Gaston Bachelard
La terra e il riposo
Un viaggio tra le immagini dell'intimità
Red, Milano 2007 [ed. or. francese 1948]
Traduttrici Mariella Citterio, Anna Chiara Peduzzi
... Ci rendiamo conto innanzi tutto che il sogno del labirinto, vissuto in un
sonno talmente particolare che potrebbe essere chiamato sinteticamente 'sonno
labirintico', è
un'associazione
costante di sensazioni profonde. Esso può fornire un buon
esempio degli archetipi evocati da C.G. Jung. Robert Desoille ha precisato
questa nozione di archetipo affermando che,
se si riduce l'archetipo a un'unica immagine, non lo si può
comprendere appieno, poiché un archetipo è piuttosto una
serie di immagini «che riassumono l'esperienza ancestrale dell'uomo di fronte a
una
situazione tipica,
cioè in circostanze in cui può venirsi a trovare non un
solo individuo, ma chiunque...» Camminare nel bosco oscuro o nella grotta
tenebrosa, perdersi, smarrirsi, ecco delle situazioni tipiche che forniscono
innumerevoli immagini e metafore all'attività più conscia dello spirito, sebbene
nella vita moderna le esperienze reali a questo riguardo siano, tutto sommato,
molto rare. Pur amando molto le foreste, non ricordo di essermi mai smarrito in
esse. Temiamo di perderci senza esserci mai persi.
Quale strana concrezione del linguaggio ci induce a usare la
stessa parola per due esperienze tanto differenti: smarrire un
oggetto, smarrire noi stessi! Come possiamo meglio renderci
conto che alcune parole sono cariche di associazioni? Chi ci
spiegherà le possibilità dell'
essere smarrito?
L'anello, forse, o la felicità o la moralità? E che consistenza psichica quando
sono
sia
l'anello
sia
la felicità
sia
la moralità! Allo stesso modo, l'essere nel labirinto è contemporaneamente
soggetto e oggetto conglomerati nell'
esserre smarrito.
Nel sogno labirintico riviviamo questa situazione tipica dell'
essere smarrito. Smarrirsi,
con tutte le emozioni che questo fatto implica, è dunque una situazione
palesemente arcaica. Alla minima complicazione, concreta o astratta che sia,
l'essere umano può ritrovarsi in questa situazione. «Quando cammino in un luogo
oscuro e uniforme,» racconta George Sand, «mi interrogo e mi rimprovero...»
Invece certe persone pretendono di possedere il senso dell'orientamento e ne
fanno l'oggetto di una vanità che forse maschera un'ambivalenza.
Insomma, nei nostri sogni notturni riprendiamo inconsciamente la vita dei
nostri avi viaggiatori. Si è detto che nell'uomo «tutto è cammino»; riferendosi
agli archetipi più remoti, bisogna aggiungere: nell'uomo tutto è cammino
smarrito. Associare sistematicamente la sensazione di essere smarrito a
ogni avanzare inconscio vuol dire ritrovare l'archetipo del labirinto. Camminare
a fatica in sogno significa essersi smarriti e vivere quindi la sofferenza
dell'essere smarrito. Questo semplice elemento del cammino difficile diventa la
sintesi delle sofferenze. Facendo un'analisi accurata, sentiremo che ci
smarriamo alla minima svolta, che ci facciamo prendere dall'angoscia alla più
piccola strettoia. Nelle cantine del sonno ci stiriamo sempre: pigramente o
dolorosamente.
Si possono comprendere meglio alcune sintesi dinamiche considerando le
immagini consce. Così, nella vita da svegli, seguire una lunga gola o trovarsi
all'incrocio di diverse strade suscita due angosce in qualche modo
complementari. Ci si può addirittura liberare di una tramite l'altra. Iniziamo
questo angusto cammino, così non esiteremo più; ritorniamo all'incrocio, così
non saremo più trascinati. L'incubo del labirinto,
però, somma queste due angosce e il sognatore vive una strana esitazione:
esita nel mezzo di un unico cammino
e diviene materia esitante, una materia che dura esitando. Sembra
che la sintesi data dal sogno labirintico riunisca l'angoscia di
un passato di sofferenza e l'ansietà per un avvenire di infelicità. L'essere è
preso fra un passato bloccato e un avvenire ostruito, è imprigionato lungo il
proprio cammino. Infine, strano fatalismo del sogno del labirinto, si ritorna
talvolta allo stesso punto, ma non si ritorna mai sui propri passi.
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