Aurelio Musi
Morte e trasfigurazione della forma-partito
L'Acropoli Blog, 8 febbraio 2015
Il grassetto non figura nella versione originale
Negli ultimi anni la transumanza di parlamentari da un partito a un altro è diventata un’inarrestabile tendenza. Pochi giorni fa un’intera formazione politica, Scelta Civica, nata per impulso di Mario Monti, si è quasi completamente dissolta e la maggioranza è confluita nel partito democratico. E’ questo, per ora, solo l’ultimo atto di un processo di profonda trasformazione che ha investito partiti storici italiani, soggetti politici più recenti e la stessa forma-partito come l’abbiamo conosciuta sia in tempi più risalenti come partito di massa sia in anni più vicini a noi.
E’ il caso allora di ripensare brevemente la storia dei partiti italiani dalla crisi del 1992-93 ad oggi. In poco più di un ventennio abbiamo assistito a veloci cambiamenti che non hanno reso possibile una relativa stabilizzazione del sistema politico italiano e che – è legittimo ipotizzarlo alla luce di quel che è accaduto – non lasciano ancora prevedere una sua possibile e duratura definizione.
La crisi successiva a Tangentopoli ha contribuito ad eliminare dalla scena politica italiana alcuni partiti storici: la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, il Partito Repubblicano. Il Partito Comunista, pur non essendo stato direttamente investito dal ciclone di Mani Pulite, sia per i contraccolpi della fine dei regimi comunisti in Europa, sia a seguito di un processo di evoluzione interna, sia per il venir meno della “conventio ad excludendum” che l’aveva tenuto fuori dell’area di governo, è decisamente cambiato.
La nascita di Forza Italia e della Lega ha introdotto ulteriori novità soprattutto nella struttura e nella fisionomia della forma-partito. Da un lato, un “partito azienda” che ha assunto i connotati di un “partito personale”, non ha rinunciato ad ereditare alcuni caratteri del “partito pigliatutto” come la tendenza a svilupparsi nell’intero territorio nazionale, la ricerca del consenso in ampi strati sociali, l’assenza di ideologia, ma si è distinto dal partito pigliatutto, esemplificato nella DC, soprattutto sulla questione della leadership, considerata unica e indiscutibile e identificata nel capo, Silvio Berlusconi. D’altro lato, una formazione politica come la Lega di Bossi, un “partito territoriale” che ha fondato la ricerca del consenso al suo stato nascente soprattutto sulla polemica contro “Roma ladrona”, le parole d’ordine ispirate al separatismo, la lotta alla corruzione.
Il successo delle due formazioni, Forza Italia e Lega, non ha impedito comunque la sopravvivenza di un’area moderata, distinta dalle altre due, che, dopo aver coltivato l’illusione della costituzione di un Grande Centro in Italia, ha quindi svolto la funzione di alleato della destra.
Dopo un lungo periodo di egemonia berlusconiana e di governi di centro-destra, l’ascesa di Matteo Renzi alla guida del Partito Democratico ha scompaginato gli equilibri politici precedenti e ha condotto al successo il suo partito, che oggi è insediato con relativa stabilità al governo del paese. Renzi ha determinato contraccolpi di natura diversa. Ha portato il pd ad oltre il 40% di consensi elettorali. E’ riuscito a sottrarre il partito di Alfano alla sudditanza di Berlusconi e ad integrarlo nell’area di governo. Ha insediato nel pd una nuova leadership che ha profondamente rinnovato il suo gruppo dirigente. Ha notevolmente influito sulla crisi di Forza Italia, partito che oggi è diviso tra molte anime e non è più saldamente controllato da Berlusconi. Sta cambiando la stessa forma-partito del pd: un nuovo “partito personale” che aspira a diventare “partito della nazione” e a cercare consensi nell’area moderata dell’elettorato.
Questo non significa che siamo passati dall’epoca del “bipolarismo imperfetto” e dell’alternanza non ancora pienamente realizzata all’unipolarismo renziano. Per ora, certo, non si scorgono all’orizzonte soggetti politici in grado di contrastare l’egemonia renziana. Tuttavia sia il Movimento 5 Stelle sia la nuova Lega di Matteo Salvini sono in grado di proporsi come potenziale alternativa al pd di Renzi, anche se avranno non poche difficoltà a porsi al centro di uno schieramento di alleanze.
Se questa è in estrema sintesi la nostra storia recente, è possibile oggi ipotizzare una nuova geografia politica italiana che, probabilmente, si articolerà in più poli e che rappresenterà un relativo superamento della classificazione destra/sinistra. Il primo polo è costituito da un grande partito pigliatutto di sistema, quello renziano, capace di aggregare consensi tra gli elettori tradizionali del pd, moderati e di attrarre voti da Sel. L’altro polo è costituito dal Movimento 5 Stelle che, tuttavia, ha non pochi problemi di leadership, appare come un soggetto politico privo di una stabile forma-partito, con continue emorragie di parlamentari. Il terzo polo è la Lega di Salvini, non più partito territoriale ma nazionale, che guarda soprattutto all’Europa e ai suoi movimenti populisti. Quanto a Forza Italia, esso resta la vera incognita attuale.
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