Romolo Ricapito, “Youth” di Sorrentino: un bel sogno non semplice
Mi è piaciuto “Youth” di Paolo Sorrentino, ma nello stesso tempo non mi ha stupito il fatto che non abbia vinto a Cannes. Le ragioni: il film punta molto sulle esercitazioni stilistiche del cineasta ed è sostenuto da un grandissimo Michael Caine. Tali esercitazioni, però, pur se mirabolanti e straordinarie, sicuramente rappresentative di un cinema di serie A, sono appunto eccessivamente sofisticate. In due ore piene si assiste a tutto e al contrario di tutto: un video clip delirante, satira della musica pop, sezioni classicheggianti che riecheggiano il precedente “La Grande Bellezza”, e nuove sollecitazioni visive.
Il tutto poi all’interno della beauty farm-resort, di ambientazione montana. Il personaggio di Harvey Keitel è visibilmente un alter ego senile dello stesso Sorrentino, mentre lo stesso Keitel assieme alla fantastica Jane Fonda è protagonista delle scena più coinvolgente, quella più naturalistica, che parla della decadenza di due eccellenze del cinema.
Ma è sempre il cinema il principale punto di riferimento, anche per quel giovane attore (interpretato da Paul Dano) che recitò un solo personaggio di successo, quello di un supereroe. Questa fanta-analisi, molto addentrata nella personalità dello stesso regista, è però lontana dalla vita di tutti i giorni del pubblico, che si riconosce poco nei personaggi. Figuriamoci poi nelle fantasmagorie stilistiche del cineasta, ammirevoli ma nello stesso tempo lontane dal sentire comune. Per me Youth rimane un buon film. Per quanto riguarda la definizione di “capolavoro”, lo dirà il tempo. Per intanto incassa: questo è il miglior premio, in una stagione che volge al termine. Per fortuna le sale dove è proiettato Youth-Giovinezza sono pienissime.
Beppe Severgnini
Non sono d’accordo, RR. Non stiamo parlando di “un buon film”. “Youth – Giovinezza” è un ottimo film. Un film-cipolla: a strati. Forse il più onirico e cerebrale tra quelli di Paolo Sorrentino. Nemmeno io sono stupito che non abbia vinto a Cannes. “La grande bellezza” aveva un rivestimento commestibile (Roma, le terrazze, belle donne e vecchi preti), che gli stranieri si sono gustati. “Youth” è più complesso: deve depositarsi nella testa dello spettatore. Ma resta un grande film sul passare del tempo, emozionante e intelligente.
Michael Caine (in molte espressioni mi ricorda Toni Servillo) e Harvey Keitel sono formidabili; ma direi che non c’è un attore fuori ruolo. Stesse considerazioni che userei per il film cui si è palesemente ispirato il regista, “8½” di Fellini (un film sul cinema, le terme, gli anziani, il regista in crisi, le attrici passate, i rapporti familiari, la bellezza improvvisa sotto forma di una giovane donna). Non è un commento riduttivo, il mio; anzi, è un complimento. Ognuno di noi ha i suoi miti e i suoi riferimenti. Sono stupito però che la critica cinematografica abbia glissato su quest’aspetto, che a me pare evidentissimo.
Imbroccare un film è possibile; ma Sorrentino dimostra di avere ispirazione, passo, mestiere. Complimenti.
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