Il concetto di postmoderno entra nel dibattito filosofico e culturale a partire dal 1979, anno in cui J.-F. Lyotard pubblica La condition postmoderne. L’età contemporanea vi è descritta come quella in cui la modernità ha raggiunto il suo termine con la delegittimazione dei «grandi racconti» (grands récits), ovvero delle prospettive filosofiche e ideologiche che, a partire dall’Illuminismo, hanno ispirato e condizionato le credenze e i valori della cultura occidentale: il ‘racconto’ del processo di emancipazione degli individui dallo sfruttamento, quello del progresso come indefinito miglioramento delle condizioni di vita, quello della dialettica come legittimazione del sapere in una prospettiva assoluta. Non più legata ai grandi progetti, l’età p. si caratterizzerebbe piuttosto per la pluralità dei discorsi pragmatici che pretendono soltanto una validità strumentale e contingente. In tale prospettiva si situano le riflessioni dello statunitense R. Rorty, che, in una conciliazione di temi della filosofia analitica e del pragmatismo, ha sottolineato il superamento del mito del discorso vero inteso come conformità a una realtà data e ha ridimensionato i progetti fondazionali delle filosofie del passato, contrapponendo a essi un atteggiamento che mira a dare risposte pragmatiche ai problemi dell’uomo.
In Italia, al concetto di p. ha dedicato attenzione G. Vattimo, elaborando la nozione di ‘pensiero debole’ per definire l’atteggiamento filosofico che ha preso atto della dissoluzione delle certezze e dei valori assoluti, dissoluzione che non porterebbe comunque a una totale negazione del passato, ma piuttosto a un sentimento di pietas nei confronti dei valori e degli ideali della tradizione. (Treccani)
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D’Agostini, Franca, Introduzione alla verità
Torino, Bollati Boringhieri, 2011, pp. 359, euro 16,50, ISBN 9788833922188
Finalmente una delle filosofe italiane più lette crea il ponte di cui c'era bisogno, trattando la verità come un concetto "speciale", ossia fondamentale e trasversale, che va chiarito preliminarmente per non incorrere in abusi e fraintendimenti. Franca D'Agostini ci spiega in che cosa consiste la straordinarietà di questa parola, ne precisa significato e uso e ne discute la legittimità. A scettici e nichilisti raccomanda: rendete duttile la vostra logica, e non avrete più molte ragioni di scetticismo riguardo alla verità. Se infatti scienza, cultura, politica, religione si avvalessero di logiche più duttili e metafisiche più permissive, è probabile che molte difficoltà a discriminare il vero dal falso verrebbero meno. (presentazione editoriale)
A Franca D’Agostini la cultura filosofica italiana degli ultimi quindici anni deve magistrali ricostruzioni storiografiche e sistematiche della filosofia contemporanea. Mi preme ricordare in particolare l’ormai classico Analitici e continentali. Guida alla filosofia degli ultimi trent’anni (1997), che ha rappresentato un fondamentale contributo al dibattito relativo alla pluricitata e controversa scissione fra filosofia continentale e filosofia analitica e che ha inaugurato una lunga serie di studi e volumi dell’Autrice, dedicati ai più importanti snodi teorici della discussione filosofica contemporanea.
Mi limito a menzionare, per il nesso diretto con il volume qui in discussione, Logica del nichilismo. Dialettica, differenza, ricorsività (2000) e Disavventure della verità (2002). Nel solco di questo coerente percorso di attenta e profonda analisi rientra anche il volume Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico, dato alle stampe dall’Autrice, sempre presso Bollati Boringhieri, nel 2010.
Mi limito a menzionare, per il nesso diretto con il volume qui in discussione, Logica del nichilismo. Dialettica, differenza, ricorsività (2000) e Disavventure della verità (2002). Nel solco di questo coerente percorso di attenta e profonda analisi rientra anche il volume Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico, dato alle stampe dall’Autrice, sempre presso Bollati Boringhieri, nel 2010.
Ad una considerazione complessiva di queste e delle altre opere, si può senz’altro affermare che il lavoro filosofico di Franca D’Agostini è caratterizzato da un approccio che risalta, per originalità e ampio respiro, rispetto al generale panorama della cultura filosofica accademica in Italia, mediamente segnato da un persistente storiografismo, da un’eccessiva tendenza alla specializzazione e frammentazione nonché da forme più o meno consolidate delle molteplici scolastiche continentali e analitiche. In generale sono tre i pregi che riscontro nei lavori dell’Autrice e che sono largamente visibili anche nel volume qui in esame: uno stile estremamente chiaro e brillante, che sa coniugare precisione delle singole analisi con solide sintesi sui problemi di volta in volta trattati; uno sguardo di insieme che sa abbracciare le diverse tendenze, anche quelle più lontane fra loro, del dibattito contemporaneo; forte consapevolezza teoretica della posta in gioco che le singole problematiche comportano. Il volume Introduzione alla verità rispecchia in modo esemplare ciascuno di questi caratteri della scrittura filosofica dell’Autrice.
