kepel adotta una posizione più netta e previsionale, lasciando aperta la possibilità di un rivolgimento interno anche nel breve termine, soprattutto in relazione alle dinamiche regionali e transnazionali dell’islam politico.
🔹 La posizione di Gilles Kepel
Kepel, noto per i suoi studi sull’islam politico e sulle trasformazioni del Medio Oriente post-Primavere arabe, interpreta l’Iran come un sistema in tensione avanzata, dove le contraddizioni interne (ideologiche, generazionali, sociali e geopolitiche) potrebbero precipitare in una crisi di regime nel breve-medio periodo.
🔸 Punti chiave della sua analisi:
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Frattura ideologica tra Pasdaran e clero:
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I Pasdaran hanno una visione post-ideologica, pragmatica e spesso cinica del potere, mentre il clero è ancora legato a un’impostazione dogmatica e sacrale che non regge più né sul piano interno né su quello internazionale.
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Crisi generazionale e culturale:
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Il regime non riesce più a parlare ai giovani iraniani, sempre più laici, disillusi o apertamente ostili alla Repubblica Islamica.
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Le proteste del 2022–2023 (sulla scia di Mahsa Amini) sono viste da Kepel non come episodi, ma come segni premonitori di una transizione irreversibile.
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Interconnessione con le crisi regionali:
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L’Iran è sovraesposto geopoliticamente: Iraq, Siria, Yemen, Hezbollah, tensioni con Israele.
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Kepel suggerisce che una crisi regionale grave (es. guerra allargata con Israele o collasso siriano) potrebbe riflettersi direttamente sul fronte interno iraniano, rompendo l’equilibrio.
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Possibilità di un "rimpasto autoritario" in stile post-sovietico:
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Kepel non necessariamente immagina una democratizzazione, ma piuttosto una rottura del vecchio modello teocratico a favore di una nuova élite militare-tecnocratica, più simile alla Russia putiniana o all’Egitto di al-Sisi.
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🔹 In cosa Kepel si distingue dagli altri analisti
| Aspetto | Kepel | Mainstream think tank |
|---|---|---|
| Tempistica del rivolgimento | Breve-medio termine | Medio-lungo termine o assente |
| Meccanismo del cambiamento | Rottura per implosione o pressione interna | Transizione graduale e controllata |
| Ruolo delle proteste popolari | Potenzialmente sistemiche | Sintomi, non cause decisive |
| Geopolitica regionale | Altamente destabilizzante per l’Iran | Strumento di espansione del regime |
🔹 Fonti rilevanti
Kepel ha espresso queste posizioni:
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In varie interviste del 2023–2024, soprattutto a media francesi e italiani (Le Monde, Limes, La Repubblica).
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Nei suoi interventi sul ruolo delle ideologie jihadiste e post-islamiste, dove contrappone regimi in declino ideologico (come l’Iran) a nuove forme di autoritarismo pragmatico.
🔚 Conclusione
Kepel rappresenta una voce fuori dal coro, più attenta alle dinamiche sociopolitiche interne e simboliche che ai meri equilibri istituzionali. Ritiene che l’Iran stia entrando in una fase terminale della sua teocrazia storica, e che un rivolgimento, anche non democratico ma radicale, sia non solo possibile, ma imminente.
Questa posizione, pur minoritaria, sta guadagnando attenzione perché il sistema iraniano è effettivamente sotto stress multiplo: sociale, religioso, economico, generazionale e geopolitico.

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