Auguste Clésinger, Donna morsa da un serpente [Apollonie Sabatier], scultura (1847), museo d'Orsay |
Auguste Clésinger, Madame Apollonie Sabatier, busto (1847), sempre al museo d'Orsay |
À celle qui est trop gaie
Ta tête, ton geste, ton air
Sont beaux comme un beau paysage;
Le rire joue en ton visage
Comme un vent frais dans un ciel clair.
Le passant chagrin que tu frôles
Est ébloui par la santé
Qui jaillit comme une clarté
De tes bras et de tes épaules.
Les retentissantes couleurs
Dont tu parsèmes tes toilettes
Jettent dans l'esprit des poètes
L'image d'un ballet de fleurs.
Ces robes folles sont l'emblème
De ton esprit bariolé;
Folle dont je suis affolé,
Je te hais autant que je t'aime!
Quelquefois dans un beau jardin
Où je traînais mon atonie,
J'ai senti, comme une ironie,
Le soleil déchirer mon sein,
Et le printemps et la verdure
Ont tant humilié mon coeur,
Que j'ai puni sur une fleur
L'insolence de la Nature.
Ainsi je voudrais, une nuit,
Quand l'heure des voluptés sonne,
Vers les trésors de ta personne,
Comme un lâche, ramper sans bruit,
Pour châtier ta chair joyeuse,
Pour meurtrir ton sein pardonné,
Et faire à ton flanc étonné
Une blessure large et creuse,
Et, vertigineuse douceur!
À travers ces lèvres nouvelles,
Plus éclatantes et plus belles,
T'infuser mon venin, ma soeur!
Charles Baudelaire, Les Fleurs du mal, 1857
--------------------------------------------------------------------------------------------
A quella che è troppo gaia
L’aria che hai, la tua testa, il tuo gesto,
son belli come è bello un paesaggio,
il riso gioca sul tuo viso
come in un cielo chiaro un vento fresco.
Il misero passante che sfiori
resta abbagliato dalla salute
che dalle braccia, dalle tue spalle,
emana come una luce.
Lo strepito di colori
che spargi nei tuoi vestiti
proietta nella mente dei poeti
l’idea di una danza di fiori.
Sono l’emblema, queste pazze vesti,
del tuo spirito variopinto;
pazza di cui sono pazzo,
ti amo e ti detesto!
A volte, in un giardinetto
dove portavo la mia atonia,
ho avvertito, come un’ironia,
il sole squarciarmi il petto;
e primavera e verzura
mi han tanto umiliato il cuore
che ho fatto pagare a un fiore
l’insolenza della Natura.
Così vorrei, una notte,
quando l’ora dei piaceri suona,
avvicinarmi strisciando
ai tesori della tua persona
per punirti la carne piena di vita,
schiacciarti il seno, senza ira,
e nel tuo fianco stupefatto aprire
un’ampia e fonda ferita
poi, attraverso quelle labbra nuove,
più sconvolgenti e più belle,
- vertigine dolcissima! - iniettarti
il mio veleno, sorella.
