Aldo Grasso
Quanto pesa in tv la forza dei politici
Corriere della Sera, 8 agosto 2014
«Quel che è ormai chiaro è che nella sfida
tra politica e televisione, apertasi in fondo sin dalla nascita del
mezzo, è quest’ultima che ha avuto la meglio. La politica necessita di
processi complessi, a volte complicati, difficilmente riconducibili a
binarie logiche conflittuali, bianco o nero, pro o contro; la tv ha
invece tempi ristretti, processi veloci, vive di contrasti e di
drammatizzazione fisica e verbale». Così Giandomenico Crapis nel suo
ultimo libro, Ha vinto la tv. Sessant’anni di politica e tv, da De
Gasperi a Grillo (1954-2014). Crapis è uno studioso di media, a lui si
devono interessanti studi sul rapporto fra intellettuali e tv e sui
rapporti fra la sinistra e il «piccolo schermo».
Però quello fra politica e tv è un ruolo fortemente contraddittorio (in Italia fortemente anomalo, da quando il proprietario di Mediaset è «sceso in campo»). Quando in Italia la Lega, sconosciuta ai più, vinse si disse che aveva vinto perché non aveva fatto uso della tv. Quando Silvio Berlusconi scese in campo e vinse e poi rivinse si disse che aveva vinto solo grazie alle sue tv. Nelle ultime elezioni europee si è molto discusso della partecipazione di Grillo a «Porta a porta», il salotto del moderatismo catodico italiano.
I dibattiti politici non portano voti, o ne portano pochi. È opinione consolidata che la presenza in video dei politici colpisca solo una fascia marginale di audience. Però è opinione altrettanto condivisa che la formazione dei convincimenti avvenga in tv attraverso programmi che non parlano direttamente di politica. È una specie di impulso che si manifesta sottopelle, attraverso la messa in scena della quotidianità. Una buona ragione per leggere il libro di Crapis.
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