La montagna magica
1924
traduzione di Renata Colorni
A questo punto Wehsal portò il discorso sul tema della tortura, il che gli si addiceva particolarmente. L'interrogatorio sotto tortura... che ne pensavano i signori? Quando, in viaggio di affari, gli capitava di trovarsi in città ricche di storia e di tradizioni culturali, a lui, Ferdinand, era sempre piaciuto visitare quei luoghi appartati dove in passato veniva praticata questa sorta di indagine della coscienza. Conosceva perciò le camere della tortura di Norimberga, di Ratisbona, la aveva visitate con cura per arricchire il proprio patrimonio culturale. Certo è che lì, a vantaggio dell'anima, il corpo era stato bistrattato nelle maniere più diverse e ingegnose. E neanche si levavano delle grida. Ti ficcavano in bocca la famosa pera, che già di per sé non era una leccornia... e poi, in tanto affaccendarsi, regnava il silenzio.
"Porcheria" mormorò Settembrini.
Ferge parlò a favore della pera e del
silenzioso affaccendarsi. Ma anche allora nessuno era riuscito a inventarsi nulla di piú
infame della palpazione della pleura.
Ma lo aveva fatto per guarirlo!
Anche l'anima incallita e la giustizia vilipesa potevano giustificare una passeggera spietatezza. E inoltre la tortura era stata un effetto del progresso razionale.
Ma lo aveva fatto per guarirlo!
Anche l'anima incallita e la giustizia vilipesa potevano giustificare una passeggera spietatezza. E inoltre la tortura era stata un effetto del progresso razionale.
Naphta non doveva essere del tutto in sé.
Altroché, se lo era. Il signor Settembrini era un'anima bella, e dunque al momento, così pareva, non gli era ben chiara la storia del procedimento giudiziario nel Medioevo. In effetti era stata una storia di progressiva razionalizzazione, tale per cui gradualmente, proprio in base a considerazioni
razionali, Dio era stato escluso dall'amministrazione della giustizia. E il giudizio di Dio era decaduto perché si era dovuto constatare che a vincere era sempre il piú forte anche quando aveva torto. Gente come il signor Settembrini, individui scettici e critici, erano riusciti a ottennere che al posto dell'antico e ingenuo
procedimento giudiziario venisse introdotto il processo inquisitorio, il quale anziché continuare ad affidarsi all'intervento divino per stabilire la verità, mirava
a far sì che fosse lo stesso imputato a confessare la verità. Senza confessione niente condanna ... bastava sentire ancora oggi quel che dice la gente del popolo:
è radicato in profondità l'istinto in base a cui, quale che sia la coerenza della catena probatoria, senza confessione la condanna è considerata
illegittima. Come ottenerla, dunque? In che modo scoprire la verità al di là dei puri e semplici indizi, o magari sospetti? Come scrutare dentro il cuore, il cervello di
un uomo che questa verità dissimula e rinnega? Se lo spirito era malvagio, allora non restava che rivolgersi al corpo, poiché esso si poteva domare. La tortura come mezzo per ottenere l'indispensabile
confessione, era un dettame della ragione. E colui che aveva preteso e introdotto il processo basato sulla
confessione era stato il signor Settembrini, il quale dunque aveva anche inventato la
tortura.
L'umanista pregò gli altri signori di non prestar fede a quelle parole: erano facezie, facezie diaboliche.
Se le cose si fossero svolte come il signor Naphta aveva spiegato, se veramente la ragione avesse inventato l'orrore,
ciò avrebbe provato soltanto quanto essa abbia sempre un tremendo bisogno di puntelli e di lumi e che gli adoratori dell'istinto naturale
non hanno certo da temere che in futuro le cose possano procedere sulla Terra in modo troppo
ragionevole! Peccato però che il precedente oratore fosse andato del tutto fuori strada. Quell'obbrobrio giudiziario non poteva essere ricondotto
alla ragione già per il fatto che il suo fondamento originario era la credenza nell'inferno. Bastava dare un'occhiata a musei e stanze della tortura: di sicuro tutto quel tormentare, tirare, avvitare e bruciare era scaturito
da una fantasia puerilmente obnubilata, dal pio desiderio di imitare ciò
che avviene nell'aldilà, nel luogo dell'eterno tormento. In tal modo si pensava addirittura di aiutare il malfattore. Si riteneva infatti che la sua
povera anima lottasse per confessarsi e che solo la carne, come principio
del male, si opponesse alla sua migliore volontà. Si
riteneva perciò di compiere nei suoi confronti nientemeno che un atto caritatevole spezzando la carne con la
tortura. Follia, delirio di asceti...
Ne erano vittime anche i Romani?
I Romani?
"Ma che!
Anch'essi conoscevano la tortura come strumento inquisitivo.
Anch'essi conoscevano la tortura come strumento inquisitivo.
Logico imbarazzo... Castorp cercò di aiutare a superarlo introducendo d'autorità nel dibattito , come se competesse a lui di orientare quella conversazione, il problema della pena
di morte. La tortura era stata abolita, benché la magistratura inquirente avesse ancora i suoi metodi per ammorbidire l'imputato.
Luciano Canfora
Così il «padre dell'Occidente» apparve sulla montagna sacra
La polemica sul Vate tra Naphta e Settembrini è l'architrave della disputa tra liberalismo e rivoluzione
Corriere della Sera, 16 ottobre 2011
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