lunedì 10 ottobre 2016

Andrzej Wajda (1926-2016)




Francesco M. Cataluccio

Questa mattina di pioggia autunnale inizia col colore nero del dolore per la notizia che arriva da Varsavia: ANDRZEJ WAJDA (Suwałki, 6 marzo 1926 – 10 Ottobre 2016) se n'è andato. E' stato uno dei più grandi registi del dopoguerra. Era per me anche un affettuoso amico. Molti suoi film (come "Ceneri e diamanti"; "Tutto in vendita"; "Il bosco di betulle"; "Le nozze"; "Senza anestesia"; "L'uomo di marmo", "Katyn") rimarranno nela storia del cinema come esempi di un'efficace fusione di storia con romantici drammi nazionali e personali, pittura e immagine. Ma in questo momento la sua cosa che ricordo più intensamente è una delle sue potenti regie teatrali. Anche nell’abisso del male e del dolore, una piccola luce serve a ricordarci una seppur tremolante speranza: nel bellissimo spettacolo Wajda per il Teatr Stary di Cracovia, "Nastazja Filipowna" (1977), tratto dall’ultimo capitolo dell’ "Idiota" di Fëdor M. Dostoevskij, Andrzej Wajda (che poi lo traspose anche per il cinema con l’attore giapponese Tamasaburo Bando: "Nastazja", 1994) allestì una semplice scena dove i due protagonisti, il principe Myškin e Parfen Rogožin, discutono nella semioscurità attorno al cadavere di Nastas'ja/Nastazja, rischiarati soltanto da una candela davanti a un’icona: un piccolo segno luminoso che sta a ricordare l’esistenza di una, seppur flebile, alternativa al male e, allo stesso tempo, la sua potenza.

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