venerdì 5 settembre 2014

Paul Nizan, un ribelle al tempo del comunismo

Cesare Pianciola
recensione
Paul Nizan, La cospirazione, Baldini & Castoldi, 1997
L'Indice 1998, n.3

La promozione 1924 dell'Ecole Normale, classe di Lettere: nella fila davanti Nizan è il secondo da sinistra, Sartre il quarto, Raymond Aron il quinto.

Credo che un giovane, a meno che non si specializzi in letteratura francese contemporanea, di Paul Nizan non sappia oggi neppure il nome. Eppure in Italia i suoi scritti ebbero una certa risonanza. Nel 1961 Mondadori pubblicò nella traduzione di Daria Menicanti, ora riprodotta, Aden Arabia, tagliente pamphlet del 1931 riproposto da Maspero con la premessa di un appassionato saggio di Sartre sul compagno di studi al liceo e all'Ecole Normale.
Sartre rievocava, contro il se stesso di allora, refrattario alla politica, la figura dell'amico, che nel 1927, a ventidue anni, era tornato da Aden, dove aveva toccato con mano lo sfruttamento colonialistico, con una volontà intransigente e totalizzante di impegno ("Che si abbia il coraggio di essere grossolani! [...] Vivrò tra i nemici [...] Non bisogna temere di odiare"). Si era iscritto al Pcf, diventandone uno degli intellettuali di maggiore prestigio, collaboratore dei quotidiani e delle riviste del partito, e condividendone le scelte politiche e la fedeltà all'Unione Sovietica, fino alle dimissioni nel 1939, sconvolto dal patto Molotov-Ribbentrop e dall'invasione della Polonia. A questo punto venne orchestrata una campagna di denigrazione nei suoi confronti ("l'informatore della polizia Paul Nizan", scriveva Maurice Thorez sulla stampa clandestina) e ci fu una damnatio memoriae, nella quale si distinsero Louis Aragon e il filosofo Henri Lefebvre. Nizan era morto trentacinquenne il 23 maggio del 1940 durante la ritirata di Dunkerque.
Bisognerà aspettare il 1978 perché "L'Humanité" inizi una timida riabilitazione. Ma intanto Nizan era diventato un autore ristampato e letto nella "nuova sinistra", anche se, come sottolinea De Luna nella postfazione, per la maggior parte dei militanti di quest'ultima, a differenza di Nizan, era tutto il movimento in atto che doveva abolire lo stato di cose presente, e veniva generalmente rifiutato un modello precostituito di nuova società. Come scrisse Rossana Rossanda nel 1970, presentando presso La Nuova Italia I cani da guardia, feroce attacco del 1932 all'idealismo dei professori dell'Università francese, "la milizia di Nizan è una milizia datata", inscritta nel contesto della Terza Internazionale tra le due guerre.
In Italia comunque una "fortuna improvvisa e perfino eccessiva, concentrata (anzi congestionata) nel breve periodo1970-1974 (Bellocchio) ci fu, come attestano gli studi (Franco Fé, Paul Nizan un intellettuale comunista, Savelli 1973) e le traduzioni, tra cui spicca illibro più bello e vivo di Nizan, quell'Antoine Bloyé (Bertani 1973, ed. orig. 1933) che racconta in modo dolente e preciso la biografia del padre, che "tradisce" la sua classe d'origine diventando un dirigente tecnico delle ferrovie, trasmette la sua infelice al figlio e lo impegna inconsapevolmente nel "tradimento" inverso.
I temi della fedeltà e del tradimento, dell'infelicità dei giovani e della vischiosità delle famiglie ("Che cosa potente e inflessibile è mai una famiglia! E' tranquilla come un corpo, come un organismo che si muove appena e respira quasi in sognosino al momento del pericolo, ma è pieno di segreti, di risposte latenti e di un furore e di una rapidità biologiche...") sono al centro anche di La cospirazione, storia delle astratte ribellioni di cinque giovani della generazione romantico-surrealista degli anni Venti. 
"Sensibili al disordine, all'assurdo, agli scandali logici piuttosto che alla crudeltà, all'oppressione", decidono di dare vita alla rivista "La guerra civile", mettono in atto un grottesco piano di sottrazione di documenti militari in vista di una rivoluzione che pensano imminente e falliscono, non perché la cospirazione sia stata scoperta, ma perché perdono per strada le ragioni della congiura con cui hanno cercato di mettersi fuori dall'ordine stabilito e di rendere impossibile il ritorno nella normalità ("un giovane si crede così poco stabile nella vita che vuole incatenare violentemente l'avvenire..."). 
Dei tre personaggi principali, Bernard Rosenthal, l'inventore della cospirazione, invece di portarla avanti si innamora ciecamente della cognata Catherine, ma quando questa rientra in seno alla ricca famiglia borghese e lo abbandona, si uccide, nell'inutile tentativo di riscattare con la nobiltà della tragedia il fallimento di una vita; Serge Pluvinage, figlio di un funzionario di polizia, pieno di rancore verso i compagnia a cui per nascita e doti si sente inferiore, cede alla "spaventosa fatalità" che lo riporta nel mondo del padre, denuncia e fa arrestare un dirigente del partito comunista che vive in clandestinità, sapendo che "il tradimento è irrimediabile come la morte". Philippe Laforgue sfiora anche lui la morte e, attraverso il crudele rito di passaggio della malattia, alla fine, in pagine molto alte e serrate, sicongeda da un'adolescenza prolungata artificialmente dagli studi e "rinasce" uomo, con l'amara consapevolezza dell'irrealtà irresponsabile degli anni trascorsi.
La cospirazione uscì nel 1938, ebbe un buon successo e un importante premio letterario; nello stesso anno uscì La nausea di Sartre, che le dedicò una bella recensione (si può leggere in Che cos'è la letteratura?, Il Saggiatore, 1995), nella quale, dietro gli "eroi irrisori" del romanzo, che a tratti sembrano unicamente espressione della loro famiglia e della loro classe", ritrovava "la personalità amara e cupa di Nizan".
Non c'è bisogno di prendere tante cautele e tante distanze, come fanno Bellocchio e De Luna in questa riedizione. Il libro è certo lontano e non è la cosa migliore di Nizan, ma non lascia indifferenti incontrare quella "personalità amara e cupa" e imbattersi in frasi come questa: "Ancora non sapevano quanto il mondo sia pesante e molle, come poco assomiglia a un muro che si voglia gettare a terra [...] ma piuttosto a un ammasso gelatinoso senza capo né coda, a una specie di grossa medusa con gli organi ben nascosti. Nizan, al di là e contro le sue pretese certezze, ha ancora qualcosa da dirci.



