Donald Sassoon
Intervista a Marx
“Io sarei il guru del socialismo? Mi hanno preso troppo sul serio”
Lo storico Donald Sassoon ha provato a contattare nell’aldilà l’autore del “Capitale”
Il risultato è uno sguardo sull’oggi: ironico, ma non solo
la Repubblica, 16 gennaio 2014
Intervista immaginaria con Karl Marx, di Donald Sassoon (Castelvecchi, trad. di Leonardo Clausi, pagg. 50 euro 6) è il libro da cui prendiamo alcuni brani
Allora,
dottor Marx, lei è davvero messo in soffitta adesso, o no? Quindici
anni fa le sue teorie dominavano mezzo mondo. Adesso cosa rimane? Cuba?
La Corea del Nord?
«Le mie “teorie”, come le chiama lei, non hanno
mai “dominato”. Ho avuto dei seguaci che non mi sono scelto o cercato, e
per i quali ho meno responsabilità di quante ne abbiano Gesù per
Torquemada o Maometto per Osama bin Laden. I seguaci che si nominano da
soli sono il prezzo del successo. La maggior parte dei miei
contemporanei ci metterebbe la firma per essere “in soffitta” come lei
pensa io sia. Scrissi che la questione era non di spiegare il mondo, ma
di cambiarlo. E quanti eminenti vittoriani hanno fatto altrettanto?».
Ok. Nessuno sottovaluta la sua fama. Ma su questo deve essere d’accordo: il marxismo non è più quello di un tempo…
«In
realtà il mio lavoro non è mai stato importante come adesso. Negli
ultimi cinquant’anni ha conquistato le università dei Paesi più avanzati
del mondo. Storici, economisti, politologi e anche, con mia grande
sorpresa, alcuni critici letterari si sono tutti dati alla concezione
materialista. La storia più interessante prodotta attualmente in Europa e
negli Stati Uniti è più “marxistica” che mai. Basta andare alle
convention della American Social Science History Association, che io
visito regolarmente da spettro. Lì si esamina attentamente
l’interconnessione di strutture istituzionali e politiche e del mondo
della produzione. Parlano tutti di classi, strutture, determinismo
economico, rapporti di potere, oppressi e oppressori. E fanno tutti
finta di avermi letto – unchiaro segno di successo».
Calma. Andiamo avanti. Devo chiederle questo: l’Unione Sovietica, i gulag, il terrore comunista.
«Me
l’aspettavo. Devo ammettere di essere vanitoso come chiunque altro e
che tutto questo culto della personalità e venerazione di Marx mi ha
toccato. Mi solleticava il vedere la mia faccia sulle banconote della
vecchia DDR e una Marxplatz in ogni città prussiana. Certo, grazie alle
abilità di marketing di Engels, gli sforzi di Bernstein e di quel
noiosone di Kautsky, subito dopo la mia morte divenni il grande guru del
movimento socialista. Di conseguenza gli occidentalizzatori russi mi
presero sul serio come l’elettricità. Così non mi sorpresi quando Lenin
decise di trasformarmi nella Bibbia. Lenin era un politico intelligente
con un buon istinto. Ma era anche un fondamentalista determinato a
trovare nel mio lavoro la giustificazione per qualunque cosa volesse
fare. Inventò il “marxismo” man mano che andava avanti. Questa
detestabile abitudine, tipica delle religioni da tempo immemorabile, si
sparse ovunque. Cominciai ad avere la sensazioneche anche le mie liste
della spesa fossero arruolate al servizio di questa o quella fazione del
movimento. Prenda il concetto di “dittatura del proletariato”. Era una
formula che avevo escogitato per suggerire, seguendo l’antico uso dei
Romani, un governo eccezionale in tempo di crisi. Avrò usato
quest’espressione non più di una decina di volte in vita mia. Non le sto
a dire la sorpresa quando la vidi riemergere come idea centrale del
marxismo, usata per giustificare il regime a partito unico. Che posso
dire? E fui abbastanza sorpreso quando la prima cosiddetta rivoluzione
socialista, tra tutti i popoli, avvenne in un Paese così profondamente
primitivo e governato da slavi. Quello che stavano facendo i bolscevichi
era compiere la rivoluzione borghese che la borghesia russa era troppo
esigua e stupida per compiere. I comunisti usarono lo Stato per creare
un sistema industriale moderno. Se questa è “dittatura del
proletariato”…».
E a proposito dei suoi primi scritti
sull’alienazione? I manoscritti del 1844 erano famosi negli anni
Sessanta. Vi si vedeva un’attinenza col mondo contemporaneo.
«Sciocchezze.
La ragione per cui non li pubblicai era perché erano sproloqui
irrilevanti. È ovvio che l’intellighenzia piccolo borghese disillusa ci
sarebbe andata a nozze. Sono una perdita di tempo».
Dunque non pensa che il suo rapporto con Hegel…
«Oddio,
Hegel! Le dirò un segreto. Non ho mai veramente letto se non nel modo
più superficiale, la Fenomenologia dello spirito di Hegel o la sua
Logica. La vita è troppo breve».
Che ne pensa del socialismo di oggi?
«È
stato in coma per molto tempo. Ha raggiunto il suo scopo: civilizzare
il capitalismo nella sua terra d’origine. Non gli si poteva chiedere di
più. Adesso sista estinguendo serenamente. Anche il comunismo è
crollato, ora che ha raggiunto il suo, di scopo: la costruzione del
capitalismo. Lo hanno capito bene in Cina, dove si giocherà il prossimo
secolo. In Russia, dove stiamo assistendo alla transizione da lumpen-
comunismo a lumpen-capitalismo, è un altro discorso. Ma cosa vuole mai
costruire con i russi? Uno deve leggere i loro romanzi, ascoltare la
loro musica, ma per quel che riguarda un’economia solida…».
E Blair, la terza via?
«Davvero
devo esprimermi su gente del genere? Dire che la storia li dimenticherà
è troppo. Non se ne accorgerà nemmeno. E questo mostra quanto siete
scesi in basso. Ai miei tempi ce la vedevamo con Bismarck, Lincoln,
Gladstone e Disraeli… Veri nemici ».
E l’America?
«Mi sono sempre
piaciuti gli yankee: niente feudalesimo,niente tradizioni imbelli. Un
sacco di ipocrisia e religione, certo. Ma escono in qualche modo più
forti da ogni crisi capitalista. Un fantastico sistema di governo:
democrazia truccata, elezioni truccate, sistema politico truccato,
circondato da impostori e gretti avvocati. Questo consente al business
di svolgere il proprio compito, comprare i candidati, una tangente qui,
una tangente là. La gente non è coinvolta. La metà se ne frega di
votare. Per l’altra metà la politica è un innocuo divertimento, come
guardare Chi vuole essere milionario?».
E lei? Come passa il tempo?
«Io?
Mi diverto. Con Friedrich giochiamo su internet. Lo sapeva che “Karl
Marx” dà più di quattro milioni di risultati su Google? Abbiamo entrambi
molti amici su Facebook e molti che ci seguono su Twitter».
Traduzione di Leonardo Clausi
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