"Dovrebbe
leggere L’ideologia tedesca" gli dico a quel cretino in
montgomery verde bottiglia. Per capire Marx, e per capire perché ha
torto, bisogna leggere L’ideologia tedesca. È lo zoccolo
antropologico sul quale si erigeranno tutte le esortazioni per un
mondo migliore e sul quale è imperniata una certezza capitale: gli
uomini, che si dannano dietro ai desideri, dovrebbero attenersi
invece ai proprio bisogni. In un mondo in cui la hybris del desiderio
verrà imbavagliata potrà nascere un’organizzazione sociale nuova,
purificata dalle lotte, dalle oppressioni e dalle gerarchie
deleterie.
Muriel
Barbery, L'eleganza del riccio
Il
desiderio dell'Altro
Il
desiderio come desiderio dell'Altro mostra che il desiderio umano ha
una struttura relazionale. Esso proviene dall'Altro e si dirige verso
l'Altro. Non esiste desiderio senza l'Altro. Il circuito del
desiderio passa necessariamente dall'Altro perché il desiderio non
può bastare a se stesso. Per questa ragione il desiderio di essere
genitori di se stessi è un'illusione narcisistica onnipotente che
sfida l'originaria dipendenza dell'uomo dall'Altro e la sua
insufficienza strutturale. La partenogenesi di se stessi è un mito
del nostro tempo: negare il vincolo, il debito, l'alterità della
propria provenienza. Diversamente, il desiderio come desiderio
dell'Altro non è mai autotrofico, non si soddisfa di se stesso, ma
ci obbliga ad assumere come un dato incontrovertibile la dipendenza
dell'essere umano dall'Altro. Il desiderio non può portare con sé
il suo oggetto, in quanto il suo oggetto è situato nell'Altro, nel
desiderio dell'Altro, in quanto, più precisamente, il suo oggetto
s'identifica al desiderio dell'Altro in quanto tale, è il desiderio
dell'Altro. Ma allora cosa può essere davvero soddisfacente, che
cosa può soddisfare il desiderio umano? In questo secondo ritratto
il desiderio umano non si soddisfa con l'appropriazione violenta
dell'oggetto del desiderio dell'Altro, non si soddisfa nella lotta a
morte per l'oggetto del desiderio. Questo desiderio non è più il
desiderio in preda all'invidia. La soddisfazione simbolica del
desiderio spezza l'altalena immaginaria del desiderio e mostra che la
soddisfazione dell'uomo non può essere ridotta alla soddisfazione
dei bisogni cosiddetti primari. Diversamente da una pianta, l'essere
umano non necessita solo di caldo, di acqua e di luce per crescere
bene. È necessario un altro alimento. "Non di solo pane vive
l'uomo", recita la parola di Gesù. Il desiderio, insiste Lacan,
non può essere confuso con il bisogno. Se il bisogno si dirige verso
un oggetto capace di soddisfarne l'urgenza (l'acqua annulla la sete),
il desiderio non si nutre di oggetti ma di segni. Si nutre del segno
del riconoscimento, della parola che viene dall'Altro.
Un
vecchio studio di René Spitz sugli orfanotrofi di Londra dopo la
seconda guerra mondiale aveva evidenziato a suo modo questa
eccentricità del campo del desiderio rispetto a quello dei bisogni.
Bambini accuditi con solerzia da infermiere particolarmente
efficienti si lasciavano inspiegabilmente morire d'inedia o di
anoressia, sviluppando gravi sintomi depressivi. Sindrome di
"deprivazione primaria" l'aveva battezzata Spitz. Che cosa
gettava nel marasma e nella derelizione questi bambini? Di cosa
mancavano se le cure dei loro bisogni primari venivano ampiamente
soddisfatte? Mancava loro la presenza dell'Altro dell'amore,
l'ossigeno del desiderio dell'Altro, il dono della presenza
dell'Altro come dono che trascende la dimensione anonima e
protocollare delle cure, mancava loro il segno d'amore.
Ritratti
del desiderio, Raffaello Cortina, Milano 2012.
Nessun commento:
Posta un commento