Bruno Gravagnuolo
Essere marxista secondo Bobbio I testi inediti dello studioso
radunati in un volumetto I curatori - Cesare Pianciola e Franco Sbarberi
- hanno selezionato dall'archivio scritti tra il 1949 e il 1991
incentrati sul filosofo tedesco
l'Unità, 12 aprile 2014
Quattrocentotrenta faldoni e quattromila unità archivistiche. E i
faldoni numerati hanno un nome ricavato dal posto in cui stavano in
origine: «stanza corridoio, stanza laboratorio» etc. Scarne note da
catasto, che ci parlano però di qualcosa di vitale. Sono i numeri e i
luoghi dell'archivio di Norberto Bobbio, oggi al centro Gobetti, e
proveniente da un primo archivio: casa Bobbio in Via Sacchi a Torino
(perciò le stanze e i corridoi). Dal coacervo ben ordinato, Cesare
Pianciola e Franco Sbarberi hanno tratto per Donzelli un volumetto. Di
eminente valore filologico e non solo: Norberto Bobbio, scritti su Marx.
Dialettica, stato e società civile (pp.128, Euro, 19,50). Val la pena
di possederlo, nonché di leggerlo. Poiché si tratta di testi inediti del
filosofo scomparso nel 2004. Conferenze, scalette, appunti per saggi e
lezioni, lettere, in un arco di tempo dal 1949 al 1991. Una scelta che
tralascia foglietti più minuti e corrispondenza varia. E si concentra su
un certo asse strutturato del laboratorio inedito di Bobbio. L'asse si
chiama Karl Marx, gioia e tormento del filosofo, che con Marx si misurò
tutta la vita, e ancor di più allorché le sue dottrine si inabissarono
(dopo il 1989). Proviamo a isolare qualche punto. Bobbio fu socialista
liberale ed azionista. Il primo a tradurre in Italia Popper ma anche il
primo fin dal 1949 a misurarsi con il giovane Marx e a curarlo per
Einaudi. Siamo ben prima del pur grande Della Volpe, che agli «scritti
giovanili» si dedicò con dottrina e genio. Quel Della Volpe marxista che
con Togliatti fu avversario di Bobbio, sull'autonomia della cultura
dalla politica. Tutto questo ritorna nella fucina del libro, e alla
radice dei problemi. Marx, scriveva Bobbio, prima di uscire allo
scoperto, è dapprima filosofo anti-filosofo dell'«autocoscienza». Che
inclina verso il messianismo e il finalismo. E che però in seguito
accede a un punto di vista sociologico e critico contro una ben precisa
«alienazione»: non più solo hegeliana o speculativa. Alienazione
capitalistica e incarnata dalle merci. Ecco il nesso già intravisto da
Lukàcs tra umanesimo e critica del capitalismo. Senza finalismo e
necessità intrinseca altresì. E senza voler essere scienza esatta o
fatalistica, scrive Bobbio. Si gettano così le basi negli inediti di una
feconda distinzione: il Marx profetico e il Marx critico. Il Marx quasi
scienziato e quello biblico e totalizzante. Tutti temi che torneranno
in fine anni 60 nel famoso Da Hobbes a Marx di Bobbio stesso, o nella
celebre querelle di Colletti del 1974 sulla pseudo scienza in Marx,
viziata appunto dalla «dialettica» (non scientifica, né logica per
definizione). Bobbio però, al contrario di Colletti, fin dall'inizio
tiene ferme alcune distinzioni. Primo: il finalismo non inficia la
critica all'alienazione. Secondo: la dialettica è scienza
dell'argomentare in virtù del «principio di non contraddizione». Che
funziona bene in Marx nella denuncia dell'alienazione della coscienza,
rivelando scarti, conflitti e ineguaglianze in cerca di riscatto. E non
funziona però come rovesciamento totalizzante dei conflitti. Dunque, «Né
con Marx né contro Marx», per citare il titolo di una raccolta bobbiana
curata da Carlo Violi. A conferma di una vocazione critica che vide
Bobbio accanto alla sinistra storica. E in perenne funzione di pungolo.
