La festa dell'Unità intitolata a De Gasperi? Già e' incredibile che questi abbiano fatto chiudere l'Unita' e poi la festeggino, ma intitolarla a De Gasperi... Ma ci sono o ci fanno? In entrambi i casi fanno pena!
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De Gasperi era l'avversario o il nemico? E, sessant'anni dopo, che cosa rimane dell'antica contrapposizione? Tempo fa Marco aveva scritto che dopo il Novecento era cambiato tutto. Più prudente avevo pensato che era cambiato molto. Anche le identità si evolvono.
Alla domanda "ci sono o ci fanno?", risponderei "ci sono", nel senso che sono presenti e ragionano. Come possono, ma ragionano. Non vorrei lanciare con questo mio commento una discussione. Per me chi pone trai suoi riferimenti De Gasperi merita rispetto. Punto. (giovanni carpinelli)
De Gasperi e Togliatti quei padri ingombranti
Il destino parallelo di due leader che disobbedirono alle rispettive
chiese. La loro eredità fa litigare (all'interno) destra e sinistra
Corriere della Sera, 27 agosto 2012
(modifica il 3 settembre 2012)
Sono bastate due semplici ricorrenze, che in altri momenti sarebbero passate sotto silenzio, i 58 anni dalla morte dello statista cattolico Alcide De Gasperi (1881-1954) e i 48 da quella del leader comunista Palmiro Togliatti (1893-1964), per rendere lampante ai più una realtà su cui da tempo vanno riflettendo storici e politologi: l'Olimpo della politica attuale è popolato di padri ingombranti. O perché se ne vogliono oscurare i lati d'ombra, inconciliabili con il mondo in cui la società aperta, la democrazia rappresentativa sono valori non più discutibili, o perché si tende a proclamarsene eredi con qualche più o meno giustificata e a volte imbarazzante forzatura storica.
Alcide De Gasperi (1881-1954), fondatore della Democrazia cristiana e presidente del Consiglio dal 1945 al 1953
Quanto è successo in questi giorni intorno alla figura di De Gasperi è esemplare: giustamente
Andrea Riccardi sulla «Stampa» e Ciriaco De Mita sul «Corriere» il 19
agosto, giorno dell'anniversario, ne hanno lodato il metodo che lo aveva
portato a formare le grandi coalizioni centriste. Sull'«Unità» Marco
Follini due giorni prima aveva del resto invitato il Pd a ispirarsi
all'eredità degasperiana anche per quanto riguarda le battaglie perse,
come quella per la Comunità europea di difesa. A sottolineare la bontà
dell'esperimento degasperiano non si è sottratto neppure il
centrodestra. E «Il Foglio» di Giuliano Ferrara in un acuto editoriale
ha notato che De Gasperi è stato certamente l'inventore dei governi di
coalizione, ma dopo aver compiuto una scelta radicalmente bipolare,
espellendo nel maggio 1947 dal governo di unità nazionale comunisti e
socialisti. Un'osservazione che fa esclamare a Piero Craveri, biografo
dello statista trentino: «In realtà De Gasperi fu il politico che ruppe
la grande coalizione con i socialisti di Pietro Nenni e con i comunisti
di Togliatti. Una decisione presa in grande solitudine, perché anche
all'interno della Dc c'erano paure e resistenze, a causa del forte
apparato militare di cui disponeva il Pci. Certo, De Gasperi è il padre
del centrismo, di governi di coalizione fortemente anticomuniste e,
sempre in chiave anticomunista, ipotizzava un'apertura verso i
socialisti che poi sarebbe stata compiuta da Aldo Moro». De Gasperi uomo
di destra o di sinistra? E oggi la domanda non è peregrina visto che a
lui si richiamano le maggiori forze politiche. «Certamente un
riformatore», risponde Craveri, citando la realizzazione della riforma
agraria, della Cassa per il Mezzogiorno, la riforma tributaria...
