Da Moro a Berlinguer. Il PdUP dal 1978 al 1984
estratti
Nella vicenda Moro
resta in parte oscuro l’”intreccio”, la trama che riguarda altri attori accanto
o oltre le BR. Durante i successivi lavori d’inchiesta emergono inquietanti
coincidenze, inspiegabili scomparse di documentazioni, incerte ricostruzioni, contrastanti
versioni, errori, misteri, usi e abusi del segreto di Stato.
Vi furono tanti, troppi attori in campo: una
regia iniziale, decine di “regie” successive, o co-regie. La morte del
sequestrato non era stata decisa già prima del sequestro e non era la fine
scontata e predeterminata della
vicenda. Confessioni e dichiarazioni di centinaia di protagonisti e
co-protagonisti e comprimari; centinaia di migliaia di pagine degli atti di
decine di arresti e sette processi; migliaia di pagine di due
commissioni parlamentari d’inchiesta, la "Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage
di via Fani, sul sequestro e l' assassino di
Aldo Moro e sul terrorismo in Italia. 20 dicembre 1979 - 29 giugno1983)
[http://storia.camera.it/organi/commissione-parlamentare-d-inchiesta-sulla-strage-via-fani-sul-sequestro-e-l-assassino-aldo-moro-e]
(Commissione Moro, istituita con legge del novembre 1979), la
“Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo
in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle
stragi” (istituita con legge del maggio 1988, poi ricostituita o prorogata fino
al 2001) e di altre commissioni in qualche modo collegate; inchieste
istituzionali, parlamentari, giudiziarie, amministrative su atti e archivi di
quasi tutti i corpi, i servizi, le polizie dello Stato; memorie e scoperte,
omissioni e menzogne, confessioni e dissociazioni, depistaggi e fantasie,
sedute senza verbali e sedute spiritiche, indagini e interviste
giornalistiche, impatti di palazzo e impatti psicologici, un groviglio di
sentimenti, saggi e romanzi, biografie e autobiografie, sceneggiati e film, …
eppure la “logica” o le “logiche” restano ammantate dalle ombre e restano vari
singoli misteri, dubbi e interrogativi, pur in un quadro abbastanza certo di
cronologia ed eventi e con una discreta serie di verità di fondo.
La verità, innanzitutto, di una scelta autonoma delle BR come soggetto specifico della storia d’Italia: furono le BR a rapirlo e ucciderlo, così avevano voluto e deciso attribuendosi la volontà di lottare contro lo Stato imperialista delle multinazionali; nessun elemento riuscì a fermarle, ci fossero o meno complici o mandanti, cosa non dimostrata ma plausibile almeno per le complicità oggettive. Per scelta dei brigatisti sequestrare Moro aveva un’assoluta valenza simbolica e costituiva un attacco al cuore delle istituzioni, insieme fu (più o meno consapevolmente da parte loro) una clamorosa interferenza concreta nel decisivo processo politico-parlamentare in corso.
La seconda grande
verità fu la spontanea massiccia reazione popolare, con il concorso dei grandi
partiti e sindacati di massa. Le BR hanno rappresentarono la punta di un
iceberg, la manifestazione estrema della fragilità della democrazia
repubblicana (inefficienze, depistaggi, inquinamenti) e, allo stesso tempo,
fecero emergere le straordinarie risorse morali e politiche presenti nella
società, nei partiti, nei sindacati e nelle stesse istituzioni. Anche la
presenza in campo dei cittadini e la risposta di mobilitazione condizionarono
l’evoluzione della vicenda, vera grande differenza con il sequestro del
Presidente dell’Associazione dei datori di lavoro (BDA) Hanns-Martin Schleyer,
avvenuto fra il 15 settembre e il 9 ottobre del 1977, oltre ad altre note
diversità fra i due paesi, fra la RAF (Rote Armee Fraktion) e le BR, fra una
Germania senza terrorismo endemico e un’Italia piena di attentati e morti per
tutto il decennio, fra la strategia poliziesca molto o poco repressiva.
