Il leader dei 5 Stelle ha cercato di appropriarsi dell'eredità etica del
segretario del Pci Berlinguer (il quale mai avrebbe usato i suoi toni
violenti). «Il Movimento 5 Stelle è l'unico partito che porta avanti la
questione morale di Berlinguer, siamo gli unici a portare avanti la sua
eredità». Appena arrivato sul palco, l'ex comico è stato preso in
braccio dal parlamentare Di Battista, come fece Benigni con il
segretario comunista. (l'Unità, 24 maggio 2014)
Così a questo siamo arrivati, dissacrando dissacrando. O usando usando. In piazza san Giovanni. Con Grillo che arriva in braccio a Di Battista. Non è il caso di chiedersi, qui e ora, chi era veramente Berlinguer. L'ultimo grande segretario del Pci è stato tante cose. Un comunista democratico. Un eurocomunista. Un erede di Palmiro Togliatti. Un alleato della Democrazia cristiana. E via di questo passo. Certo non era prevedibile che diventasse una icona da consumare in pubblico, a fini elettorali. Lo sberleffo continua, certo. E Berlinguer viene ucciso per la seconda o la terza volta.
Era stato a lungo dimenticato o accantonato dai suoi stessi eredi per comprensibili ragioni. Comprensibili quanto taciute, il più delle volte. Il socialismo dal volto umano si era inabissato con il crollo del socialismo reale. Ancor più inopportuno per molti risultava a quel punto tirare in ballo il comunismo. Perché attraverso la figura di Berlinguer esibirne ancora il ricordo?
Adesso siamo al terzo momento di esclusione dalla scena dopo la morte fisica nel 1984. Berlinguer diventa un'icona contesa da schiere di eredi presunti. A questo punto è di moda soprattutto il politico onesto che aveva riportato in primo piano la questione morale. Perché no? C'è una logica in questa riabilitazione trionfale della memoria.
Tutti i salmi finiscono in gloria, allora? Non proprio. Quello che torna sulla scena è un personaggio che ha pur sempre legato il suo nome alla politica del compromesso storico. A suo modo Berlinguer voleva porre fine all'anomalia italiana del bipartitismo imperfetto. Moro in proposito aveva le idee più chiare ma è certo che per entrambi il problema era quello di porre fine all'esclusione del Pci dal potere governativo. Ora il nome di Berlinguer ritorna proprio mentre torna di attualità l'anomalia italiana (*). Un bel paradosso.
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(*) Massimo Franco
Verso un bipolarismo destinato a riproporre l’anomalia italiana
Corriere della Sera, 24 maggio 2014
Al
di là di chi arriverà primo, l’Italia si prepara a consegnare di sé
all’Europa l’ennesima immagine anomala. Il bipolarismo che si sta
delineando tra Pd e Movimento 5 Stelle spiazza le divisioni tradizionali
tra destra e sinistra. E offre un Paese nel quale la protesta non solo
promette di assumere dimensioni di massa ma trasversali e non
catalogabili in modo tradizionale. Il solo fatto che non si sappia dove
gli eletti che saranno portati a Strasburgo da Beppe Grillo siederanno,
certifica la diversità italiana. Le parole preoccupate di Matteo Renzi e
di Silvio Berlusconi per l’ascesa del movimento dell’ex comico sono il
segno di una sorpresa e di un affanno che aumentano di ora in ora.
Può
darsi che si rivelino esagerate, e che gli elettori rispondano ai loro
appelli. Ma il solo fatto che il leader di FI inviti a disertare le urne
pur di non votare Grillo, tradisce un’inquietudine profonda. Segnala un
atteggiamento psicologico che ha introiettato il dubbio della
sconfitta: politica, se non numerica. Conferma quanto la virulenza
verbale e la strategia dello sfascio del M5S siano i sintomi di una
crisi profonda del sistema, terrorizzato di non avere anticorpi
sufficienti per fermare questa ondata nichilista. Anticipa soprattutto
il ridimensionamento del centrodestra dopo anni di predominio. E dilata
il vuoto lasciato dal berlusconismo al centro del sistema politico.
