lunedì 4 febbraio 2013

La bellezza che salva nel Gulag

EVGENIJA GINZBURG
VIAGGIO NELLA VERTIGINE
Dalai Editore, traduzione di Duccio Ferri, pp. 703, euro 19,90
I versi dell’Onegin sul treno per il gulag

Dall’editore Dalai, in integrale, lo sconvolgente «Viaggio nella vertigine» di Evgenija Ginzburg, un documento insostituibile sulle purghe staliniane, che si inserisce nella grande tradizione della letteratura russa
Quando uscì nel 1967 in prima mondiale l’edizione italiana del libro di memorie di Evgenija Ginzburg, Viaggio nella vertigine, l’effetto fu per certi aspetti sconvolgente. All’insaputa dell’autrice, si era riusciti a far pervenire in occidente un documento del samizdat di grandissimo spessore storico, umano e letterario che Marija Olsuf’eva seppe volgere in densa prosa italiana. Scrisse poi l’autrice: «io – che per lunghi anni avevo abitato le tane ghiacciate dei deportati … avevo la fortuna di essere pubblicata in una città che rispondeva al suono melodioso di Milano». E oggi giunge a noi finalmente anche la redazione completa dell’opera, oggetto di sofferti rifacimenti e integrazioni protrattisi fin proprio agli ultimi giorni di vita dell’autrice, scomparsa nel 1977 (Dalai Editore, traduzione di Duccio Ferri, pp. 703, euro 19,90).
Oltre che nel suo valore di documento, la grandezza di questo libro sta proprio in questa sua dimensione che si inserisce nella migliore tradizione della grande letteratura russa. E d’altra parte la Ginzburg, entusiastica attivista del movimento operaio, membro del partito a Kazan’, collaboratrice del giornale «Krasnaja Tatarija», era donna di fine formazione culturale che seppe vivere e sopportare le tragiche prove della sua vita nel conforto e nel sostegno morale della poesia, tanto da attribuire alla propria esperienza un significato anche artistico.
Celebre è la scena della lettura a memoria di gran parte dell’Evgenij Onegin che la Ginzburg sostiene in un affollato carro merci del treno che la sta portando alla Kolyma per dimostrare ai carcerieri della scorta e al loro capo Solovej che nessuna delle detenute cela con sé un libro (cosa vietata dal regolamento) e nel contempo che nessuno può imprigionare il pensiero, la memoria, l’arte. Episodio che ci ricorda una celebre lirica di Mandel’stam dedicata al fiume Kama.
...Nell’originale il testo è una fonte ricchissima per la ricostruzione degli aspetti linguistici del mondo carcerario e concentrazionario sovietico (evidente anche in alcuni dei titoli attribuiti ai capitoli che riportano tutta la specificità gergale del mondo carcerario) e, lo voglio sottolineare, il traduttore con lodevole sforzo (e qualche inesattezza) spiega nelle numerose note anche molti dei termini e dei realia relativi alla vita della prigione sovietica. Egli rileva inoltre, nei limiti del necessario, le citazioni e i rimandi, anche se, ovviamente, molto rimane nascosto. La profonda struttura intertestuale del testo necessiterebbe di ben altri approfondimenti: riporto, a mo’ d’esempio, il passo «le pesanti catene si spezzeranno, le galere crolleranno», citazione di una celebre lirica di Puskin dedicata ai decabristi, e il riferimento al «bey algerino» che è un evidente rimando alle Memorie di un pazzo di Gogol’.
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Stefano Garzonio
il Manifesto, 1 maggio 2011

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"Un uomo che legge poesia si fa sconfiggere meno facilmente di uno che non la legge".
Iosif Brodskij, Discorso di accettazione per il Premio Nobel, 1987

Chi fosse interessato al percorso di lettura può vedere altri post della stessa serie:
 http://machiave.blogspot.it/2013/02/la-parola-redentrice-in-dostoevskij.html
 http://machiave.blogspot.it/2013/02/dante-nellinferno-del-lager.html
http://machiave.blogspot.it/2013/01/la-rivoluzione-di-zivago.html

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