Sergio Momesso
Un dettaglio del "Quarto Stato"
Storie dell'arte, un blog di storici dell'arte
Approfitto
del primo maggio per suggerire una piccola riflessione
sull’immagine più frequentemente associata alla festa dei
lavoratori, così come agli scioperi o alle manifestazioni
popolari in genere: il Quarto Stato
di Pellizza da Volpedo, ovviamente, che è diventato ormai la
“Gioconda” del primo Novecento italiano. Quadro dalla storia lunga
e tormentata, analizzata in ogni dettaglio da Aurora Scotti.
Uno degli elementi chiave del Quarto Stato, che lo fa
grande e moderno, è certamente la figura della donna con il bambino
che raggiunge correndo i due capipopolo in primo piano. Per la
cronaca, Clemente Bidone e Giovanni Zarri. Lei invece è Teresa
Bidone (1875–1907), moglie di Giuseppe Pellizza.
La nascita e lo sviluppo di questo motivo, di questa figura di donna che partecipa, con il figlio in braccio, alla marcia dei lavoratori e apre nel dipinto una finestra narrativa potente sul ruolo nuovo delle donne all’inizio del Novecento, si seguiva molto bene alla mostra chiusa il 9 marzo scorso al Museo del Novecento, di cui s’è parlato troppo poco, anche da parte nostra purtroppo. Era in realtà, a mio avviso, una mostra molto didattica e molto utile. Per la prima volta, infatti, a breve distanza, si potevano confrontare il Quarto Stato (1898–1901), la sua spettacolare radiografia digitale a grandezza naturale, Fiumana (1895–1897), gli studi preparatori principali e le prime fasi dell’invenzione, compreso il precoce bozzetto per quello che si chiamava ancora Ambasciatori della fame (1892).
Se proviamo ad immaginare il Quarto Stato senza quell’immagine femminile, privato di quell’ingresso appassionato, imperiosamente materno, ci accorgiamo, forse, della sua importanza, sotto tutti i punti di vista, nell’economia dell’immagine finale e ne apprezziamo la lenta e faticosa elaborazione: da una figura poco caratterizzata e semplicemente di raccordo tra primo piano e fondo (Ambasciatori della fame), alla figura femminile esile, indistinta e giocata tutta su ritmi eccessivamente lineari (Fiumana), alla donna forte e piena di disperata vitalità che è stata rimodulata secondo una nuova misura e una nuova forma segnata da luci meridiane e ombre nette.
La nascita e lo sviluppo di questo motivo, di questa figura di donna che partecipa, con il figlio in braccio, alla marcia dei lavoratori e apre nel dipinto una finestra narrativa potente sul ruolo nuovo delle donne all’inizio del Novecento, si seguiva molto bene alla mostra chiusa il 9 marzo scorso al Museo del Novecento, di cui s’è parlato troppo poco, anche da parte nostra purtroppo. Era in realtà, a mio avviso, una mostra molto didattica e molto utile. Per la prima volta, infatti, a breve distanza, si potevano confrontare il Quarto Stato (1898–1901), la sua spettacolare radiografia digitale a grandezza naturale, Fiumana (1895–1897), gli studi preparatori principali e le prime fasi dell’invenzione, compreso il precoce bozzetto per quello che si chiamava ancora Ambasciatori della fame (1892).
Se proviamo ad immaginare il Quarto Stato senza quell’immagine femminile, privato di quell’ingresso appassionato, imperiosamente materno, ci accorgiamo, forse, della sua importanza, sotto tutti i punti di vista, nell’economia dell’immagine finale e ne apprezziamo la lenta e faticosa elaborazione: da una figura poco caratterizzata e semplicemente di raccordo tra primo piano e fondo (Ambasciatori della fame), alla figura femminile esile, indistinta e giocata tutta su ritmi eccessivamente lineari (Fiumana), alla donna forte e piena di disperata vitalità che è stata rimodulata secondo una nuova misura e una nuova forma segnata da luci meridiane e ombre nette.
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