Irene Bignardi
Dalla
Gran Bretagna ci arriva una possente, derisoria, tosta voce del
passato: Alan Sillitoe, [...] lo scrittore di La
solitudine del maratoneta, e qui
di Sabato sera, domenica mattina.
Chi c’era, trent’anni fa, ricorderà il potere eversivo del film
che da questo libro ha tratto Karel Reisz, con un giovane Albert
Finney. Chi non c’era scoprirà in Arthur Seaton, l’operaio anarchico
e ribelle, scopatore senza regole e ubriacone senza limiti, una
disperata anticipazione dei nostri giorni – con l’inevitabile
necessità di riallinearsi.
Alan Sillitoe
Sabato sera,domenica mattina
minimum fax, Roma 2010
presentazione editoriale
minimum fax, Roma 2010
presentazione editoriale
«Beve. Mente. Tradisce. S'infuria. Picchia. Si mette nei guai e prova a uscirne».
Così Diego De Silva nella sua prefazione descrive Arthur Seaton, l'indimenticabile protagonista di questo romanzo. Arthur ha ventidue anni e un posto di lavoro sicuro in una fabbrica di Nottingham; la società sembra aver già stabilito il suo destino: la catena di montaggio, il servizio militare, e poi il matrimonio, i figli e una vita rispettabile che somiglia troppo a quella dei borghesi da lui tanto odiati. Ma Arthur proprio non ci sta. La sua ricetta per la felicità è un'altra, ben più movimentata; e dovrà fare a pugni molte volte, bere un bel po' di birra e portarsi a letto una donna sposata di troppo, prima di capire se gli ingredienti sono quelli giusti...
Alan Sillitoe, autore della Solitudine del maratoneta, ci regala uno fra i più intensi e divertenti ritratti dell’Inghilterra anni Cinquanta, un romanzo dissacrante sulle costrizioni sociali e i sogni individuali di ribellione. Da questo libro Karel Reisz ha tratto nel 1960 il pluripremiato film omonimo, interpretato da un giovanissimo Albert Finney.
Due categorie di mariti
Sabato sera, domenica mattina,
capitolo II, edizione Einaudi 1961 [1958], traduzione di Floriana Bossi
Arthur classificava i mariti in due categorie principali: quelli che avevano cura delle proprie mogli e quelli "spenti". Jack apparteneva a quest'ultima categoria che Arthur, per esperienza, sapeva essere la più diffusa. Avendolo capito molto presto, era sempre stato fortunato in amore e si era sempre divertito senza lasciarsi sfuggire le occasioni, convinto fin dall'età di diciassette anni che le donne sposate sono senza alcun dubbio le donne migliori da frequentare. Non aveva pietà per i mariti "spenti". A costoro mancava qualcosa, non come alla gente senza una gamba che non c'è più modo di aggiustargliela, ma qualcosa che loro, i mariti "spenti", avrebbero potuto benissimo riacquistare se fossero stati meno egoisti, un po' più vivaci, e si fossero curati un pochino di più delle loro mogli. Perché Arthur, nei suoi momenti più tolleranti, sosteneva che le donne erano qualcosa di più che ornamenti e trastulli: erano calde creature meravigliose che avevano bisogno, e meritavano, che ci si occupasse di loro, che richiedevano tutta l'attenzione di cui un uomo era capace, certo più di quella che uno metteva nel proprio lavoro o nel proprio divertimento. Un uomo, comunque, ha sempre la sua ricompenza se è gentile con una donna.
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