È possibile ridurre Gramsci
in “pillole”? Certamente no. La complessità del testo gramsciano rende molto
difficile una sua riduzione in brevi citazioni o considerazioni. Eppure Gramsci
rappresenta uno degli autori più citati
da studiosi di tutto il mondo e, come è
stato recentemente ricordato da G. Carpinelli in questo blog, “è stato a lungo saccheggiato e di lui molti ricordano solo poche formule (l’ottimismo
della volontà, l’egemonia, odio gli indifferenti, Oriente e Occidente, il nazionalpopolare
e forse qualche altra)”.
Alle citazioni, più o meno appropriate,
non sempre però corrisponde una vera conoscenza del pensiero gramsciano. Nella
introduzione al I volume della traduzione inglese dell'edizione critica dei Quaderni del
carcere per la Columbia University Press, il curatore Joseph Buttigieg cita un passo di una lettera
inviatagli da Michel Foucault in cui si definisce Gramsci “un auteur plus
souvent cité que réellement connu”.
Non mi è noto il resto della
lettera e la citazione isolata potrebbe essere interpretata in più modi. Ma,
per quel po’ che so di Foucault, suppongo che il suo intento fosse quello di
richiamare a uno studio più attento e minuzioso dell’opera di Gramsci, non
limitandosi a brevi citazioni o a riferimenti spesso di seconda mano.
Però…
Però l’opera di Gramsci è di
difficile lettura perché – a causa prima delle occasioni specifiche che
stimolano le riflessioni del notista politico e successivamente, per quanto
riguarda le Lettere o i Quaderni, delle risapute condizioni in
cui l’Autore è costretto a documentarsi e a scrivere – si presenta spesso come
una collezione di frammenti, di “Note” o “Noterelle” che Gramsci avrebbe voluto
riprendere e rielaborare e sistematizzare. Proprio questo “limite” può
giustificare l’uso o l’abuso di citazioni isolate dal contesto, poiché lo
stesso “contesto” non è sempre chiaramente definito e definibile.
Quanto si vuole realizzare in
questa “avventura” – proporre o “riproporre” la lettura di una “pillola
gramsciana” settimanale con un breve commento a mo’ di introduzione e di
“contestualizzazione” – è proprio indurre a una conoscenza più profonda di
alcune parti del testo gramsciano in modo che, riprendendo l’affermazione di
Foucault, Gramsci sia non soltanto “citato” ma anche più intimamente
“conosciuto”. Tutto questo senza nessuna pretesa di esaustività o di
sistematizzazione perché (ecco la prima “pillola”):
“Se si vuole studiare la
nascita di una concezione del mondo che dal suo fondatore non è mai stata
esposta sistematicamente (e la cui coerenza essenziale è da ricercare non in
ogni singolo scritto o serie di scritti ma nell’intiero sviluppo del lavoro
intellettuale vario in cui gli elementi della concezione sono impliciti)
occorre fare preliminarmente un lavoro filologico minuzioso e condotto col
massimo scrupolo di esattezza, di onestà scientifica, di lealtà intellettuale,
di assenza di ogni preconcetto ed apriorismo o partito preso. […] La ricerca
del leit-motiv, del ritmo del
pensiero in isviluppo, deve essere più importante delle singole affermazioni
casuali e egli aforismi staccati.
Questo lavoro preliminare
rende possibile ogni ulteriore ricerca.” (Quaderni
del carcere, Einaudi, Torino 1977,
pp. 1840-42).
Gramsci si riferiva a Marx,
ma il suggerimento sembra valido anche per la sua opera.
La nota da cui è tratta la
citazione si intitola significativamente Quistioni
di metodo: è il metodo a cui dovremo attenerci anche nella somministrazione
delle nostre “pillole”.
Francesco Scalambrino
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