mercoledì 9 dicembre 2015

Il sogno del labirinto

Gaston Bachelard
La terra e il riposo
Un viaggio tra le immagini dell'intimità
Red, Milano 2007 [ed. or. francese 1948]
Traduttrici Mariella Citterio, Anna Chiara Peduzzi



... Ci rendiamo conto innanzi tutto che il sogno del labirinto, vissuto in un sonno talmente particolare che potrebbe essere chiamato sinteticamente 'sonno labirintico', è un'associazione costante di sensazioni profonde. Esso può fornire un buon esempio degli archetipi evocati da C.G. Jung. Robert Desoille ha precisato questa nozione di archetipo affermando che, se si riduce l'archetipo a un'unica immagine, non lo si può comprendere appieno, poiché un archetipo è piuttosto una serie di immagini «che riassumono l'esperienza ancestrale dell'uomo di fronte a una situazione tipica, cioè in circostanze in cui può venirsi a trovare non un solo individuo, ma chiunque...» Camminare nel bosco oscuro o nella grotta tenebrosa, perdersi, smarrirsi, ecco delle situazioni tipiche che forniscono innumerevoli immagini e metafore all'attività più conscia dello spirito, sebbene nella vita moderna le esperienze reali a questo riguardo siano, tutto sommato, molto rare. Pur amando molto le foreste, non ricordo di essermi mai smarrito in esse. Temiamo di perderci senza esserci mai persi.
Quale strana concrezione del linguaggio ci induce a usare la stessa parola per due esperienze tanto differenti: smarrire un oggetto, smarrire noi stessi! Come possiamo meglio renderci conto che alcune parole sono cariche di associazioni? Chi ci spiegherà le possibilità dell' essere smarrito? L'anello, forse, o la felicità o la moralità? E che consistenza psichica quando sono sia l'anello sia la felicità sia la moralità! Allo stesso modo, l'essere nel labirinto è contemporaneamente soggetto e oggetto conglomerati nell' esserre smarrito. Nel sogno labirintico riviviamo questa situazione tipica dell' essere smarrito. Smarrirsi, con tutte le emozioni che questo fatto implica, è dunque una situazione palesemente arcaica. Alla minima complicazione, concreta o astratta che sia, l'essere umano può ritrovarsi in questa situazione. «Quando cammino in un luogo oscuro e uniforme,» racconta George Sand, «mi interrogo e mi rimprovero...» Invece certe persone pretendono di possedere il senso dell'orientamento e ne fanno l'oggetto di una vanità che forse maschera un'ambivalenza.
Insomma, nei nostri sogni notturni riprendiamo inconsciamente la vita dei nostri avi viaggiatori. Si è detto che nell'uomo «tutto è cammino»; riferendosi agli archetipi più remoti, bisogna aggiungere: nell'uomo tutto è cammino smarrito. Associare sistematicamente la sensazione di essere smarrito a ogni avanzare inconscio vuol dire ritrovare l'archetipo del labirinto. Camminare a fatica in sogno significa essersi smarriti e vivere quindi la sofferenza dell'essere smarrito. Questo semplice elemento del cammino difficile diventa la sintesi delle sofferenze. Facendo un'analisi accurata, sentiremo che ci smarriamo alla minima svolta, che ci facciamo prendere dall'angoscia alla più piccola strettoia. Nelle cantine del sonno ci stiriamo sempre: pigramente o dolorosamente.
Si possono comprendere meglio alcune sintesi dinamiche considerando le immagini consce. Così, nella vita da svegli, seguire una lunga gola o trovarsi all'incrocio di diverse strade suscita due angosce in qualche modo complementari. Ci si può addirittura liberare di una tramite l'altra. Iniziamo questo angusto cammino, così non esiteremo più; ritorniamo all'incrocio, così non saremo più trascinati. L'incubo del labirinto, però, somma queste due angosce e il sognatore vive una strana esitazione: esita nel mezzo di un unico cammino e diviene materia esitante, una materia che dura esitando. Sembra che la sintesi data dal sogno labirintico riunisca l'angoscia di un passato di sofferenza e l'ansietà per un avvenire di infelicità. L'essere è preso fra un passato bloccato e un avvenire ostruito, è imprigionato lungo il proprio cammino. Infine, strano fatalismo del sogno del labirinto, si ritorna talvolta allo stesso punto, ma non si ritorna mai sui propri passi. 


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