traduzione di Umberto Fiori
----------------------------------------------------------
...intanto ecco un altro tipo di donna, anzi (come ha avuto a notare con finezza Pierre Emmanuel) un «altro tipo di forma femminile», offre per il poeta un contrappeso angelico alla malizia diabolica di Jeanne. È Agläé-Josephine Savatier (poi detta Sabatier e ribattezzata da Alfred de Musset col nome di Apollonie), un' ex modella dalla vita avventurosa e maritata per qualche tempo ad un ricco industriale belga, certo Mosselmann. Eccola come appare nella descrizione di una contemporanea, Judith Gautier: «Era abbastanza alta e ben fatta, con polsi e caviglie sottilissimi e belle mani. I capelli, fini come seta, di un castano dorato, erano naturalmente ondulati e mandavano riflessi. Aveva un incarnato chiaro ed uniforme, i tratti regolari con un che di sbarazzino e di spiritoso, la bocca piccola e ridente. La sua aria di trionfo diffondeva intorno a lei una specie di luce e di felicità. Le sue toilette erano ricche di gusto e di fantasia. Non seguiva molto la moda, ma ne creava una tutta speciale». Questa descrizione qualifica immediatamente la bella Apollonie come quella che si direbbe, ai giorni nostri, una «dama culturale». Nel suo appartamento di rue Frochot si tenevano dotte, ma raffinate ed allegre riunioni domenicali. Non per nulla s'era meritata, tra gli artisti ed intellettuali suoi amici, il titolo di «La Présidente». Al «Salon» del 1847 lo scultore Clesinger aveva esposto, col titolo di Buste de M.me***, un suo ritratto a grandezza naturale ed anche un marmo raffigurante una giovane donna nel momento dell' orgasmo, tema pudicamente mascherato nel titolo ufficiale che era Donna morsa da un serpente: committente dell' opera era stato il marito stesso della signora, il signor Mosselmann. E poi Agläé-Josephine non aveva mai preteso di essere un «angelo», anche se in tale ruolo venne eletta da Baudelaire che, tra il dicembre 1852 e il maggio ' 54, le invia anonimamente alcune delle sue più belle poesie che, rivisitate oggi, concorrono a far quasi un piccolo canzoniere, il canzoniere dell' anti-Jeanne: se Jeanne è il «diavolo», madame Sabatier non può dunque non configurarsi «sub specie angelica». A lei, il 10 dicembre 1852, arriva anonimo il seguente messaggio «il cui tenero e rispettoso sadismo», annotano Ch. Pichois e J. Ziegler nella loro importante monografia sul Poeta, «è fatto apposta per stupire una demi-mondaine». «La persona per la quale i versi sono stati composti, che le piacciano o no, anche se le sembrassero ridicoli, è umilmente supplicata di non mostrarli a nessuno. I sentimenti profondi hanno un pudore che chiede di non essere violato. La mancanza di firma non è forse un sintomo di questo pudore invincibile? Colui che ha composto questi versi in uno di quegli stati di sogno in cui lo sprofonda spesso l'immagine di colei che ne è l'oggetto, l'ha ardentemente amata, senza mai confessarglielo, e conserverà sempre per lei la più tenera simpatia». La poesia che accompagnava questa delicata e misteriosa missiva era A colei che è troppo gaia, una lirica superba ma tutt' altro che «delicata» (sarà poi una delle «poesie condannate al processo del 1857) dove ad un arioso esordio e ad un tenero svolgimento corrisponde una conclusione al limite del sadismo («infonderti, sorella, il mio veleno»). In compenso sono di tutt' altro tenore le altre poesie che l'anonimo ammiratore continuerà ad inviare a Madame Sabatier, fino all' Inno famoso, l'invocazione (qui ancora come tradotta da Raboni): «A te più che diletta, più che bella, / angelo della luce / idolo senza tempo, a te salute / nell' immortalità». Ma intanto siamo al 1857, stanno per uscire Les fleurs du mal e l' anonimato non può più reggere e Baudelaire (che nel frattempo non ha trascurato anche un' altra affettuosa correspondance con l' attrice Marie Daubrun) non può più nascondersi. E l'«angelo» non potrà non portarselo (anche lui, il suo non più segreto Poeta!) banalmente a letto. Ma questo sarà la fine di tutto; per il deluso, se non ad altro, la bella Apollonie sarà servita in funzione di contraltare alla un po' tenebrosa Jeanne. Che continuerà a restare (o male o bene) nella vita di Baudelaire, tutt'e due uniti, prima lui e poi lei, dalla stessa malattia, un'emiplegia cerebrale: tranne che il Poeta morirà prima, il 21 agosto 1867, a quarantasei anni. Della morte di Jeanne si son perse le tracce. Aveva la pelle più dura.
Giovanni Giudici, Il cuore di Charles Baudelaire diviso tra un angelo e un demonio, Corriere della Sera, 29 agosto 2001
http://books.openedition.org/editionscnrs/5444
Nessun commento:
Posta un commento