Non c’è “una”
verità complessiva del tutto soddisfacente, condivisa ed esauriente. Non tutto
quel che accadde dopo il rapimento fu frutto di cose pensate prima e di
un’unica regia; certamente ci fu colpevole inefficienza di chi avrebbe dovuto
prevenirle o scovarle o comunque impedire un corso tortuoso e l’assassinio
finale; e vi furono responsabilità anche politiche, prima nel non aver fatto
abbastanza per respingere circoscrivere sconfiggere il terrorismo, poi nel non
aver fatto abbastanza per imporre a chi aveva forza e strumenti pubblici di
fare di più. Certo, colpisce ancora oggi la composizione quasi totalmente
piduista del comitato straordinario attivato con il compito di seguire ora per
ora il sequestro. Quel comitato di crisi costituito presso il Ministero degli
Interni risulterà composto quasi tutto da esponenti della P2 (8 su 12 componenti),
mentre Licio Gelli operava con un proprio ufficio presso la Marina e gli
embrioni della struttura “Gladio” erano già attivi e mobilitati.
Varie motivazioni
(difesa delle istituzioni, rispetto della legalità, responsabilità di governo,
tenuta della maggioranza, ecc.) concorsero a determinare una sorta di
immobilismo politico della DC (e degli altri partiti) per tutto il periodo del
sequestro. E, anche durante il sequestro, i rapporti fra i partiti della
“maggioranza parlamentare” rimasero complicati e i contatti fra le segreterie
rarefatti, parziali, spesso indiretti. Proprio nei giorni del maggiore
avvicinamento di fatto fra PCI e DC a difesa della democrazia in pericolo,
proprio nel momento in cui si rafforzava l’adesione del PCI alle istituzioni
storicamente determinate, il mancato ingresso nell’istituzione-governo (dovendo
per di più sostenere dall’esterno ministeri inefficienti e paralizzati contro i
brigatisti) fece definitivamente allontanare la prospettiva di una coalizione
politica fra DC e PCI al governo del paese. Per certi versi, la vicenda Moro
non è ancora mai finita. Ci sono una rimozione, un’eredità, un lascito, un
impatto persistenti. E c’è una lunga successiva cronologia politica,
giudiziaria, culturale, istituzionale, storica che, ancor oggi, interagisce con
l’identità morale e civile degli italiani.
...
I
55 giorni del sequestro Moro sono sconvolgenti non solo per l’evento terribile
con la sua conclusione tragica. In quel breve e insieme lunghissimo lasso di
tempo si concentrano fatti e vicende, di per sé particolarmente significative,
che in quel contesto assumono caratteristiche più marcate o diverse. E’ da
allora che diviene un dato politico acquisito parlare di “un caso italiano”
(terminologia in voga già da qualche anno).
La vicenda Moro si
sviluppò nel momento cruciale della politica di solidarietà nazionale,
determinando un irrigidimento di tale formula ed esperienza. La scelta
del “capo” DC da sequestrare (Andreotti o Fanfani o Moro) e la coincidenza
temporale tra il rapimento e il voto di fiducia in Parlamento, alla luce di
testimonianze e documenti, sembrerebbero casuali, ma ebbero oggettivamente un
fortissimo significato politico-simbolico. Il sequestro confermò l’ampia
coalizione intorno al monocolore DC, che aveva ormai già compiuto il suo
corso politico. Fu una conferma imposta dall’emergenza e, allo stesso tempo,
rappresentò la sua fine drammatica e irreparabile.
Paradossalmente le
BR con il rapimento Moro non fecero saltare la politica di solidarietà
nazionale ma la legittimarono come l’unica politica possibile in una fase di
emergenza, rendendo marginali ed irrilevanti eventuali altre proposte. Ne
conseguì un impoverimento del dibattito tra le forze democratiche, in
particolare fra le forze di sinistra sulle prospettive di cambiamento del
Paese. La dialettica tra la proposta della solidarietà nazionale e quella
dell’alternativa allora ancora in campo venne congelata e irrigidita dall’emergenza
terroristica.
...
