Mosca, gennaio del 1918, teatro Lefortovo, concerto di Capodanno
All'estremità del palcoscenico si avvicina timida una ragazza con un
vestito bianco e nero, un violino e un dolce viso di fanciulla che
chiede alla vita: "Che cosa sei? Cosa nascondi?". Stringe il violino e
lentamente, piegando in maniera strana e leggera il braccio avvolto in
una manica trasparente solleva l'archetto [...]. Avete mai visto il mare
quando è di vetro? Vi rimangono sospese
le nubi dimenticate, e vi si riflettono le montagne, la riva e il volo
lontano di un gabbiano bianco. Avete mai sentito ottomila persone che
trattengono il fiato? Ecco cosa dice il canto di questa ragazza dai
capelli corvini, cosa dice da sotto il lungo, infinito archetto. Cosa?
Che esistono gioia e amarezza, e un futuro ignoto, velato di filamenti
turchini. (Izvestija)
Luca Paulesu, Nino mi chiamo, Feltrinelli, Milano 2012, p. 235
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