La seduzione, l'intelligenza, il carattere
«Non si è mai
sazi di queste mitiche figure femminili che montagne di biografie e
romanzi hanno di volta in volta esaltato o denigrato, icone avventurose o
romantiche, melodrammatiche o futili, raggelate dal tempo. Scorrono
adesso tutte insieme, da Caterina de’ Medici a Maria Antonietta, dai
primi decenni del XVI secolo alla fine del XVIII, gemme della storia e
delle storie delle donne, con le loro fortune e sfortune, col potere
della loro bellezza e della loro sottomissione, il fervore della loro
ambizione o del loro ardore, lo slancio della loro intelligenza o della
loro astuzia, nell’affascinante nuovo libro di Benedetta Craveri; la
scrittrice che si muove nelle corti e nei castelli dei Valois e dei
Borbone, dei Guisa o dei Lorena con la grazia somma della cultura, della
curiosità, del pensiero, della scrittura magnifica».
NATALIA ASPESI
Lorenzo Tinti
A proposito di Benedetta
Craveri, Amanti e regine.
Il potere delle donne, Adelphi, Milano 2005
Bibliomanie.it, n.8 gennaio/marzo
2007
Un vecchio adagio sostiene che una donna, per essere considerata la metà
di un uomo, deve valerne il doppio, soggiungendo tuttavia che, per fortuna, la
cosa è estremamente facile.
Dopo La civiltà della conversazione Benedetta Craveri, con Amanti
e regine, scrive le proprie Carte segrete sulla politica francese di
Antico Regime, ma traguardata e in gran parte diretta dietro stecche di balena
e bustini asfissianti. Nondimeno l’autrice non indulge mai alla curiosità
morbosa del gossip storiografico, bensì innalza un monumento alla
dignità di un genere – quello femminile – che attraverso la seduzione e
l’intelligenza ha saputo insinuarsi negli ingranaggi di una storia
ufficialmente delegata alla forza e all’arbitrio degli uomini.
Se figure quali Pernette du Guillet, Louise Labé o Madeleine Des Roches
dimostrarono in pieno XVI secolo che il genio e la creatività non erano ad
esclusivo appannaggio dei maschi, non bisogna dimenticarsi che in quello stesso
periodo lo status giuridico e religioso delle donne aveva subito dal
cattolicesimo riformato e dall’etica misogina del tempo un attacco durissimo,
vedendo relegare le rappresentanti del gentil sesso ai margini della società
civile. Pure, le favorite di corte non meno delle legittime consorti reali –
come a dire la Gran Siniscalca Diane de Poiters o la duchessa d’Étampes non
meno di Caterina de’ Medici o della suocera Eleonora d’Austria – riuscirono con
estro e strategia a ritagliarsi uno spazio rilevante nei giochi di potere,
spazio che giocoforza passava per il cuore (e non di rado per il letto) di re,
delfini e principi.
Non ci fu nulla di facile o di romanzesco nella condizione di «amanti e
regine», anzi essa rappresentò un viatico spesso doloroso e sofferto, per
quanto esclusivo, concesso alle ambizioni di caratteri ricchi di sagacia ma
sfortunatamente compromessi dall’appartenenza all’altra metà del cielo. Come
scriveva ancora nel 1626 Marie de Gournay: «Fortunato sei tu, Lettore, se non
appartieni a quel sesso che, privato della libertà, è interdetto da tutti i
beni, come pure da pressoché tutte le virtù. Né potrebbe essere altrimenti,
visto che gli è negato l’accesso alle cariche, agli impieghi e alle funzioni
pubbliche, ovvero al potere, perché è nell’esercizio moderato di quest’ultimo
che si formano in massima parte le virtù. Un sesso a cui, come sola felicità,
come uniche e sovrane virtù, si lasciano l’ignoranza, la servitù e la facoltà
di passare per stupido, se questo gioco gli piace».
La storia narrata dalla Craveri è dunque la
storia di un «potere sui generis, che sa trasformare la debolezza in forza, e
fare della condizione di inferiorità una carta vincente» (p. 20), nonché una
vivida testimonianza dell’inventiva e del coraggio delle dame di corte francesi
tra il Cinquecento e il Settecento. L’eroine di questa storia si chiamano
Caterina de’ Medici, Diane de Poiters, Gabrielle d’Estrées, Maria de’ Medici,
Maria Teresa d’Austria, Maria Antonietta e le loro biografie esemplari
s’intrecciano, lungo un arco di due secoli, con i destini “alti” della
monarchia d’oltralpe, restituendoci il negativo di un’immagine che credevamo di
conoscere fin troppo e di cui al contrario ignoravamo quel sostrato umano fatto
di sofferenze dissimulate nel decoro e di passioni profonde come abissi.
L’impareggiabile capacità affabulatoria di Benedetta Craveri sembra tessere la
trama di un romanzo e invece, come dimostra il ricco apparato bibliografico in
calce al testo, con piglio da storiografo dipana davanti ai nostri occhi
l’avvicendamento degli eventi più o meno noti che riguardarono la corona,
sempre analizzandoli dal punto di vista straniante delle donne di
quell’ambiente. E al lettore resta intensa la sensazione che costoro non
possano che aver patito e pensato i patimenti e i pensieri che l’autrice
attribuisce loro.
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