Il 10 agosto Cavour festeggiava il suo compleanno, era nato a Torino nel 1810.
Giuliano Procacci
Storia degli italiani
Laterza, Bari 1968
Saliva al potere l’uomo al cui nome è legata la realizzazione
dell’unità d’Italia, una tra le poche figure della storia italiana
passata ai posteri con il fascino del vincitore e non con quello del
vinto. Cadetto di una famiglia di vecchia nobiltà e indirizzato dal
padre alla carriera militare, egli l’aveva ben presto abbandonata per
una vita di viaggi, di affari, di speculazioni, di studi e di amori, e
per dedicarsi in età più matura alla politica. In una società in cui
molti erano gli aristocratici taccagnamente imborghesiti e molti i
borghesi che ostentavano pose nobiliari, egli possedeva al tempo stesso
tutte le virtù del borghese e tutte le virtù dell’aristocratico:
l’irrequietezza intellettuale e l’abitudine al comando, il gusto di far
denaro e quello di spenderlo, la freschezza di energie di una nuova
classe sociale e lo stile di una vecchia. Di orientamenti politici
moderati, alieno da ogni simpatia verso la rivoluzione e il romanticismo
politico dei mazziniani, egli si rese conto peraltro della
impossibilità di governare contro le diffuse aspirazioni democratiche
fermentanti nei ceti borghesi e piccolo-borghesi e, prima ancora di
assumere le redini del gabinetto, si assicurò una sicura maggioranza nel
Parlamento, stringendo un’alleanza (il cosiddetto «connubio») con le
correnti più moderate della sinistra e con il loro esponente più in
vista, Urbano Rattazzi. Essendosi in tal modo garantito contro
l’impazienza dei mazziniani e le nostalgie retrive dei «municipali»
della corte, poté svolgere con relativa tranquillità il programma di
liberalizzazione e di ammodernamento della società piemontese che aveva
in mente. Innanzitutto nel campo economico: da buon lettore di Adam
Smith e da imprenditore agricolo illuminato e intraprendente quale egli
era, il Cavour nutriva una concezione dello sviluppo economico
essenzialmente liberista. La via del rinnovamento della società
piemontese passava a suo giudizio attraverso la vittoria delle tendenze
mercantili e capitalistiche già operanti in essa e questa a sua volta
aveva per presupposto una radicale e tonificante liberalizzazione del
mercato e l’inserimento pieno del Piemonte nel grande
circuitodell’economia europea. Profondamente convinto della giustezza e
della fecondità di questa prospettiva di sviluppo economico, il Cavour,
già nei diciotto mesi durante i quali aveva occupato la carica di
ministro dell’Agricoltura, aveva stipulato una serie di trattati
commerciali – con la Francia, con l’Inghilterra, con il Belgio, con
l’Austria tutti improntati a un pronunciato liberismo.
… La nozione di un Cavour diplomatico e “tessitore” paziente della
lunga tela dell’Unità d’Italia è tra le più correnti. Sarebbe però
errato interpretarla nel senso che sin dagli inizi lo statista
piemontese avesse chiaro davanti agli occhi quell’obiettiva dell’unità
d’Italia che egli effettivamente raggiunse e che il suo lavorio
diplomatico fosse tutto in funzione di questo grande fine. In realtà …
fino a una data assai avanzata, il Cavour consideròl’unità d’Italia
sotto casa Savoia un obiettivo praticamente irrealizzabile e la sua
abilità non consistette nell’inflessibilità di colui che sa attendere
che le situazioni maturino e le giornate decisive giungano una buona
volta, quanto nell’empirismo di colui che sa ricavare dalle situazioni e
dalle contingenze che via via gli si presentano il massimo di
risultati.
http://www.recensionidistoria.net/recensione4.html
http://www.reset.it/articolo/cavour-e-linterpretazione-del-risorgimento
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