domenica 26 ottobre 2014

Renaissance/Rinascimento, il lampo folgorante della passione

Lucio Villari
Prefazione
in Jules Michelet, Lo studente, De Donato, Bari 1988



   Chi potrebbe, oggi, fare a meno di una preziosa parola, di un termine storiografico affascinante come Rinascimento? Eppure non sanno come è nato. Era il 2 dicembre 1839 quando, in un ricevimento a Parigi, lo storico Jules Michelet, professore al Collège de France, incontrò una ragazza e se ne innamorò perdutamente. Da qualche anno Michelet studiava il periodo d'oro della cultura e dell'arte italiana ed era fortemente incuriosito dall'atmosfera estetica che sprigionava dall'Italia del Quattrocento e del Cinquecento e che aveva avvolto anche la Francia. Ma, nonostante una lunga e minuziosa ricerca, Michelet non era ancora riuscito a cogliere l'elemento magico e misterioso che attraversava la cultura di quei secoli e anche la vita politica e sociale delle città e delle Corti italiane, e che faceva apparire tutto in una luce smagliante, unica.
   Alla difficoltà di individuare il codice segreto che gli avrebbe permesso di identificare quel mondo di pure forme e di assoluta bellezza, si aggiungeva in Michelet uno stato di sconforto e di "malattia" spirituale dovuto alla morte della moglie. In altre parole, Michelet non riusciva a comprendere in un unico giudizio storico un fenomeno culturale, artistico, politico di così ampia dimensione anche a causa della tristezza e dello stato di astenia sentimentale nel quale si trovava. Il problema, in quel momento, per lui irrisolvibile, era se l'arte e la letteratura, da sole, potessero riassumere gli ideali di vitalità, di forza, di titanismo, di bellezza che sembravano racchiusi in quei secoli.
   Improvvisamente ecco irrompere l'innamoramento: la folgorazione sentimentale diventa allora folgorazione culturale; Michelet sente di di rinascere a nuova vita. Non poteva essere accaduta la stessa cosa nell'Italia di quattro secoli prima? Una rinascita, un passaggio dalla morte alla vita: l'intuizione storica, profondamente storica, che, in quei secoli non solo le lettere, le arti, la politica, ma la vita stessa degli uomini riacquistasse forza e turgore. Ed ecco balenare a Michelet la parola, il fulminante e sintetico giudizio che egli invano aveva cercato: Renaissance.

 

 

 

 

Jules Michelet Athénaïs Mialaret

Lettere d'amore 

a cura di Lionello Sozzi

Sellerio, Palermo 2006 

 

«Uno dei più nobili e commoventi romanzi d'amore della storia letteraria» è stato definito il carteggio del grande storico romantico con la giovanissima futura moglie che vede in lui anche il padre e il maestro.


   

   A un certo punto l'intestazione di queste lettere, da: «Signorina» e «Signore», diventa: «Mia cara figliola, mia bianca damigella» e «Signore, amico», e si capisce che è successo qualcosa, è scattata la scintilla. Questo carteggio tra Jules Michelet e la sua futura sposa Athénaïs Mialaret, è stato definito da un critico del primo Novecento: «uno dei più nobili e commoventi romanzi d'amore della storia letteraria». Se quel giudizio è probabilmente eccessivo, di sicuro il carteggio è un romanzo psicologico come forse l'epoca in cui fu scritto non avrebbe saputo produrre ad arte. È il progressivo, ma già destinato, maturare di un amore difficile da confessare e difficile da difendere, che viene inscenato dai protagonisti, che sanno e non sanno, dicono e agiscono con sincerità ma sotto le frasi palesi si intravede la trama di un disegno segreto agli stessi inconsapevoli strateghi amorosi; che si presentano secondo i ruoli romantici caratteristici del protettore e della debole fanciulla ma si indovina la forza di lei e il bisogno di lui. Proprio come se il copione di un fato nascosto li guidasse: il fato, appunto, della psicologia. Quando si scambiano la prima lettera, Michelet è forse il massimo storico del momento, ma è solo e i suoi figli grandi sono andati per la loro strada, e lui immalinconito «s'era chiuso in se stesso», Athénaïs è una piccola istitutrice orfana, che il lavoro ha chiamato a Vienna, a insegnare alle figlie di una principessa, «un piccolo fiore delicato adorno delle sue lacrime». Tra i due corrono trent'anni: Jules è un cinquantenne energico nel pieno dell'attività, Athénaïs una ventenne colta, con evidenti inclinazioni letterarie, che lamenta una salute fragile (forse sul serio, forse per vezzo, forse per incoraggiare la di lui protezione: verosimilmente tutte e tre le cose). La differenza d'età rende lei avventurosa e lui arcigno, in principio, ma poi, con tutti i rallentamenti e le accelerazioni, le timidezze e le forzature, i colpi di scena e le banalità, inizia il copione amoroso. Sullo sfondo c'è la rivoluzione del 1848, che i due si raccontano tra Parigi e Vienna, e anche questa, come accadrà a tante generazioni seguenti, gioca il suo ruolo nella felice pantomima dell'amore.

   Jules Michelet (1798-1874) tra i sommi storici di Francia e forse il maggiore della storiografia romantica e repubblicana (Storia di Francia e Storia della rivoluzione) scrisse anche opere propriamente politiche, di respiro morale e poetiche: tutte caratterizzate da uno stile notevole sotto il giudizio letterario.

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