Mi preme sottolineare in particolare la felicissima scelta operata nel calibrare l’impianto di fondo del volume. L’articolazione poggia su un’introduzione generale, che funge da premessa e mette a fuoco con estrema chiarezza il complesso dei temi trattati, e da quattro parti principali, ciascuna delle quali è conclusa con una ricapitolazione che ripercorre in modo sintetico, ma pregnante, i punti analizzati. In questo modo il lettore, anche quello meno esperto, può orientarsi con facilità nella fitta trama delle numerose problematiche relative alla verità elaborate dalla tradizione. Tale perspicuità dell’articolazione e la notevole lucidità dello stile, che alterna momenti di intelligente presentazione dei problemi e delle teorie a parti più teoretiche e analitiche, fanno sì che il volume si presenti anche come utilissimo strumento didattico, da consigliare sia a studenti interessati al tema sia a un lettore medio colto. Tuttavia, nonostante l’Autrice concepisca il suo contributo come «un chiarimento preliminare e generale sul concetto di verità» (p. 9), non si può affatto dire che la portata del volume si esaurisca in un mero intento divulgativo o illustrativo. In effetti la magistrale chiarezza con cui si sviscerano i singoli problemi va di pari passo con un’attenta discussione dei punti più ardui del dibattito contemporaneo sulla verità, innanzi tutto sulle diverse sfaccettature che caratterizzano questa nozione capitale e alle quali sono dedicate le singole parti.
Lo scopo della prima parte del volume è fornire una presentazione generale dei molteplici significati della nozione di verità. L’Autrice offre un’intelligente mappatura e ricostruzione delle diverse teorie che sono state proposte, a cominciare in particolare da quelle tradizionalmente più diffuse e note, vale a dire: il corrispondentismo, il coerentismo e il pragmatismo. La snella ricostruzione delle teorie si accompagna ad una puntuale analisi dei punti controversi che ciascuna di esse comporta, ma altrettanta attenzione è dedicata alle cosiddette teorie non robuste, con particolare spazio concesso allo schema di Tarski, al deflazionismo e alle teorie concernenti i fattori di verità (truthmakers). Da sottolineare con forza è che la prima parte si conclude con una sezione più teoricamente impegnata, che si concentra sulla teoria della verità privilegiata dall’Autrice, detta «realismo aletico», la quale nella sostanza consiste in una lettura realistica dello schema di Tarski. Nello spiegare il primato del realismo aletico l’Autrice adduce buone ragioni a favore di tale teoria, evidenziandone in particolare la funzione esplicativa e quella metateorica. Infatti, il realismo aletico è congruente, in modo più immediato e semplice (cfr. p. 113), con l’uso filosofico e prefilosofico del predicato «vero», e inoltre «ogni altra teoria della verità per essere accettata deve essere giudicata “vera” proprio in questo senso realistico» (p. 113).
La seconda parte prende in considerazione la logica della nozione di verità, vale a dire come questa entra in gioco nella sfera del linguaggio e del pensiero. Oltre all’irrinunciabile presentazione delle leggi classiche della verità, l’Autrice dà ampio spazio anche alle logiche non classiche, fornendo una sintetica ma efficace ricostruzione delle logiche paracomplete, delle logiche paraconsistenti, della logica fuzzy e della logica della probabilità. Grazie alla chiara esposizione dell’Autrice anche il lettore meno esperto può farsi un’idea sufficientemente precisa di come la nozione di verità sfugga a rappresentazioni dicotomiche e rigide e richieda strumenti logici notevolmente diversificati.
La terza parte si rivolge a quella che l’Autrice chiama epistemologia della nozione di verità, riferendosi con ciò alla sua portata più strettamente gnoseologica. In questa parte trova spazio non solo l’analisi dei problemi più classici propri della teoria della conoscenza, ma soprattutto un confronto molto intelligente e mirato, mai segnato da posizioni preconcette, con le diverse forme di scetticismo, nichilismo e relativismo che hanno dominato buona parte dello scenario filosofico del secolo scorso e che continuano ad affiorare ogni volta che si affrontano problemi fondazionali. In questo complesso di problemi e autori, piuttosto complicato ed eterogeneo, l’Autrice si muove con solidità di argomenti e profonda conoscenza delle fonti, mettendo in luce i limiti intrinseci di molte impostazioni antimetafisiche. Vale la pena sottolineare come l’analisi sviluppata dall’Autrice non si limiti a prendere in considerazione la valenza strettamente tecnica delle spinose questioni sollevate da scetticismo, nichilismo e relativismo, ma ne sappia toccare anche gli aspetti più generalmente culturali (cfr. ad esempio pp. 207 ss.).
Il volume si conclude con la quarta parte dedicata alla pratica della verità, vale a dire al modo in cui il concetto di verità viene usato e/o distorto nel contesto della sfera pubblica e in ambiti non filosofici. È una prospettiva molto interessante, soprattutto per quanti, non specialisti di cose filosofiche, vogliano orientarsi sui concreti riflessi quotidiani e politici dei problemi concernenti il vero. È un modo pregevole di concludere questo eccellente volume, che in una certa misura documenta anche il vivace impegno più generalmente intellettuale e culturale dell’Autrice, il quale di recente, come ho già segnalato, ha dato ottimi frutti in particolare con il libro Verità avvelenata, che rappresenta l’esito più direttamente connesso con la parte finale del libro qui recensito.
Indice
Introduzione
Parte prima: Il significato di «vero»
Parte seconda: La logica di «vero»
Parte terza: L’epistemologia di «vero»
Parte quarta: L’uso di «vero»
Conclusioni
Riferimenti bibliografici
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