Fabio Gambaro
Patrick Boucheron: "E' la collera che distrugge la democrazia"
la Repubblica, 10 luglio 2014
LE MINACCE che insidiano dall'interno la democrazia sono a volte più pericolose
degli attacchi esterni. Per Ambrogio Lorenzetti, ciò era evidente già
nel 1338, l'anno in cui dipinse a Siena il celebre affresco del "buon
governo". Lo ricorda oggi lo storico Patrick Boucheron in un libro
affascinante che in Francia sta riscuotendo l'elogio unanime del
pubblico e della critica: Conjurer la peur (Seuil, pagg. 288, euro 33),
un denso saggio "sulla forza politica delle immagini" che parte proprio
da un'originale e dettagliata analisi dell'opera con cui il pittore
senese mise in guardia contro gli Effetti del buono e del cattivo
governo in città e in campagna .
Secondo lo studioso francese,
professore di storia medievale alla Sorbona, l'insegnamento dello
straordinario affresco è ancora oggi di grandissima attualità, specie
alla luce delle ultime elezioni europee e dei risultati del Fronte
Nazionale di Marine Le Pen. Pur essendo stato dipinto quasi sette secoli
fa, il lavoro visionario di Lorenzetti continua a dirci qualcosa sui
rischi che corre la democrazia e sulla necessità di difenderla.
"Nell'affresco
del buon governo, di solito si sottolineano le allegorie della
giustizia, della pace e della concordia, se ne dà insomma una lettura
rassicurante", spiega Boucheron, di cui in Italia è appena stato
pubblicato Leonardo e Machiavelli (Viella, pagg. 157, euro 19), un
saggio che prova a ricostruire l'incontro tra le due grandi figure del
Rinascimento. "In realtà, l'opera di Lorenzetti non è per niente
rassicurante. Al contrario, è inquietante, perché tradisce un
sentimento d'urgenza di fronte a una minaccia sfuggente e poco
identificabile. È il momento in cui il comune sta per passare sotto il
controllo della signoria, sullo sfondo di una crisi finanziaria che
provoca il fallimento di alcuni banchieri, spingendo il popolo a cercare
la protezione di un uomo provvidenziale. L'affresco mette in guardia
contro questa lenta e insidiosa sovversione delle istituzioni da parte
di una realtà ancora indefinita ma estremamente minacciosa. Insomma, le
analogie con il nostro presente non mancano."
La minaccia da scongiurare è quella della tirannide che prende forma all'interno della democrazia?
"All'epoca
si usava questa espressione. Ma al di là delle parole, che per altro
possono essere inadeguate alle realtà attuali, Lorenzetti ci dice che il
peggior nemico della democrazia è la collera che erode dall'interno le
istituzioni collettive. Nell'affresco, la minaccia non viene da un
nemico esterno alla città, ma dal cuore stesso della società comunale,
minando a poco a poco il vivere civile. È il cattivo governo che
consente l'emergere del risentimento e della demagogia. La storia ci ha
insegnato che certe evoluzioni silenziose e senza rotture apparenti sono
estremamente pericolose. A forza di piccole rinunce, piccoli
tradimenti, piccole vigliaccherie collettive, un bel giorno
all'improvviso ci si rende conto che la repubblica, il bene comune, il
vivere civile non esistono più. Per questo, al centro dell'affresco di
Siena figura un gruppo di danzatori che "scongiurano" la paura.
Rappresentano la volontà di mobilitare le energie e le passioni
collettive per cercare di reagire contro chi corrompe la democrazia
dall'interno" Lorenzetti mette l'arte al servizio di un messaggio
politico forte...
"Innanzitutto insiste sull'idea che la politica
deve essere finalizzata al buon governo. Questo si realizza non tanto
perché esercitato in nome di principi giusti e da persone virtuose, ma
solo in quanto riesce concretamente a prendersi cura delle persone, producendo effetti benefici nella vita quotidiana.
Contemporaneamente
però Lorenzetti ci dice anche che questo ideale non è mai pienamente
raggiungibile. Più si cerca di realizzarlo e più esso si allontana,
forse perché alla costruzione del bene comune domandiamo sempre di più.