Nizanniʃã´⟩, Paul. - Scrittore francese (n. Tours 1905 - m. durante la ritirata di Dunkerque 1940). Compagno di studî di J.-P. Sartre al liceo Henri IV e all'École normale supérieure, iscritto dal 1927 al Partito comunista, con cui ruppe all'epoca del patto Molotov-Ribbentrop (1939), collaborò all'Humanité (1935), a Ce soir (1937) e ai Cahiers du bolchévisme (1938). Tra i suoi saggi, oltre al celebre Aden Arabie (1931; trad. it. 1961), ispirato a un viaggio ad Aden che N. aveva compiuto nel 1925 in preda a una profonda crisi esistenziale, vanno ricordati il pamphlet contro la cultura accademica Les chiens de garde (1932; trad. it. 1970), Les matérialistes de l'antiquité (1936; trad. it. 1972) e le Chroniques de septembre (1938; trad. it. 1975), dedicate agli accordi scaturiti dal Convegno di Monaco. Il suo impegno si riflette anche nei romanzi: Antoíne Bloyé (1935; trad. it. 1972); Le cheval de Troie (1935; trad. it. 1973); La conspiration (1938; trad. it. 1961); l'ultimo, La soirée à Somosierra, è andato perduto. Osteggiato dagli intellettuali comunisti dopo la sua morte, fu riscoperto nel 1960 grazie alla riedizione di Aden Arabie presentata da J.-P. Sartre. (Treccani)

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