Odissea, libro XVII, versi 290-329, traduzione di Salvatore Quasimodo | |
Mentre questo dicevano tra loro, un cane che stava lì disteso, alzò il capo e le orecchie. Era Argo, il cane di Odisseo, che un tempo egli stesso allevò e mai poté godere nelle cacce, perchè assai presto partì l'eroe per la sacra Ilio. Già contro i cervi e le lepri e le capre selvatiche lo spingevano i giovani; ma ora, lontano dal padrone, giaceva abbandonato sul letame di buoi e muli che presso le porte della reggia era raccolto, fin quando i servi lo portavano sui campi a fecondare il vasto podere di Odisseo. E là Argo giaceva tutto pieno di zecche. E quando Odisseo gli fu vicino, ecco agitò la coda e lasciò ricadere la orecchie; ma ora non poteva accostarsi di più al suo padrone. E Odisseo volse altrove lo sguardo e s'asciugò una lacrima senza farsi vedere da Euméo; e poi così diceva: " Certo è strano , Euméo, che un cane come questo si lasci abbandonato sul letame. Bello è di forme; ma non so se un giorno, oltre che bello, era anche veloce nella corsa, o non era che un cane da convito, di quelli che i padroni allevano solo per il fasto ". E a lui, così rispondevi, Euméo, guardiano di porci: " Questo è il cane d'un uomo che morì lontano. Se ora fosse di forme e di bravura come, partendo per Troia, lo lasciò Odisseo, lo vedresti con meraviglia così veloce e forte. Mai una fiera sfuggiva nel folto della selva quando la cacciava, seguendone abile le orme. Ma ora infelice patisce. Lontano dalla patria è morto il suo Odisseo; e le ancelle, indolenti, non si curano di lui. Di malavoglia lavorano i servi senza il comando dei padroni, poi che Zeus che vede ogni cosa, leva a un uomo metà del suo valore, se il giorno della schiavitù lo coglie ". Così disse, ed entrò nella reggia incontro ai proci. E Argo, che aveva visto Odisseo dopo vent'anni, ecco, fu preso dal Fato della nera morte. |
giovedì 15 gennaio 2015
La morte del cane Argo
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Ma dai non me l'ho aspettavo 🤔
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