Francesco La Licata
Antimafia, la vera colpa
di Crocetta
La Stampa, 18 luglio 2015
Ha toccato tutti i toni del
teatro dell’Arte, la vicenda delle intercettazioni telefoniche tra
il chirurgo Matteo Tutino, attualmente agli arresti per irregolarità
in danno dei soldi pubblici della Regione siciliana, settore Sanità,
e il governatore dell’isola, Rosario Crocetta, fino a ieri icona
dell’Antimafia di successo sostenuta proprio da quella Lucia
Borsellino – figlia di Paolo – che l’intercettazione pubblicata
da L’Espresso
vorrebbe oggetto di scherno e minacce del sanitario, coperto dal
colpevole silenzio del governatore.
La rappresentazione ha
avuto inizio con un colpo di scena che ha mandato in frantumi
l’ennesimo pezzo di Antimafia (di questi tempi vittima di una sorta
di maledizione che sembra trovare origine nella premonizione di
Leonardo Sciascia sui «Professionisti dell’antimafia»). Lo scoop
dell’Espresso è un
tuono assordante, Tutino che, al telefono, suggerisce a Crocetta di
liberarsi dell’assessore alla Sanità, Lucia Borsellino: «Va
fermata, come il padre». Immediata la messa in scena della farsa
canonica dell’indignazione collettiva, soprattutto politica. Un
lungo elenco di attori e comparse che non lesinano frecciate
avvelenate al governatore che ha tradito «la memoria di Paolo
Borsellino». Lei, Lucia, intanto si è già dimessa dall’incarico
di governo qualche giorno prima dello scoop giornalistico e, di
fronte alla terribile frase tace, poi si limita a dire di «provar
vergogna per loro». L’elenco degli indignati è lungo e non sempre
in regola coi criteri della buona decenza. Spiccano, infatti,
indagati, chiacchierati, impresentabili e falsi profeti. Ma la diga è
rotta e passa di tutto. Arrivano anche le dichiarazioni di
solidarietà delle più alte cariche dello Stato, sinceramente scosse
dalle tremende parole anticipate alle agenzie di stampa da
L’Espresso.
E che fa Crocetta, di
fronte a tanto sfacelo? Prima nega di aver ascoltato simili frasi
(«forse è andata via la comunicazione»), poi – sicuramente
intimorito dallo tsunami che gli arrivava addosso – si autosospende
dalla carica e affida la gestione della Regione proprio all’assessore
che ha preso il posto della dimissionaria Borsellino. A parte
l’irritualità dell’autosospensione (non prevista dal regolamento
regionale), rimane da chiedersi e chiedere a Crocetta se tale
atteggiamento non possa essere preso per ammissione di colpa. Ma fin
qui siamo ancora al dramma, che – presto – scivolerà nella
commedia degli equivoci. D’altra parte, siamo nella terra di
Sciascia e di Pirandello ed è difficile scorgere brandelli di verità
assoluta, specialmente in un palcoscenico dove fanno da protagonisti
la politica e i sistemi con cui viene condotta la battaglia per il
potere (e per i soldi).
La scena cambia quando il
procuratore Lo Voi verga un comunicato perentorio con cui nega, a
nome del suo ufficio e dei carabinieri che hanno condotto l’indagine,
l’esistenza dell’intercettazione «anticipata» dal settimanale.
E’ un gesto importante, tanto più che arriva dopo le esternazioni
di condanna e solidarietà alla Borsellino, delle più alte cariche
dello Stato. Tuttavia è un gesto che può dare libero sfogo alla
vocazione teatrale del governatore. Così arriviamo alla sceneggiata
pura con tanto di pianti e singhiozzi in diretta tv. Crocetta, forte
degli equivoci irrisolti, può addirittura indossare i panni della
vittima («la mafia mi vuol far fuori politicamente») e capovolgere
la scena, mentre il numero degli indignati si assottiglia e qualcuno
addirittura si abbandona a monologhi garantisti e rimbrotti contro i
«soliti giornalisti». Non sposta molto la conferma del settimanale
sull’esistenza di quella intercettazione: «L’abbiamo ascoltata,
risale al 2013 è disturbata in qualche parte». Il comunicato della
procura della Repubblica fa da argine e difficilmente i cronisti
potranno rivelare le loro fonti che, sicuramente, ci saranno.
Cosa si può dire, per
evitare che l’intera vicenda possa scadere nell’immancabile
«pantomima sicula»? Forse bisognerebbe abbandonare il teatro e
rientrare nella realtà. L’esperienza ci dice che qualcosa di non
irreprensibile ci sarà nelle numerose intercettazioni allegate al
fascicolo dell’inchiesta. Forse non si troverà la frase su
Borsellino ma è probabile che il primario abbia espresso più di
qualche apprezzamento poco gradevole nei confronti dell’assessore
che lo contrastava. Ed è probabile (non si capirebbe altrimenti il
ricorso cautelativo all’autosospensione) che Crocetta non abbia
adeguatamente difeso Lucia Borsellino, preferendole l’amico e il
medico di fiducia. Anzi si potrebbe dire che, per esprimere un
giudizio politico su Crocetta, non bisognerebbe aggrapparsi alla
«teatralità dell’antimafia tradita» perché basterebbero i fatti
certi. E i fatti certi dicono che il medico Tutino era entrato nelle
grazie del presidente della Regione e di un giro di vip a lui vicini,
compresi alcuni magistrati della Procura che hanno usufruito della
sapienza e della perizia del medico, per interventi di miglioramento
dell’estetica. Il vero tradimento di Crocetta non riguarda la
memoria di Paolo Borsellino o la retorica dell’Antimafia, no.
Riguarda l’aver permesso – non sappiamo se per debolezza o per
interesse – che il rinnovamento della politica sulla sanità
potesse esser bloccato da ritorni alla gestione amicale.
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