venerdì 25 dicembre 2015

Sartre alle prese con il Natale


Jean-Paul Sartre, Bariona o il figlio del tuono. Racconto di Natale per cristiani e non credenti

Racconto scritto e rappresentato da Sartre nel Natale del 1940 per i suoi compagni di prigionia nel campo di Treviri. La storia ruota intorno alla figura di Bariona, capo di un villaggio vicino a Betlemme, ed è ambientata nell'epoca in cui la Giudea era oppressa dai Romani e vessata da continue richieste di tributi. Il testo si offre al lettore come l'immagine di un'esperienza religiosa che raggiunge il suo apice nella descrizione del rapporto di intimità che lega la Madonna al Bambino, e nel contempo come esperienza politica che, nella chiara allusione alla Francia occupata dai nazisti, vuole creare aggregazione e solidarietà tra i prigionieri, credenti e non credenti, e sollecitarli alla resistenza contro gli invasori. 



Massimo Borghesi
Sartre e il Natale di Gesù
30Giorni,  12, 2003


... Nell’opera compare però la figura del re magio Baldassarre, impersonata sulla scena proprio da Sartre, improvvisatosi attore. Baldassarre rappresenta il momento nuovo che interviene nella visione sartriana, il momento della speranza: «è vero siamo molto vecchi e molto sapienti e conosciamo tutto il male della terra. Pertanto quando abbiamo visto questa stella nel cielo, i nostri cuori hanno gioito come quelli dei bambini e siamo diventati bambini e ci siamo messi in cammino, poiché volevamo compiere il nostro dovere di uomini che sperano. Chi perde la speranza, Bariona, sarà cacciato dal suo villaggio […]. Ma a chi spera, tutto gli sorride e il mondo è dato come un regalo».
La speranza di Baldassarre è la speranza di Sara. Anch’ella vuole andare a Betlemme: «Laggiù c’è una donna felice e soddisfatta, una madre che ha partorito per tutte le madri, ed è come un permesso che mi ha donato: il permesso di mettere al mondo il mio bambino. Voglio vederla, vederla, questa madre felice e sacra».
Il proposito della moglie non fa recedere Bariona. Saputo da una specie di veggente il destino di morte del Messia crocifisso, matura in lui il proposito di uccidere il bambino per il bene del suo popolo, per «conservare in essi la fiamma pura della rivolta». Giunto a Betlemme, davanti alla stalla, Bariona sorprende Maria di spalle, non vede Gesù in braccio alla madre, vede solo Giuseppe. «Ma vedo l’uomo. È vero: come lo guarda! Con quali occhi! Che cosa può avere dietro quei due occhi chiari, chiari come due limpide profondità in questo viso dolce e segnato? Quale speranza? […] Per trovare il coraggio di spegnere questa giovane vita tra le mie dita, non avrei dovuto scorgerlo dapprima in fondo agli occhi di suo padre. Andiamo, sono vinto». Lo sguardo di Giuseppe posato su Gesù ferma la mano omicida di Bariona il quale non può impedirsi di invidiare la felicità stupita della folla accorsa ad adorare il bambino. Una felicità illusoria, dal suo punto di vista, e tuttavia evidente: «Hanno unito le mani e pensano: qualcosa è incominciato. E si sbagliano, s’intende, e sono caduti in una trappola e pagheranno ciò caro più tardi; ma cionondimeno, avranno avuto questo minuto; hanno fortuna di poter credere a un inizio. Che cosa c’è di più commovente per un cuore d’uomo che l’inizio di un mondo e la giovinezza dai tratti ambigui e l’inizio di un amore, quando tutto è ancora possibile, quando il sole è presente nell’aria e sui visi […]. E io sono nella grande notte terrestre, nella notte tropicale dell’odio e della disgrazia. Ma – potenza ingannevole della fede – per i miei uomini, migliaia d’anni dopo la creazione, si alza in questa stanza, al chiarore di una candela, il primo mattino del mondo».

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