I 55 giorni
riassunsero in forme drammatiche e in modo simbolico alcuni tratti distintivi
del decennio che si stava concludendo. Innanzitutto come un sistema democratico
fa i conti con i fenomeni eversivi che cercano di scardinarlo e
destabilizzarlo. In secondo luogo il tema dell’alternativa politica alla
centralità democristiana, che non era pienamente superata, ma notevolmente
ridimensionata (nel ’76 c’erano stati due vincitori, come aveva detto proprio
Moro, DC e PCI). Infine il processo di modernizzazione della società italiana
che aveva visto realizzate fino a quel momento conquiste importanti (il
divorzio, il voto a 18 anni, il nuovo diritto di famiglia) e che avrebbe
trovato nell’aborto, nel servizio sanitario nazionale e nella soppressione dei
manicomi il suo completamento.
http://luciomagri.com/ValerioCalzolaio/CarloLatini/DaMoroaBerlinguer/
Nella
vicenda Moro resta in parte oscuro l’”intreccio”, la trama che riguarda
altri attori accanto o oltre le BR. Durante i successivi lavori
d’inchiesta emergono inquietanti coincidenze, inspiegabili scomparse di
documentazioni, incerte ricostruzioni, contrastanti versioni, errori,
misteri, usi e abusi del segreto di Stato.
Vi furono
tanti, troppi attori in campo: una regia iniziale, decine di “regie”
successive, o co-regie. La morte del sequestrato non era stata decisa
già prima del sequestro e non era la fine scontata e predeterminata
della vicenda. Confessioni e dichiarazioni di centinaia di protagonisti e
co-protagonisti e comprimari; centinaia di migliaia di pagine degli
atti di decine di arresti e sette processi; migliaia di pagine di due commissioni parlamentari d’inchiesta, la “Commissione d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro ed assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia”
(Commissione Moro, istituita con legge del novembre 1979), la
“Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle
cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi”
(istituita con legge del maggio 1988, poi ricostituita o prorogata fino
al 2001) e di altre commissioni in qualche modo collegate; inchieste
istituzionali, parlamentari, giudiziarie, amministrative su atti e
archivi di quasi tutti i corpi, i servizi, le polizie dello Stato;
memorie e scoperte, omissioni e menzogne, confessioni e dissociazioni,
depistaggi e fantasie, sedute senza verbali e sedute spiritiche,
indagini e interviste giornalistiche, impatti di palazzo e impatti
psicologici, un groviglio di sentimenti, saggi e romanzi, biografie e
autobiografie, sceneggiati e film, … eppure la “logica” o le “logiche”
restano ammantate dalle ombre e restano vari singoli misteri, dubbi e
interrogativi, pur in un quadro abbastanza certo di cronologia ed eventi
e con una discreta serie di verità di fondo.
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Nella
vicenda Moro resta in parte oscuro l’”intreccio”, la trama che riguarda
altri attori accanto o oltre le BR. Durante i successivi lavori
d’inchiesta emergono inquietanti coincidenze, inspiegabili scomparse di
documentazioni, incerte ricostruzioni, contrastanti versioni, errori,
misteri, usi e abusi del segreto di Stato.
Vi furono
tanti, troppi attori in campo: una regia iniziale, decine di “regie”
successive, o co-regie. La morte del sequestrato non era stata decisa
già prima del sequestro e non era la fine scontata e predeterminata
della vicenda. Confessioni e dichiarazioni di centinaia di protagonisti e
co-protagonisti e comprimari; centinaia di migliaia di pagine degli
atti di decine di arresti e sette processi; migliaia di pagine di due commissioni parlamentari d’inchiesta, la “Commissione d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro ed assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia”
(Commissione Moro, istituita con legge del novembre 1979), la
“Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle
cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi”
(istituita con legge del maggio 1988, poi ricostituita o prorogata fino
al 2001) e di altre commissioni in qualche modo collegate; inchieste
istituzionali, parlamentari, giudiziarie, amministrative su atti e
archivi di quasi tutti i corpi, i servizi, le polizie dello Stato;
memorie e scoperte, omissioni e menzogne, confessioni e dissociazioni,
depistaggi e fantasie, sedute senza verbali e sedute spiritiche,
indagini e interviste giornalistiche, impatti di palazzo e impatti
psicologici, un groviglio di sentimenti, saggi e romanzi, biografie e
autobiografie, sceneggiati e film, … eppure la “logica” o le “logiche”
restano ammantate dalle ombre e restano vari singoli misteri, dubbi e
interrogativi, pur in un quadro abbastanza certo di cronologia ed eventi
e con una discreta serie di verità di fondo.
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