Curzio Maltese,
Destra e sinistra pari non sono,
La Repubblica, 4 gennaio 2012
...La speranza per ora è vana. Il Monti leader ha riscoperto il politichese e parla con il linguaggio di un vecchio democristiano. Con in aggiunta un po' di sussiego professorale.
Monti non dice che cosa bisogna fare per uscire dalla crisi, ma chi lo deve fare, ovviamente lui, e chi deve stare fuori. L'elenco è piuttosto lungo, dall'esperto di economia del Pd, Stefano Fassina, alla Cgil di Susanna Camusso, passando per Sel di Nichi Vendola. Il compito assegnato a Bersani, in vista di un'alleanza del centro con il Pd, è di "tagliare le estreme". Dev'essere una versione aggiornata del preambolo di Donat Cattin, se non che i dorotei mai avrebbero usato il termine "silenziare".
Quanto alla concretezza, Mario Monti si richiama all'agenda omonima, si definisce riformista e tanto basta. Peccato che non basti affatto. Riforme e ora anche "agenda Monti" sono parole che non significano nulla. Ormai anche gli amministratori di condominio, all'atto dell'insediamento, si dichiarano riformisti. Da un ventennio il riformismo è sulla bocca di tutti i leader politici italiani, nessuno escluso, e di riforme non se n'è vista l'ombra. Non si può neppure più ascoltare la retorica del "sinistra e destra ormai non esistono più". La destra esiste eccome, nessuno lo sa meglio degli italiani che l'hanno sperimentata al governo per molti anni, con i risultati noti. Ed esiste perfino la sinistra, anche se non sembra, tanto che Monti la vuole "silenziare". Chi sostiene che destra e sinistra non esistono più di solito è di destra, ma non lo vuole ammettere.
Se la salita in campo di Monti doveva servire a riciclare tutti i luoghi comuni dell'ultimo ventennio politico, il professore poteva risparmiarsela. Soprattutto poteva risparmiarla a una nazione che di luoghi comuni sta morendo. Da due decenni l'Italia politica si accapiglia su nominalismi e personalismi ridicoli, mentre il resto del mondo marcia a una velocità pazzesca e le mappe del potere e della ricchezza sono cambiate più che nel secolo precedente.
Da un premier che ha saputo risollevare e modernizzare l'immagine dell'Italia all'estero non ci aspettiamo un'altra lista con nome e cognome e l'ennesima raffica di slogan senza senso, ma finalmente una visione chiara del futuro del Paese. Che cosa fare con tasse, salari, pensioni, rendite, banche, politica industriale, istruzione e ricerca. Roba vera, concreta.
È tempo di scelte che possono essere, quelle sì, di destra o di sinistra. Il professor Monti dovrebbe comunicare agli elettori quali sono le sue. Altrimenti poteva rimanere sereno nel suo seggio di senatore a vita a Palazzo Madama, aspettare un'investitura al Quirinale e lasciare il compito di guidare il centro a Casini, che è un democristiano doc e a non scegliere è bravissimo anche da solo. Come testimonia del resto una lista centrista che va politicamente da Fini agli ex comunisti, socialmente dal salotto di Montezemolo alla comunità di Sant'Egidio.
Gian Enrico Rusconi,
Il cambio di marcia del Professore
La Stampa, 4 gennaio 2013
Intanto però nelle sue prime uscite mediatiche si è mostrato elusivo sul tema dei diritti e delle libertà civili. Gli è stato puntualmente rimproverato con argomenti forti e pacati da Vladimiro Zagrebelsky sul nostro giornale e da Stefano Rodotà su «Repubblica» – per citare soltanto due autorevoli commentatori. Sono certo che a questa reticenza il professore provvederà quanto prima, citando qualche passo dell’Agenda, dove si possono leggere alcune affermazioni di principio molto generali. Ma dall’offensiva mediatica di questi giorni si ricava l’impressione che l’urgenza delle misure economiche declassi la questione dei diritti e delle libertà civili a semplice variabile dipendente. Non intendo affatto attribuire a Monti un residuo di vetero-economicismo che mette le «strutture» prima delle «sovrastrutture». Ma non capisco come si possono invitare i cittadini ad un salto di qualità civile, ad nuovo senso del bene comune, se con questo concetto si intendono soltanto grandezze economiche, sia pure legate alle questioni vitali del lavoro, dimenticando altre dimensioni del vivere civile che toccano milioni di cittadini.
E’ legittimo quindi chiedere all’aspirante premier Monti che cosa pensa dei problemi ancora aperti nel nostro Paese in tema di diritti civili: il riconoscimento delle unioni familiari senza matrimonio, eterosessuali o omosessuali, il cosiddetto testamento biologico, o il riconoscimento della cittadinanza ai figli di migranti nati e cresciuti in Italia (per fare soltanto qualche esempio).
Il fatto di non essersi – ancora - pronunciato espressamente in merito è del tutto contingente? Oppure è un segnale di intesa con una parte cospicua dei suoi sostenitori che considerano fuori luogo una sua presa di posizione, anzi una «uscita fuori dal campo» tacitamente riservatogli, come contropartita al sostegno alla sua politica.
Detto in termini espliciti, la questione dei diritti civili è un terreno minato per un possibile governo Monti, sinché appare tanto dipendente dal mondo cattolico, sia esso organizzato in forma partitica o di movimento. Certo, sappiamo che il mondo cattolico è molto variegato, ha sensibilità e ragionevolezze diverse, ma a livello di discorso pubblico e politico la voce che conta sui temi sopra evocati è soltanto quella della gerarchia e della sue agenzie mediatiche. Deve quindi essere un incubo per un possibile governo Monti la prospettiva di finire nella tagliola dei «valori non negoziabili» - una formula cara alla gerarchia cattolica che mette sullo stesso piano problemi etici molto differenti, che dovrebbero essere trattati in modo differente. Ho il sospetto invece che il professore – qualunque siano le sue convinzioni personali - non voglia entrare in questo tipo di dibattito.
Che ne è allora del riferimento all’Europa come modello che è sempre sulle sue labbra? Monti dovrebbe sapere quanto è progredita l’Europa – pur nelle sue differenze – proprio sulla tematica dei diritti civili, a prescindere dai parametri economico-finanziari da lui sempre evocati. Forse è il caso che ci rifletta.
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