martedì 12 gennaio 2016
Bertinotti, rosso di sera
Marcello Sorgi
Bertinotti, il sol dell’avvenire dietro le spalle
La Stampa, 12 gennaio 2015
Da quanto tempo non si sentiva più parlare di lotta di classe, movimento operaio, capitalismo, sinistra? Fausto Bertinotti - per dodici anni, dal ’94 al 2006, leader di Rifondazione comunista e per due, dal 2006 al 2008, presidente della Camera - lo fa in un breve e agile pamphlet, scritto sotto forma di intervista con Carlo Formenti, pervaso di amarezza fin dal titolo, Rosso di sera (Edizioni Fuoripista, pp. 108, € 12), anche se si sa che in molti casi un tramonto infuocato fa sperare nel bel tempo.
Per la sinistra, non solo quella radicale, non è affatto un bel momento. Né può essere una consolazione aver assistito alla sconfitta della socialdemocrazia, che a lungo ha cercato di imporre la propria ricetta di governo a quella parte dello schieramento di centrosinistra che invece sosteneva le ragioni del conflitto. La mutazione genetica s’è compiuta, grazie al fallimento dell’ipotesi di «compromesso fra Capitale e lavoro seguito alla Seconda guerra mondiale». Nel panorama politico contemporaneo, non solo nazionale, spiccano un capitalismo sempre più globale e finanziarizzato seguito al crollo del comunismo, il trionfo del liberismo e delle trasformazioni sociali che hanno rotto (per sempre?) l’unità delle classi subalterne. Dalla crisi delle socialdemocrazie «è emerso un inedito animale politico: un partito di centro che pesca voti ovunque e si candida a gestire il nuovo ordine liberista».
È abbastanza facile riconoscere nell’identikit il Partito democratico di Renzi, rispetto al quale tuttavia Bertinotti non ha particolari motivi di polemica, riservati invece alla minoranza post-comunista e più in generale a tutta l’esperienza del Pci. Lo stesso schema si applica a Blair e alla crisi del laburismo inglese (con qualche simpatia per il nuovo leader Corbin) e, con maggior delusione, a Tsipras, dopo l’entusiasmo per la vittoria popolare nel referendum e l’errore delle divisioni che l’hanno seguita. Nel vuoto aperto dalla crisi si sono inseriti i movimenti populisti che prosperano in tutta Europa, e questo non lascia molte speranze per la sinistra. Anche se si sa: in politica, mai dire mai.
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