sabato 3 maggio 2014

La donna nel "Quarto Stato"



Sergio Momesso
Un dettaglio del "Quarto Stato"
Storie dell'arte, un blog di storici dell'arte 

Ap­pro­fitto del primo mag­gio per sug­ge­rire una pic­cola ri­fles­sione sull’immagine più fre­quen­te­mente as­so­ciata alla fe­sta dei la­vo­ra­tori, così come agli scio­peri o alle ma­ni­fe­sta­zioni po­po­lari in ge­nere: il Quarto Stato di Pel­lizza da Vol­pedo, ov­via­mente, che è di­ven­tato or­mai la “Gio­conda” del primo No­ve­cento ita­liano. Qua­dro dalla sto­ria lunga e tor­men­tata, ana­liz­zata in ogni det­ta­glio da Au­rora Scotti. Uno de­gli ele­menti chiave del Quarto Stato, che lo fa grande e mo­derno, è cer­ta­mente la fi­gura della donna con il bam­bino che rag­giunge cor­rendo i due ca­pi­po­polo in primo piano. Per la cro­naca, Cle­mente Bi­done e Gio­vanni Zarri. Lei in­vece è Te­resa Bi­done (1875–1907), mo­glie di Giu­seppe Pellizza.
La na­scita e lo svi­luppo di que­sto mo­tivo, di que­sta fi­gura di donna che par­te­cipa, con il fi­glio in brac­cio, alla mar­cia dei la­vo­ra­tori e apre nel di­pinto una fi­ne­stra nar­ra­tiva po­tente sul ruolo nuovo delle donne all’inizio del No­ve­cento, si se­guiva molto bene alla mo­stra chiusa il 9 marzo scorso al Mu­seo del No­ve­cento, di cui s’è par­lato troppo poco, an­che da parte no­stra pur­troppo. Era in realtà, a mio av­viso, una mo­stra molto di­dat­tica e molto utile. Per la prima volta, in­fatti, a breve di­stanza, si po­te­vano con­fron­tare il Quarto Stato (1898–1901), la sua spet­ta­co­lare ra­dio­gra­fia di­gi­tale a gran­dezza na­tu­rale, Fiu­mana (1895–1897), gli studi pre­pa­ra­tori prin­ci­pali e le prime fasi dell’invenzione, com­preso il pre­coce boz­zetto per quello che si chia­mava an­cora Am­ba­scia­tori della fame (1892).
Se pro­viamo ad im­ma­gi­nare il Quarto Stato senza quell’immagine fem­mi­nile, pri­vato di quell’ingresso ap­pas­sio­nato, im­pe­rio­sa­mente ma­terno, ci ac­cor­giamo, forse, della sua im­por­tanza, sotto tutti i punti di vi­sta, nell’economia dell’immagine fi­nale e ne ap­prez­ziamo la lenta e fa­ti­cosa ela­bo­ra­zione: da una fi­gura poco ca­rat­te­riz­zata e sem­pli­ce­mente di rac­cordo tra primo piano e fondo (Am­ba­scia­tori della fame), alla fi­gura fem­mi­nile esile, in­di­stinta e gio­cata tutta su ritmi ec­ces­si­va­mente li­neari (Fiu­mana), alla donna forte e piena di di­spe­rata vi­ta­lità che è stata ri­mo­du­lata se­condo una nuova mi­sura e una nuova forma se­gnata da luci me­ri­diane e om­bre nette.



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