Non a caso, nell'affresco, la donna che rappresenta la pace è
melanconica e triste. Esprime la consapevolezza di chi sa che
l'orizzonte della politica è anche inevitabilmente fatto di delusioni e
frustrazioni. Ciò però non deve scoraggiare gli individui. Al contrario,
la lucidità deve essere uno stimolo a continuare la battaglia. Come
diceva Machiavelli, per centrare il bersaglio, occorre mirare più in
alto".
Una parte dell'affresco rappresenta la città in tempo di pace. Che tipo di società immagina Lorenzetti?
"La
sua città è molto diversa dalla celebre Città ideale conservata ad
Urbino. La sua è una città viva e animata, risultato di una molteplicità
di punti di vista. Per il pittore senese, la vita in tempo di pace non è
perfezione immobile e divina. Al contrario è una società dinamica di
uomini reali con i loro limiti e le loro contraddizioni. La vita civile
nasce da contrasti e compromessi. E la democrazia è l'arte di
organizzare le divergenze e ricomporre i conflitti. Insomma, la città di
Lorenzetti è una successione di conversazioni, dove ognuno ha diritto
alla parola. All'epoca, i comuni italiani avevano l'ossessione della
circolazione armoniosa della parola. Per questo, i teorici
dell'eloquenza civile diffidavano degli oratori popolari capaci di
trasformarsi in demagoghi. Per loro, quando la parola pubblica si carica
di risentimento e d'invidia è il segno che la vita politica si sta
degradando. Che poi è quello che accade oggi un po' dappertutto in
Europa".
La funzione politica dell'artista è rendere visibile il pericolo che incombe sulla società?
"L'affresco
di Lorenzetti mostra le conseguenze negative del cattivo governo. La
creazione artistica è anticipazione, ci mette in guardia sui rischi a
venire. L'artista sente il pericolo, come quei gatti che nelle miniere
sentivano il grisù prima degli uomini, permettendo di evitare la
tragedia. L'artista non è un profeta, ma solo qualcuno che ha una
sensibilità più spiccata degli altri".
Dare un volto alle minacce e alle paure, significa conoscerle e quindi un po' combatterle?
"Penso
di sì. Quando il pericolo è indefinito e impreciso fa sempre più paura.
La forza politica delle immagini è proprio questa capacità di rendere
visibile ciò che ancora non lo è, mettendo il risultato a disposizione
di tutti. Lorenzetti è come se dicesse ai suoi concittadini, e in fondo
anche a noi: "Adesso non potrete mai più dire che non sapevate". Che poi
è la stessa intenzione all'origine del mio lavoro".
La
sua concezione della storia incrocia diversi filoni di ricerca, dalla
storia culturale alla storia economica, dalla storia politica alla
storia dell'arte. È il vecchio sogno di una storia totale?
"In
parte sì. Soprattutto però difendo l'idea di una storia inquieta e
disorientata. A scuola, ci hanno sempre insegnato a orientare la storia
secondo la freccia del tempo, costringendoci a pensarla come
necessariamente unidirezionale. Io preferisco interessarmi ai momenti di
rottura o d'involuzione, quando appunto la storia perde l'orientamento.
Come ad esempio la crisi dei comuni medievali. Questa storia
disorientata è di conseguenza una storia inquieta, che non è fatta per
confortare
le nostre certezze o le nostre identità. Non trasmette sicurezze. Al
contrario, è una storia che c'interroga e suscita dubbi, ma proprio per
questo è molto più interessante. Per me la storia è igiene
dell'inquietudine e un esercizio di disorientamento che ci aiuta ad
organizzare il nostro inevitabile pessimismo. Ci aiuta a essere lucidi,
che significa guardare in faccia il baratro che si avvicina e provare a
dominare le nostre paure".
http://www.eutopiamagazine.eu/en/patrick-boucheron/columns/europe-yes-and-no-trail-ambrogio-lorenzetti
http://www.eutopiamagazine.eu/fr/patrick-boucheron/columns/oui-et-non-leurope-dans-le-sillage-d-ambrogio-lorenzetti
http://sciences.blogs.liberation.fr/home/2014/06/sienne-boucheron-hollande-et-lorenzetti.html
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2014-08-17/fragilita-buon-governo-081401.shtml?uuid=ABeC
Quentin Skinner, Ambrogio Lorenzetti e la raffigurazione del governo virtuoso, pp.53-122 e Ambrogio Lorenzetti sul potere e la gloria delle repubbliche pp.123-154 in Id. Virtù rinascimentali, Il Mulino, Bologna 2006.
Nessun commento:
Posta un commento