lunedì 8 settembre 2014

Apollinaire, L'amore per Lou

Paolo Di Stefano
Apollinaire e la gelosia per Lou. "Sei una squisita bugiarda"
Corriere della Sera, 19 agosto 2011

C' è di che perdere la testa a seguire gli slanci sentimentali ed erotici di Guillaume Apollinaire, il poeta francese di origine polacca passato alla storia come il genio dell' avanguardia surrealista di inizio Novecento. In realtà è lui il primo a perdere la testa: per Geneviève-Marguerite-Marie-Louise de Pillot de Coligny-Châtillon, detta Lou, la contessina incontrata in una fumeria d' oppio di Nizza la notte tra il 27 e il 28 settembre 1914. Non più giovanissima, con i suoi 33 anni, sposata e divorziata, legata a un uomo che chiama Toutou, pure lui destinato al fronte come il futuro poeta dei Calligrammi . Il quale, francese d' adozione ma ardente patriota, sin dall' inizio della guerra aveva chiesto di essere arruolato volontario, ottenendo l' autorizzazione a unirsi al reggimento d' artiglieria solo l' 8 dicembre. Proprio due giorni prima che la sua Lou (che in francese suona come «loup», cioè «lupo») lo raggiungesse a Nîmes. Ma la prima di una lunghissima serie di lettere (pubblicate in Italia da Archinto nel 1999 con il titolo Lou, mia regina, a cura di Vittorio Orsenigo) risale allo stesso 28 settembre, ed è una dichiarazione d' amore senza mezzi termini. Non sono passate ventiquattr'ore dal primo incontro nella casa d'estasi provenzale e già il poeta parla di «fremiti tanto deliziosamente puri» nel ripensare al sorriso, alla voce, allo sguardo della cerbiatta che però non tarda a diventare scoiattolo in fuga verso relazioni multiple. Un amore non del tutto ricambiato sul piano sentimentale, ma che non esclude picchi di travolgente passione carnale. Guillaume sapeva bene di non poter contare sulla fedeltà di Lou, patti chiari e amicizia lunga: troppo libera e desiderosa di vita, la contessina, circondata com'era da schiere di spasimanti (che nelle lettere sono i «beati») in lista d'attesa e non certo respinti, anzi via via accolti con generosità. Eppure Guillaume non molla, non lascia trapelare gelosie, insiste, chiede notizie di Toutou, implora l' amante di non mentirgli, accetta con malcelata rassegnazione la sua versatilità e i suoi capricci, a tratti gioca anche lui il gioco dei doppi sensi, dei languidi sottintesi, delle allusioni libertine. Sicché le lettere si inarcano in inni eccelsi alla «cara divinità del mio cuore», al «mio gelsomino, mia bacca d' alloro», in toni struggenti da amor cortese, ma non tralasciano di soffermarsi, con resoconti puntuali, sull' evocazione delle due notti di follia a Nîmes, sul ricordo del corpo di lei «squisito e saporoso», su «quelle parti che ho così ben sbattute», sul «caro umidore della grotta misteriosa dove si rintana la voluttà» con risvolti di fantasticherie sadiche. Intanto però Apollinaire, nei primi giorni del 1915, ha incontrato in treno la giovane bellissima Madeleine Pagès, con la quale si fidanzerà in agosto. Eppure, anche se la rottura con Lou si è consumata da mesi e dall' ultimo incontro di marzo si sono ripromessi di restare buoni amici, il povero artigliere finito nella foresta delle Argonne non cessa di scriverle, appena può, lettere appassionate dal fronte, vergate nel fango o su un tronco di quercia, sotto le cannonate degli «schifosi crucchi», alla luce di una lampada attaccata al fil di ferro e penzolante da una bottiglia o al chiarore di uno stoppino tremolante acceso con grasso di bue. Ed è qui che nelle lettere si mescolano l' angoscia e il fervore esaltante del combattimento, un'improbabile esibizione di coraggio («le granate non mi fanno la minima impressione»), le cronache delle estenuanti manovre militari, dei pasti consumati in fretta, della solidarietà con i commilitoni. E insieme agli slanci lirici del poeta concentrato sui suoi componimenti amorosi (dedicati comunque a Lou), non cessano i vagheggiamenti erotici e il ricordo di certe «graziose porcherie». Né mancano le ansie per la donna rimasta sola (si fa per dire) a Parigi, bisognosa d' aiuto: «ti manderò del denaro appena lo avrò incassato». E se Lou gli comunica di avere un dente cariato, Guillaume le consiglia di rivolgersi al suo odontoiatra assicurandogli che pagherà lui al ritorno dal fronte. Se Lou non sa dove soggiornare, Guillaume le concede di rifugiarsi nella sua colombaia (dove per altro la «cerbiatta» non negherà poi di aver organizzato qualche allegro festino con amici). In cambio il poeta le chiede notizie della sua gatta Pipe, «una bestiolina molto dolce», e le commissiona qualche ricerca bibliografica. Si insinua ancora qua e là un velo di gelosia per la leggerezza di quella «squisita bugiarda» che trova sempre il modo per divertirsi: Apollinaire cerca comunque la sua complicità, la implora di sollevargli il morale con i suoi racconti licenziosi, le promette pensieri notturni molto intimi, le manda «baci appassionati, folli». L' ultima lettera alla contessa de Coligny-Châtillon è del 18 gennaio 1916, spedita dal fermo posta di Lunéville. Il soldato semplice, intanto, era diventato sottotenente. Il 17 marzo, disteso a leggere in trincea, verrà ferito in testa dallo scoppio di una granata. Il 10 maggio subirà una trapanazione al cervello, ma la febbre spagnola se lo porterà via il 9 novembre 1918 con il ricordo struggente e ardito della sua fumatrice di oppio.

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LA CHIAMAVANO LOU

Ci sono lupi di ogni sorta
Io conosco il più disumano
Il mio cuore  che il diavolo con sé porta
E che ha deposto alla sua porta
Non è che un giocattolo nelle sue mani.

I lupi un tempo erano fedeli
Come lo sono le tortore
E i soldati delle belle donne amanti
Nel loro ricordo galanti
Così come i lupi  erano dolci.
Ma oggi i tempi sono peggiorati
E i lupi sono tigri diventati
E i Soldati e gli Imperi
I Cesari sono diventati Vampiri
Come Venere sono crudeli.

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Penso a te mio Lou il tuo cuore è la mia caserma
I miei sensi sono i tuoi cavalli il tuo ricordo la mia erba medica

Il cielo questa sera è pieno di sciabole di speroni
Gli artiglieri se ne vanno nel buio carichi e solleciti

Ma accanto a me vedo continuamente la tua immagine
La tua bocca è l'ardente ferita del coraggio

Risplendono nella notte le nostre fanfare come la tua voce
Quando sono a cavallo tu trotti accanto a me

I nostri 75 sono graziosi come il tuo corpo
E i tuoi capelli sono rossicci come il fuoco di una granata che esplode al nord



T'amo le tue mani e i miei ricordi
Improvvisamente ridestano allegra una fanfara

Dei soli a turno si mettono a nitrire
Siamo i battifianco di scuderia su cui scalciano le stelle

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Un'antenata di questa Louise, e sua omonima, è la figura centrale di un bel romanzo uscito da Bollati Boringhieri qualche anno fa.  Louise. Canzone senza pause di Eliana Bouchard, terzo al Premio Campiello del 2008, narra le vicissitudini di Louise de Coligny, ugonotta scampata alla strage della notte di San Bartolomeo del 24 agosto 1572.

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