Emilio Gentile
La Grande Guerra e i suoi artefici
Il Sole 24 ore, 22 dicembre 2013
Nella conclusione di un grosso libro, dove racconta come l'Europa giunse
alla guerra nel 1914, lo storico inglese Christopher Clark scrive: «I
protagonisti del 1914 erano dei sonnambuli, apparentemente vigili ma non
in grado di vedere, tormentati dagli incubi ma ciechi di fronte alla
realtà dell'orrore che stavano per portare nel mondo». Da questa
affermazione, deriva il titolo del libro, I sonnambuli, senza
apparentemente riferimento alla trilogia romanzesca I Sonnambuli dello
scrittore austriaco Herman Broch, pubblicata fra il 1931 e il 1932. In
tre romanzi, Broch evocava la tragedia della modernità, come fu vissuta
in Germania fra il 1888 e il 1918, quando l'idealismo di un'epoca
animata dalla romantica aspirazione alla totalità di un mondo ordinato
da valori perenni, fu alla fine travolto dall'esplosione della Grande
Guerra, che lasciò l'Europa nel caos di una realtà frantumata, in balia
di un realismo cinico e brutale. I sonnambuli, per Broch, erano coloro
che si illudevano di controllare una realtà che si stava disgregando,
mentre camminavano verso l'«assurdità prepotente e inconcepibile» di una
orrenda guerra. Anche senza un riferimento esplicito, sembrerebbe che
una qualche influenza la trilogia di Broch potrebbe averla avuta sul
modo in cui Clark ha cercato di comprendere l'«assurdità prepotente e
inconcepibile» delle origini della Grande Guerra.
Egli infatti precisa che il suo libro, più «che del perché si preoccupa
di capire come si arrivò alla guerra», studiando «da vicino le sequenze
di interazioni che produssero certe conseguenze». Deriva da tale metodo,
al quale Clark attribuisce «il merito di inserire nella vicenda un
elemento di contingenza», la scelta di porre al centro del racconto gli
uomini e le loro azioni, piuttosto che cercare le cause remote degli
eventi in categorie astratte, come imperialismo, nazionalismo, alta
finanza, dinamiche di mobilitazione, nei confronti delle quali «gli
attori politici diventano semplici esecutori di forze da tempo presenti e
al di fuori del loro controllo».
Avendo da tempo adottato, per una via del tutto indipendente, un analogo
metodo di ricerca storica, chi scrive ne apprezza particolarmente
l'efficacia per comprendere le vicende che nel 1914 portarono l'Europa
alla guerra. La scelta di privilegiare il "come" sul "perché"
costituisce forse la peculiarità dell'opera di Clark nell'ambito della
storiografia sulle origini della Grande Guerra. Durante gli ultimi
decenni, la storiografia ha accantonato la «questione della colpa», che
fin dall'inizio del conflitto aveva assillato prima gli stessi
protagonisti e successivamente, per oltre mezzo secolo, gli storici,
condizionati dall'articolo 231 del Trattato di Versailles, che
attribuiva alla Germania la responsabilità di aver provocato il primo
conflitto mondiale.
Della questione della colpa non v'è traccia nel libro di Clark, anche se
nella sua minuziosa ricostruzione del comportamento e delle decisioni
dei protagonisti di ogni singolo Stato coinvolto nelle origini della
Grande Guerra, egli non si astiene dall'individuare le responsabilità
personali. Nello stesso tempo, tuttavia, cerca di rintracciare i motivi
delle loro decisioni con senso propriamente storico, senza inflessioni
moralistiche o giudiziarie, osservando l'agire di ogni protagonista nel
contesto della storia del suo Paese, della sua esperienza politica e del
modo in cui percepiva la realtà nella quale operava. Concentrando
l'attenzione sui singoli protagonisti dell'evento, che egli stesso
definisce «il più complesso della storia contemporanea, e forse di
qualsiasi epoca», Clark fa venire in mente lo storico vagheggiato da
Benedetto Croce, che non ricerca il moto e il dramma della storia
«unicamente negli urti fragorosi e nei grossi fatti appariscenti», ma
«anche davanti a spettacoli di guerre e rivoluzioni, cerca sempre il
vero moto e il vero dramma negli intelletti e nei cuori».
Clark esprime con chiarezza la sua valutazione complessiva sul come
l'Europa giunse alla guerra nel 1914: «Lo scoppio della guerra fu il
momento culminante di concatenazioni di decisioni assunte da attori
politici che perseguivano consapevolmente degli obiettivi ed erano
capaci di riflettere su quanto stavano facendo, e che individuarono una
serie di azioni formulando le valutazioni più adeguate in base alle
migliori informazioni di cui disponevano. Il nazionalismo, gli
armamenti, le alleanze e la finanza furono tutti elementi che entrarono a
far parte della storia, ma acquistano valenza esplicativa solo quando
si possa mostrare la loro effettiva influenza sulle decisioni che,
congiuntamente, fecero scoppiare la guerra». Gli eventi causali che
determinarono lo scoppio della guerra furono diversi, ma Clark ammonisce
«a non giudicare scontato l'esito finale», tenendo presente «che le
persone, gli eventi e le forze descritte in questo libro portavano
dentro di sé i semi di altri, forse meno terribili, futuri». Nel
complesso intreccio degli eventi che portarono alla Grande Guerra, i
responsabili delle principali decisioni, secondo Clark, «camminarono
verso il pericolo con passi guardinghi e calcolati». Ma se così fecero,
allora perché mai definirli «sonnambuli»?
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