mercoledì 18 dicembre 2024

Il dolore, la parola, la tragedia




David Olère, Il cibo dei morti per i vivi. Autoritratto


 Si dice spesso che la qualità della scrittura di Faulkner sia diminuita in seguito al premio Nobel. Ma le sezioni centrali di Requiem per una suora (1951) sono impegnativamente impostate in forma drammatica, e A Fable (1954), un romanzo lungo, denso e complesso sulla prima guerra mondiale, richiede attenzione come il lavoro in cui Faulkner ha fatto di gran lunga il suo più grande investimento di tempo, impegno e impegno di autore. (Encyclopaedia Britannica) 


Hannah Arendt, L'umanità in tempi bui. Riflessioni su Lessing, 1960

Forse posso spiegarlo meglio con un esempio meno doloroso. Dopo la prima guerra mondiale abbiamo sperimentato la "padronanza del passato" in una quantità di descrizioni della guerra che variavano enormemente in natura e qualità; naturalmente, questo è accaduto non solo in Germania, ma in tutti i paesi colpiti. Ciononostante, quasi trenta anni dovettero passare prima che apparisse un'opera d'arte che mostrasse in modo così trasparente la verità segreta degli avvenimenti. Solo allora fu possibile dire: sì, è andata così. E in questo romanzo, A Fable di William Faulkner, molto poco è descritto, ancor meno spiegato, nulla è padroneggiato; finisce con le lacrime, che il lettore versa, e ciò che rimane è l'effetto o piacere tragico, l'emozione dirompente che mette in grado di accettare il fatto che qualcosa  come
quell
a guerra sia potuta accadere. Nomino volutamente la tragedia perché, più di altre forme letterarie rappresenta un processo di riconoscimento. L'eroe tragico perviene al sapere,  rivivendo ciò che è stato fatto in termini di sofferenza, e in questo pathos, nel rivivere il passato, la rete degli atti individuali si trasforma in un evento, in un insieme significativo. L'apice  drammatico, il climax, della tragedia si verifica quando l'attore si trasforma in un sofferente; qui sta la peripezia tragica, il dispiegarsi del suo finale. [...] Non possiamo padroneggiare il passato allo stesso modo in cui non possiamo disfarlo. Dobbiamo riconciliarci con esso. La forma di questa riconciliazione è il lamento che sgorga da ogni reminiscenza. Come ha detto Goethe (nella dedica al Faust):
Si rinnova il dolore, ripete il lamento
il folle corso labirintico della vita.



https://www.finestresullarte.info/en/works-and-artists/david-olere-the-deported-artist-who-painted-the-horror-of-auschwitz



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