Luciano Gallino
Una lunga partita
la Repubblica, 30 gennaio 2014
LA NUOVA Fiat Chrysler Automobiles avrà la sede sociale in Olanda.
Quella fiscale nel Regno Unito, ma il gruppo continuerà a pagare le
tasse nei paesi in cui gli utili saranno prodotti. La società sarà
quotata alla borsa di New York, dove i titoli trattati sono migliaia e
il loro valore si misura in trilioni di dollari, e in quella di Milano,
dove i titoli e il loro valore totale sono grosso modo otto o dieci
volte di meno. Ricerca, sviluppo, progettazione e adattamento evolutivo
dei vari modelli saranno concentrati in Usa, poiché essi vanno per forza
dove si realizza il grosso della produzione, ma forse un pezzo resterà a
Torino per sostenere il cosiddetto polo del lusso. Gli stabilimenti
principali sono sparsi tra Usa, Canada e Messico (Chrysler), ovvero tra
Brasile, Polonia, Turchia e Italia (Fiat). La rete dei fornitori dei tre
principali livelli (sistemi, sottosistemi e componenti minori) sarà
distribuita ingran parte del mondo.
Devono veramente amare molto le
grandi scacchiere e le partite complicate Sergio Marchionne e John
Elkann, per avere aperto quasi contemporaneamente tanti fronti di gioco,
ed essere riusciti finora a condurre la partita piuttosto che farsela
imporre dall’avversario. Essi sanno bene che dall’altra parte vi sono
molti altri attori a progettare ed eseguire le prossime mosse, e alcuni
di essi, oltre ad essere abili, non hanno accolto troppo bene
l’acquisizione di Chrysler. In Usa, molti investitori e analisti hanno
patito la mossa del cavallo consistente nell’acquisire la Chrysler in
parte con i soldi del governo americano, e in maggior parte con i soldi
della Chrysler e dei fondi dei suoi sindacati. Ma più di questa
operazione, che ha costituito senza dubbio un successo strategico da
parte del Lingotto sul piano finanziario, essi hanno scarsamente gradito
che il rilancio della società americana sia avvenuto soprattutto
mediante il rilancio di modelli stagionati e non proprio ecologicamente
corretti come la Jeep Grand Cherokee, piuttosto che investire gli utili
in nuovi modelli idonei a rinfrescare gli allori di Chrysler. Per tacere
dei loro giudizi sulla difficile situazione dell’auto Fiat nel nostro
paese, che ha portato molti a parlare di salvataggio del Lingotto da
parte della casa di Auburn Hills. Non ci siamo solo noi a chiederci
quanti nuovi posti di lavoro si creeranno in Italia grazie
all’operazione Chrysler; ci sono anche tanti americani che si chiedono
quanti posti saranno creati nel loro paese grazie all’operazioneFiat.
Dall’altra parte della scacchiera ci sono ovviamente anche le agenzie di
rating. Sono attori che non giocano in proprio, ma sono consiglieri
assai ascoltati dagli investitori, in specie fondi di investimento e
fondi pensione; proprietari, va ricordato, di metà dell’economia
mondiale. Li ha resi potenti e influenti la finanziarizzazione delle
imprese industriali, a partire proprio dal settore auto. Quando
qualcuno, anni fa, definì le corporation del settore «istituti
finanziari che producono anche auto», aveva sott’occhio la situazione
della General Motors, la cui divisione finanziaria che contava forse
trentamila persone produceva il 40 percento degli utili della società,
che aveva allora 300.000 dipendenti.
Da allora, il peso della finanza
sulle corporation industriali è ancora cresciuto, donde segue che
produrre buone automobili in giro per il mondo non basta per assicurare
un successo duraturo al costruttore. Il fatto che Moody’s abbia messo
sotto osservazione Fiat per una possibile riduzione del rating, che già
non è alto (Ba3), a causa della sua situazione finanziaria, può essere
soltanto una mossa intermedia in una partita particolarmente complessa.
Ma Marchionne ed Elkann sono in due, mentre dall’altra gli attori che si
assiepano attorno alla scacchiera suggerendosi a vicenda le mosse sono
dozzine.
Manca, ai lati della scacchiera, il governo italiano, che
non solo non ha la minima idea o intenzione di entrare in partita, ma
non si è nemmeno degnato di rivolgere alla ferrata coppia del Lingotto
la madre di tutte le domande: mentre auguriamo al lieto evento le
migliori fortune, in concreto, cifra su cifra, documento su documento,
qui e ora e non nel decennio prossimo, che cosa ne viene al nostro
paese, ai lavoratori italiani, al pubblico bilancio, dalla nascita della
Fiat Chrysler Automobiles?
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