Marco Fincardi
Maurice Agulhon alla ricerca di Marianne
il manifesto, 26 giugno 2014
Con la recente scomparsa di Maurice Agulhon, storico della sociabilità e di Marianne,
viene meno una delle figure innovatrici delle ricerche sulla
Francia del XIX e XX secolo. Chi studia oggi le tradizioni
politiche, di sinistra o di destra, tanto più in ambiti regionali
e locali, ha difficoltà a ignorare la sua opera. I suoi metodi di
ricerca hanno avuto ampia diffusione, indipendentemente dagli
orientamenti degli studiosi: ne sono improntati tanto la nozione di sfera pubblica del sociologo-filosofo francofortese Jurgen Habermas, come l’elaborazione del civicness del politologo reaganiano Robert Putnam.
Nato da insegnanti di fede protestante e di forti sentimenti laici
repubblicani, compiuti gli studi liceali tra Avignone e Lione, nel
1946 tramite concorso Agulhon accede alla prestigiosa École
normale supérieure della capitale. Provinciale di origini modeste
tra i figli dell’élite sociale parigina, subito si appassiona alla
militanza nella cellula comunista. Dal Partito comunista esce per
dissenso nel 1960. Mantiene sempre l’impegno civile nella sinistra
laica e partecipa attivamente alle mobilitazioni del maggio
1968. Insegna all’università di Aix dal 1957, dal 1972 alla Sorbona
e dal 1986 al Collège de France.
Accompagnato negli studi di formazione fin dal 1948 da Ernest
Labrousse, grande studioso dalla forte impronta strutturalista
marxista, nelle sue due tesi di dottorato si trova subito di fronte
il problema di spiegare nella Provenza del XIX secolo, e in
particolare nel dipartimento del Var, una spiccata diffusione
della sinistra repubblicana in ambiti rurali, piuttosto che urbani
e industriali. La soluzione gli viene dai modelli del sociologo
Georges Gurvitch, secondo cui le idee discendono attraverso le forme
associative, come in un sistema di vasi comunicanti. Nelle
ricerche, ricostruisce così una molteplicità di piccoli fatti
locali, rivelatori delle abitudini della quotidianità
provinciale e tanto più del suo mutare. Ne trae un racconto
dettagliato della vita sociale, finalizzato a individuare le
trasformazioni delle strutture che la modellano e quasi
sconfinante nell’etnografia, sempre a partire dall’informalità: dai
luoghi d’incontro nelle piazze paesane, nei giochi a carte tra amici
attorno a una bottiglia di vino, poi nelle osterie e caffè, nelle
feste come nei funerali, fino alle bravate giovanili e agli charivari
di derisone. Tutti questi momenti insegna a guardarli nella loro
tendenza a politicizzarsi e a modificare le culture municipali
del Meridione francese, tra la metà del secolo XVIII e il secolo XIX.
Ne ha saputo trarre una storia sociale delle culture civili, con una
raffinata costante attenzione alle particolari forme di
comunicazione della politica.
Sistematizzata in modo compiuto l’analisi della sociabilità che
impronta la mentalità della borghesia europea del XIX secolo,
Agulhon lamenta di non essere giunto a risultati analoghi
nell’ambito che più lo interessa: la sociabilità popolare. In
realtà, alcuni suoi contributi sulle trasformazioni delle culture
popolari dal XVIII al XIX secolo sono particolarmente incisivi
e originali, anche rispetto agli studi paralleli dei colleghi
inglesi Eric Hobsbawm e Edward P. Thompson. Di straordinario
interesse a tale riguardo sono: Pénitents et francs-maçons de l’ancienne Provence: essai sur la sociabilité méridionale (1968), oltre a La République dans le village, ma anche i volumi sulla storia della Francia rurale e urbana a lui commissionati da Georges Duby.
In un articolo sulle «Annales», nel 1973 avvia gli studi sull’allegoria politico-civile di Marianne,
alla cui evoluzione dedicherà in seguito tre corposi volumi.
È stato l’analista metodico delle istituzioni repubblicane
e soprattutto delle loro simbologie, avviate con la rivoluzione
nel 1792, poi nelle elaborazioni successive, all’epoca della
Restaurazione e della monarchia di luglio, nelle tradizioni della
Seconda e della Terza Repubblica, fino alle riconfigurazioni delle
simbologie repubblicane nella Resistenza, poi durante e dopo l’era
di De Gaulle. Di quest’ultimo però non studia tanto gli atti
politici, ma le presenze simboliche che si sono fissate nella
cultura francese come luoghi della memoria. Suoi ultimi libri: Histoire et politique à gauche, Perrin, 2005 e Les mots de la République, Presses Universitaires du Mirail, 2008.
Il fatto che i suoi studi siano fortemente incentrati su
specifiche territorialità francesi ne ha ostacolato la
divulgazione all’estero attraverso traduzioni. I pochi suoi libri
pubblicati in Italia, vari anni dopo l’edizione francese, sono: La Francia della seconda repubblica, Editori riuniti, 1979; La Repubblica nel villaggio, Il Mulino, 1991; l salotto, il circolo e il caffè,
Donzelli, 1993. I suoi libri in lingua originale figurano
comunque in quasi tutte le biblioteche universitarie, data la
loro influenza sulla storiografia francese e occidentale. In
Italia la sua nozione di sociabilità è stata affinata dalle sue
allieve Maria Malatesta e Giuliana Gemelli (Forme di sociabilità nella storiografia francese contemporanea,
Feltrinelli, 1982) e la diffusione del suo metodo ha potuto
affermarsi grazie anche all’interesse per la storia italiana dei
suoi allievi francesi, a cominciare da Gilles Pécout e Philippe
Boutry, poi nei convegni promossi negli anni Novanta dall’École
Française di Roma. In particolare la rivista «Memoria e ricerca»
è attenta ai suoi interessi culturali e al suo metodo.
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