martedì 8 luglio 2014

Canetti, Massa e potere, parte prima

Elias Canetti, Masse und Macht, Claassen Verlag, Hamburg 1960 tr. it. di F. Jesi, Massa e potere, Adelphi, Milano 1981 
Valentina Sperotto,  Scheda di lettura, Giornale Critico di Storia delle Idee

Elias Canetti scriveva nel primo volume della sua straordinaria autobiografia «Le nostre paure non vanno mai perdute, anche se i loro nascondigli sono misteriosi.» La paura è anche il punto di partenza di Massa e potere: «tutte le distanze che gli uomini hanno creato intorno a sé sono dettate dal timore di essere toccati.» La massa rappresenta l’unica situazione in cui viene meno il timore di essere toccati da qualche cosa di estraneo. La massa è segnata dal capovolgersi del timore originario, i corpi si avvicinano e si serrano l’uno all’altro per formare una massa densa che si costituisce come un unico corpo formato da molti. Canetti analizza in questo testo la massa in tutte le sue forme e caratteristiche, la esamina nella sua evoluzione storica e nei suoi aspetti psicologici, infine si sofferma lungamente ad approfondire il suo rapporto con il potere (rapporto in cui entra in gioco, nuovamente, la paura). La massa secondo Canetti presenta alcune caratteristiche fondamentali: essa è naturalmente tesa ad accrescersi, questo comporta che la sua naturale configurazione sia quella della massa aperta, sulla quale però pende il rischio della disgregazione; viceversa la massa chiusa è la massa che si serra e s’insedia, trova una propria sede, uno spazio cioè che riempirà, guadagnando in durata ciò che perde in possibilità di accrescimento.
Il momento della scarica è l’evento più rilevante che avviene all’interno della massa. Esso consiste nella liberazione di ogni differenza tra i componenti della massa che si sentono da quell’istante in poi uguali tra loro indipendentemente dalle differenze che esistevano tra loro in precedenza. Alla scarica sono legati i fenomeni della distruzione delle immagini, come le statue simboliche esposte nelle piazze, ma anche della distruzione di porte e vetri degli edifici, atti volti a distinguere i segni esteriori delle gerarchie. La distruzione dei limiti imposti si estende velocemente alla massa stessa che, dominata dalla spinta all’accrescimento, nel momento dello scoppio si trasforma da massa chiusa a massa aperta tentando di raggiungere e coinvolgere il maggior numero di persone possibile. Lo scoppio è legato alla caratteristica della concentrazione, ovvero della tendenza della massa ad espandersi senza essere interrotta da nulla. Ultimo elemento fondamentale che la caratterizza è la necessità di una direzione, poiché la presenza di una meta porta al movimento collettivo scongiurando il pericolo della disgregazione che pende sempre su di essa. Crescita, eguaglianza, concentrazione e direzione sono le caratteristiche fondamentali che caratterizzano le masse. Canetti introduce un’ultima distinzione fondata sul ritmo: esistono masse statiche, ovvero masse che attendono qualche cosa, mancando ancora la certezza della propria unità la massa statica rimane calma il più a lungo possibile, salvo poi scaricare l’eccesso della statica nelle grida che sono la voce stessa della massa, e masse dinamiche, ovvero masse in movimento.
[...] Fondamentale per il mantenersi della massa nel tempo è l’esistenza di una seconda massa a cui contrapporsi, si creano così le masse doppie in cui la tensione fra i due gruppi genera pressione all’interno di ciascuno che ne assicura la compattezza e la conservazione, poiché, come si è visto, l’impulso più profondo di una massa è proprio quello di non disgregarsi e l’esistenza di una minaccia funge da elemento aggregante. Nel caso delle guerre le masse doppie sono tra loro doppiamente intrecciate: da un lato l’esistenza di ciascun gruppo dipende dalla minaccia che l’altro gruppo costituisce, d’altra parte però la meta di ciascuno dei due gruppi è la distruzione dell’altro gruppo. La paura della morte vissuta come condanna collettiva è un elemento chiave per la comprensione dei meccanismi di massa che entrano in gioco nelle guerre: «lo scoppio di una guerra è innanzitutto lo scoppio di due masse. Una volta costituita, ciascuna di tali masse si preoccupa essenzialmente di durare nell’atteggiamento e nell’azione, il cui abbandono significherebbe una rinuncia alla vita stessa. La massa bellica agisce sempre come se tutto all’esterno di essa fosse morte».