Sulla democrazia, sulla libertà, sull'assenza di una teoria dello stato
in Marx. Fomite di totalitarismo oltre le intenzioni marxiane. Un tema
quest'ultimo, giocato contro Althusser, Guastini e Poulantzas e che
divenne cavallo di battaglia della polemica tra comunisti e socialisti
di fine anni '70 (Quale socialismo?). Bobbio «revisionista» quindi, ma
mai post-azionista velleitario o decisionista. Anzi, difensore di
partiti, parlamento e corpi intermedi. Dentro le regole della
democrazia. Contro populismo e carismatismo. E con una certa idea di
socialismo, vicina a Rosselli e non a La Malfa: il socialismo come «via»
alla libertà della persona. Come mezzo e non «fine» chiuso. Insomma,
socialismo non «liberal», né posticcio «liberismo sociale». E con chiara
distinzione destra/sinistra. Idea ben compendiata dalla citazione di
Jon Elster, apposta nel 1997 da Bobbio alla prefazione della raccolta di
Violi: «Non è possibile essere marxisti nel senso tradizionale... io
credo sia possibile essere marxisti in un senso differente del
termine... la critica dell'alienazione e dello sfruttamento rimane
centrale».
Nadia Urbinati
Dall’antifascismo militante al movimento studentesco Negli inediti
dello storico e filosofo italiano le fasi di un lungo studio
Bobbio-Marx tre incontri cruciali
(Scritti su Marx, Norberto Bobbio,
Donzelli, pagg. 132, euro 19,50)
la Repubblica, 18 maggio 2014
CHI «entra nel labirinto dell’opera di Bobbio si accorge presto che Marx
non è indicato tra gli autori prediletti», eppure egli è sempre stato
“affascinato” dal suo pensiero politico e filosofico. Così Cesare
Pianciola e Franco Sbarberi introducono questa antologia di scritti
inediti di Norberto Bobbio. I suoi “incontri” con Marx hanno coinciso
con momenti cruciali della storia nazionale, a dimostrazione del fatto
che le idee di Marx non hanno solo suggerito interpretazioni della
società, ma ispirato l’azione politica
stessa, di movimenti e partiti.
Tre sono stati i “momenti cruciali” dell’incontro: “l’antifascismo
militante” (1941-42), i “problemi della ricostruzione” (1945-50) e il
movimento di contestazione degli anni ’60 e ’70. Tre momenti e tre piani
di discussione su Marx: la sua filosofia della storia e quindi la via
al socialismo; la sua scienza della società e quindi la totalità della
dialettica; la sua visione politica e quindi il ruolo dello stato.
Questi testi inediti testimoniano le tappe di questa ricerca e ci
consegnano un Bobbio che legge Marx in chiave liberalsocialista centrata
sul primato del potere economico, la diagnosi critica della riduzione
del lavoro a merce, e la ricerca di una società nella quale l’individuo
dovrebbe godere della libertà che il liberalismo ha promesso senza
riuscire a garantire.
Emerge anche come Bobbio abbia riconosciuto il valore originario del
movimento studentesco. È noto come avesse a più riprese criticato la
democrazia assemblearistica e leaderistica del movimento. Ora, i
curatori ci consegnano un Bobbio per nulla professorone pieno di
certezze su quel che era vivo e morto della sinistra, ma al contrario un
contestatore al pari degli studenti che lo contestavano quando si
trattava di chiedere (come si legge in una lettera inedita a Pietro
Nenni del dicembre 1967) “una maggiore moralizzazione della vita
universitaria” o di criticare i colleghi che avevano “rivendicato il
diritto di essere contemporaneamente deputati e professori”.
Andare contro corrente è stato uno stile del pensare critico di Bobbio.
Come Politica e cultura (1955) maturò nel corso del dialogo con il
marxismo e i comunisti nell’età della guerra fredda, Il futuro della
democrazia (1984) è stata l’esito delle riflessioni su marxismo e
democrazia sollevate dal movimento di contestazione; di qui la sua
diagnosi dei tre maggiori problemi della democrazia rappresentativa: la
“partecipazione distorta”, il “controllo inefficace” e il “dissenso
limitato”. Problemi che sono ancora qui, aggravati, e che il professore
ci aiuta a riesaminare. I problemi sono seri e enormi, scriveva, e “ogni
forma di semplificazione” o di “ricerca delle scorciatoie” è
“perfettamente inutile e imprudente”.
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