Antonio Carioti
Corriere della Sera La Lettura, 15 febbraio 2015
La Rivoluzione francese ha anche un volto dalla pelle nera. È quello di Toussaint L’Ouverture, una sorta di Spartaco delle Antille, l’ex schiavo che capeggiò la rivolta sfociata nell’indipendenza di Haiti. Nel Settecento quel territorio era la più ricca colonia europea, ma la sua prosperità derivava soprattutto dal lavoro degli schiavi portati dall’Africa. Cyril Lionel Robert James, nel libro I giacobini neri (DeriveApprodi), descrive nei dettagli crudeltà e iniquità del sistema di sfruttamento e discriminazione razziale cui erano soggette le persone di colore, compresi neri e mulatti liberi, magari anche benestanti. L’insurrezione scoppiò nell’agosto 1791 ed ebbe diverse fasi. Prima i ribelli neri combatterono i coloni francesi. Ma dopo l’abolizione della schiavitù, sancita a Parigi il 4 febbraio 1794, Toussaint si schierò al fianco della Repubblica giacobina, sconfiggendo spagnoli e inglesi che volevano mettere le mani sulla colonia. Si arrivò poi allo scontro con Napoleone, che fece arrestare e deportare in Francia Toussaint (morto in carcere nel 1803), ma non riuscì a evitare che il suo luogotenente Dessalines, battuto il corpo di spedizione francese, proclamasse l’indipendenza. Dopo oltre un decennio di conflitti sanguinosi, Haiti non era più una colonia, ma si ritrovò impoverita e in macerie. James (1901-1989) era un militante nero, marxista eretico ed esperto di cricket: ovviamente esalta gli insorti. Ma per altri versi il saggio, la cui prima edizione risale al 1938, evidenzia in anticipo le difficoltà cui sarebbero andati incontro i successivi moti anticoloniali.
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Toussaint Louverture, come Mirabeau prima di lui, fu imprigionato al forte di Joux, fra le montagne del Jura, non lontano dalla frontiera svizzera. La cella da lui occupata esiste tuttora e si può visitare. Morì di apoplessia.
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