La filosofia come stile di vita
Bruno Mondadori, Milano 2003
La
filosofia è sempre stata un modo di vivere, quel modo di vivere che
riceveva la sua impronta dall'amore per la sapienza.
Eppure,
se oggi chiedessimo alla maggior parte dei filosofi in che cosa
consista il loro particolare stile di vita, ci accorgeremmo che esso
tende a coincidere con quello dei professori: la filosofia, come modo
di vivere, è diventata il modo di vivere dei professori che si
occupano di filosofia. Se questa è la pratica filosofica essa si
riduce all'esercizio dello studio, della scrittura e
dell'insegnamento dei risultati di tale studio. Nella maggior parte
dei casi non viene neppure percepito il problema della riducibilità,
o dell'irriducibilità, della figura del filosofo a quella di un
mestiere. Tuttavia, amare la sapienza non può essere un mestiere
particolare: questa vocazione può toccare tutti, indipendentemente
dal lavoro svolto e dal ruolo ricoperto nella società. Anche i
personaggi dei libri di storia della filosofia sono stati insegnanti
di filosofia solo in epoche determinate, soprattutto nella modernità,
e pur sempre con vistose eccezioni. Questa semplice verità, provata
da numerosissimi esempi, leggendari e biografici (da Talete a
Socrate, Diogene, Epicuro, Marco Aurelio, Avicenna, Bruno, Spinoza,
Kierkegaard, Marx, Wittgenstein), è stata oscurata per decenni
dall'identificazione tra filosofia e insegnante di filosofia. Benché
libera, la vocazione filosofica è stata, nella maggior parte dei
casi, vincolata per secoli alle modalità previste dalle legislazioni
degli stati per insegnare qualsiasi altra "materia scolastica".
Oggi
l'insegnamento della filosofia nelle scuole è una possibilità
occupazionale assai ridotta, e questa incertezza sugli "sbocchi
professionali" può diventare un'occasione per riproporre una
domanda cruciale per ogni epoca; quali possono essere le forme della
filosofia in quanto pratica della filosofia? Una pratica unita a un
discorso filosofico, ma non riducibile a esso?
Studiare,
insegnare e scrivere devono certamente continuare a riguardare la
filosofia come arte dell'inesauribile domandare ragione di ogni
conoscenza in ogni campo della conoscenza. Amare la sapienza
significa prima di tutto sentirsi spinti a oltrepassare ogni risposta
che trova acquietamento in una sua bastante funzionalità. La
sapienza chiede a volte l'inutile, il sapere per il sapere, per la
bellezza e il tormento della sua stessa impresa. Ma la sapienza non è
senza mondo: il suo desiderio nasce nelle passioni, nei
comportamenti, nelle tecniche, nelle scienze e nelle arti del mondo.
La storia della filosofia non può quindi autoriferirsi alla storia
della sola filosofia senza esaurire l'humus dal quale nasce. Ogni
volta essa riprende vigore dalle domande del mondo, dalle circostanze
della storia di una particolare comunità umana, dalla vita
quotidiana di singoli individui. Credo che nel nostro mondo la
filosofia si debba rinnovare ma che, per rinnovarsi, debba uscire
dalle limitazioni di una pratica solo professorale e reimmergersi
nella sua più ampia vocazione di ricerca della via alla sapienza.
Pretesa apparentemente risibile, sommersi come siamo da ingestibili
quantità di informazioni e infinite offerte di formazione. Ancor
peggio, pretesa anacronistica per rilevanti settori di specialisti
che ritengono ormai proponibile solo una filosofia nei limiti della
storia della filosofia, e assurda per una diversa e significativa
parte della comunità filosofica, potremmo dire di derivazione
quiniana, che assegna alla filosofia il compito di essere scienza fra
le scienze, dedita ai problemi di tipo generalistico che attraversano
diversi campi scientifici. Dunque la filosofia come viene concepita e
proposta in questo scritto rappresenta un diverso modo di praticarla,
che intende rinnovarla ritornando alla sua vocazione originaria, per
aprire un sentiero di saggezza che accolga le domande di senso della
nostra epoca.
Secondo
questa scelta, praticare la filosofia significa mettersi alla scuola
della domanda sul senso e del senso del tutto. Sentendo questa
domanda come un intenso desiderio. Niente di meno, e niente di più
lontano dalla mentalità maggioritaria di un'epoca prostrata dalle
delusioni dei miti del moderno che, a loro volta, avevano relegato
nei musei dello spirito i miti religiosi. Ma è esattamente la
combinazione fra il debito con ciò che il tempo pare aver
abbandonato e il profluvio di offerte per rimediare a un'angosciosa
domanda di senso che chiede una svolta. Non possiamo sottrarci, anche
se il compito appare disperato, perché la domanda di senso sembra,
già nel suo porsi, sapersi destinata all'elusione: infinite e
reciprocamente relativizzabili le risposte, e presumibilmente
ininfluenti.
http://www.platon.it/Consulenza/elaborati/Filosofia%20come%20stile%20di%20vita.pdf
http://www.platon.it/Consulenza/elaborati/Filosofia%20come%20stile%20di%20vita.pdf
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