Palmiro Togliatti (Genova, 1893-Yalta, 1964), segretario del Pci dal 1938 alla morte
Il discorso si complica se si passa a Palmiro Togliatti. Michele
Prospero, sempre sull'«Unità», ne ha elogiato il realismo di stampo
cavouriano e, in un passaggio che ha fatto molto discutere, l'ha
paragonato a De Gasperi, evocandone il tratto comune al leader della Dc:
entrambi disobbedirono alle loro chiese. Commenta lo storico Giovanni
Sabbatucci: «De Gasperi e Togliatti sono due personaggi inconciliabili.
La Repubblica italiana è nata sulla base di forze e ideali opposti,
dalla vittoria di uno sull'altro». Certo, continua Sabbatucci, «come
scrisse lo studioso cattolico Pietro Scoppola, una qualche intesa tra
Togliatti e De Gasperi ci fu e come sottolineò negli anni Settanta
Luciano Cafagna in un intervento su «Mondo Operaio», il togliattismo era
stato benefico perché aveva ingabbiato e depotenziato la carica
eversiva e massimalista della sinistra italiana. Che poi è quanto
sottolineano i suoi laudatori attuali, riconducibili alla corrente
dalemiana all'interno del Pd: un leader capace di grande realismo, che
sa ricondurre nelle categorie del gioco politico le spinte
rivoluzionarie». Certo, ed è la conclusiva osservazione di Sabbatucci,
il fatto che in un partito coesistano ex democristiani ed ex comunisti
non è una buona ragione per rendere conciliabile ciò che non lo è. Una
buona ragione per cui De Gasperi e Togliatti appaiono sempre più padri
ingombranti.
Il complesso gioco delle eredità politiche non si limita a questi due grandi personaggi. Ne sa qualcosa chi come lo storico Giuseppe Parlato, presidente della Fondazione Ugo Spirito-Renzo De Felice, ha impiegato grandi energie a raccontare la storia del neofascismo italiano. Una vicenda che riguarda alcuni esponenti di primo piano della destra politica, a cominciare dal presidente della Camera Gianfranco Fini e da tutta quella componente del Pdl che proviene da Alleanza nazionale. Un mondo questo, che secondo Parlato, ha come padre ingombrante Giorgio Almirante (1914-1988), esponente della Repubblica sociale che durante il regime condivise ideologicamente la scelta delle leggi razziali e che nel dopoguerra con il Movimento sociale scelse una linea nostalgica e dell'elogio dello Stato corporativo. Da questo punto di vista, osserva Parlato, non c'è eredità possibile per esponenti che hanno fatto una scelta compiutamente democratica. «Eppure - osserva lo storico del neofascismo - se si guarda all'azione politica di Almirante si scopre che anticipò la critica alla partitocrazia, che propose la repubblica presidenziale, che lanciò durante gli anni del centrosinistra la questione morale e la critica alla corruzione. Certo, ci vuole molta serenità per riconoscere questi meriti in un quadro ideologico datato. La proposta del sindaco Alemanno di dedicare una strada romana ad Almirante va in questo senso di accettazione critica di un padre ingombrante. Meglio della rimozione totale».
Chi, infine, non è stato affatto rimosso, ma viene sempre citato
come padre nobile dell'attuale fase politica è Altiero Spinelli
(1907-1986). Ma, a ben guardare, anche Spinelli risulta essere un padre
ingombrante. Il perché lo spiega Giovanni Sabbatucci: «Bisogna
distinguere l'azione politica di Spinelli, che negli anni 50 collaborò
da posizioni diverse con Alcide De Gasperi e che nel 1979 fu eletto al
parlamento europeo con i voti del Pci, dal Manifesto di Ventotene, di
cui fu autore nel 1941 con Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Mentre
l'azione europeista di Spinelli può insegnarci molto, il Manifesto di
Ventotene, che molti citano come la Bibbia dell'europeismo senza averlo
letto, è un testo irrecuperabile, in quanto propone una giacobina presa
del potere in Europa per imporre un governo federale. È un testo da
studiare ma oggi inutilizzabile per la politica».
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