Il
punto interrogativo è se il governo di Renzi e il suo partito, in
apparenza orfani del principale avversario e quindi potenzialmente
trionfanti, saranno in grado di riempirlo almeno in parte; fino a
qualche settimana fa, sembrava così. In fondo, il cambio in corsa
doloroso a Palazzo Chigi con Enrico Letta ha avuto come ragione forte
quella di arginare un populismo galoppante. Se questo obiettivo viene
mancato, rischia di aprirsi un problema politico non da poco per
l’esecutivo: sebbene si tenda ad esorcizzare questo scenario. Dipenderà
dal livello di astensionismo e dalla distanza che il Pd riuscirà a
mettere tra i propri consensi e quelli del M5S, se, come pare, ci
riuscirà.
Renzi invita ad «andare a prendere uno a uno i voti del
centrodestra». E chiede di non astenersi, convinto che percentuali di
partecipazione basse favoriscano Grillo. «Noi partiamo al secondo posto»
rispetto alle politiche del 2013, mette le mani avanti il
sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. «Il Pd
sarebbe felice di sorpassare Grillo. Ma effettuare il sorpasso
governando è molto complicato». È una cautela in parte scaramantica, in
parte dovuta all’imprevedibilità del voto europeo. Tra l’altro, non
tutto l’elettorato sarebbe informato che si può andare alle urne solo
domani, e non anche lunedì come succede per le Politiche. Il premier si
dice sicuro che Berlusconi manterrà i patti sulle riforme istituzionali
«nonostante le Europee»: dando per scontato un insuccesso che potrebbe
compromettere il percorso seguito finora.
La sensazione è che ci si
avvii ad una situazione postelettorale tale da aumentare le tensioni e
la precarietà della legislatura. Ma proprio per questo obbligherà la
maggioranza a fare le riforme promesse, per non aumentare l’ipoteca di
un populismo che predica il «tutti a casa» dei partiti, avanzando
proposte suicide per l’Italia; e per non alimentare la percezione
negativa che l’Europa ha ricominciato a nutrire nei confronti del nostro
Paese. Un governo nato per dimostrare una capacità decisionale
inusuale, si ritrova di colpo sulla difensiva: costretto a rivendicare
il poco o il tanto che ha fatto, e a garantire che farà di più: anche se
la «leggerezza» di alcuni ministeri imporrà cambiamenti immediati.
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Marco Belpoliti
La canottiera di Bossi
Guanda, Parma 2012, pp. 18-20
... In un articolo del 1975, lo scrittore Mario Soldati descrive la gestualità di Berlinguer soffermandosi sul ricamo delle mani, sempre simmetriche e sincrone: "Piatte e piegate al polso, ora le manine delimitano un piano logico, dividono due argomenti troppo facili a confondere: ora, invece, curvandosi entrambe a conca, l'una di qua e l'una di là, chiudono come un cerchio magico fatti o idee che vanno considerati globalmente". Soldati vuol suggerire l'incrollabile fede ideologica che è implicita in questo, le convinzioni che si celano dietro i gesti, che, seppur descritti a parole, ricordano da vicino quelli dei democristiani che argomentano in modo sottile, e cercano un contatto intellettuale, non solo emotivo, col loro uditorio. Sono, si potrebbe dire, dei mandarini, ovvero uomini di potere, che del loro potere non devono rendere conto agli ascoltatori, ma lo esercitano nel pubblico comizio attraverso il dispiegarsi delle frasi e dei ragionamenti, così che i destinatari del messaggio abbiano la sensazione di partecipare al farsi stesso delle idee, o almeno di condividerle, come quando si ascolta un insegnante, un professore o un intellettuale.
... Luigi Ghirri [...] ha scattato una serie d'immagini molto eloquenti in una delle ultime feste dell'Unità in cui il leader del Pci tenne il comizio conclusivo davanti alla folla dei militanti [...] La solitudine di Berlinguer è evidentissima. Si trova lontano dalla folla, distante e la sua corporeità sembra cancellata. Un'interpretazione, certo, ma come nel ritratto di Soldati, in questi scatti si comprende benissimo quale sia lo stile oratorio e gestuale del leader comunista.
Andrea Cortellessa sul libro di Belpoliti http://www.sinistrainrete.info/cultura/1979-andrea-cortellessa-fenomenologia-della-canotta.html
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