Esiste un tipo particolare di massa, il cristallo di massa, che è costituito da un gruppo durevole di persone addestrate nelle loro attività e nel loro modo di concepire le cose. Il cristallo di massa è diverso dalla massa chiusa poiché mentre quest’ultima, come si è detto, è spontanea e solitamente limitata spazialmente (raggruppata in una piazza ad esempio), il limite del cristallo di massa è costituito dagli stessi membri che lo compongono, ciascuno avente una propria funzione (laddove evidentemente in una massa spontanea non è possibile ripartire alcuna funzione tra i membri). Il cristallo di massa da un lato è duraturo, in quanto gruppo irrigidito esso può sempre riaffiorare ed essere riattivato, inoltre esso ha, in alcuni casi, la capacità di contribuire alla formazione delle masse.
Elementi non secondari dell’analisi di Canetti sono i simboli della massa, vale a dire quelle unità collettive che non sono costituite da uomini e che tuttavia vengono sentite come masse. La ragione per cui Canetti si sofferma su questi simboli è che essi gettano una nuova luce sulla nostra capacità di comprendere le masse. Così Canetti parla del fuoco che «è dappertutto uguale; dilaga rapidamente; è contagioso e insaziabile; esso può nascere ovunque, fulmineamente; è molteplice; è distruttore; ha un solo nemico; si estingue: agisce come se fosse vivo, e così viene trattato», tutte queste sono anche caratteristiche proprie della massa. Così sono simboli delle masse il mare, la pioggia, il fiume, la foresta, il grano, il vento, la sabbia, i mucchi, il mucchio di pietre e il tesoro, ciascuno con caratteristiche proprie che rispecchiano quelle della massa.
[...] La ricchezza del materiale da cui attinge Canetti e che ci viene riferito in questo come nei capitoli precedenti e successivi è il segno della lunga maturazione dell’opera, della riflessione e dell’indagine sul tema della massa e del potere ad ampio raggio, a partire da quelle esperienze significative della massa da lui vissute nel 1922 a Francoforte e nel 1924 a Vienna (entrambe descritte nella sua autobiografia) e che gli rivelarono l’enigmatico potere che la massa ha rispetto al singolo, oltre che l’insufficienza di tutte le riflessioni e le indagini fino ad allora condotte sul tema.
La parte seguente, intitolata Massa e storia, è dedicata alle nazioni che Canetti tratta e considera come se fossero religioni, poiché come queste ultime «esse hanno la tendenza ad acquistare veramente, di tempo in tempo, quella condizione. Un’attitudine in questo senso è sempre latente; in tempo di guerra le religioni nazionali si acutizzano in modo particolare.» Il tratto principale che rende tali le nazioni è il fatto che gli appartenenti ad una nazione non si considerino mai soli, essi infatti si rapportano a una maggiore unità e questa è sempre una massa o un simbolo di massa. Così se il simbolo legato agli inglesi è il mare, simbolo dei tedeschi è l’esercito che a sua volta è la foresta che cammina, così per i francesi è la Rivoluzione e così via.
[...] L’analisi poi prosegue prendendo in considerazione il sistema parlamentare bipartitico, caratterizzato dalla rinuncia alla morte come strumento di decisione, e al problema della giustizia, considerata dal punto di vista della ripartizione e della produzione, che a sua volta è legata alla muta di accrescimento. «L’uomo moderno» scrive Canetti riflettendo su questo tema «ha oggi con la produzione questo stesso rapporto. Le macchine sono in grado di produrre più di quanto chiunque avrebbe potuto sognare in passato. Esse permettono a ogni moltiplicazione di crescere in modo terrificante. […] Ci sono sempre più cose che si sa come adoperare; e mentre le si usa, nascono nuovi bisogni.» [...]

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