... Anche la nostrana vicenda del tormentato “centro” racconta qualcosa su questo. Come già anticipato e ricamato dai media, il prossimo sabato 18 gennaio a Milano e a Orvieto sono convocati due dibattiti paralleli e presuntamente convergenti, quello dei cattolici della “Comunità democratica”, special guest Ernesto Ruffini e Romano Prodi, e quello dei riformisti di Libertà Eguale, con Paolo Gentiloni. Al di là delle intenzioni di chi li ha convocati, riguardano entrambi il Pd.
Sono stati pensati autonomamente, anche se per ragioni più che altro promozionali vengono raccontati come incrociati: anzi gli organizzatori hanno voluto collegarli per rafforzare il peso specifico di ciascuno. Va aggiunto che in realtà i dibattiti in contemporanea sono addirittura tre: sempre il 18 gennaio a Brescia alcune eminenze della sinistra del Pd hanno convocato un dibattito titolato “Qualcosa di sinistra”, presenti i big Pier Luigi Bersani e Andrea Orlando. Al di là delle interpretazioni di stampa, favorite dagli organizzatori, la coincidenza delle date è casuale. L’appuntamento di Orvieto è annuale, ed è stato convocato mesi fa; quello dei “cattolici” di «dentro e fuori il Pd» è nato più di recente, e ha scelto il 18 gennaio perché è l’anniversario dell’“Appello ai liberi e forti” di Luigi Sturzo e della nascita del Partito popolare (nel 1919); e anche il convegno lombardo è stato ovviamente organizzato ben prima delle feste, ma in maniera del tutto autonoma, anche se ora viene presentato come la risposta di sinistra ai primi due.La trama reale è casuale, l’attesa che il prossimo sabato nasca una nuova cosa bianca si sgonfia. Vedremo. Ma questa vicenda racconta un’altra storia: e cioè che dentro il Pd, e dentro il centrosinistra, il bisogno di confronto c’è, ma non riesce a trovare una strada per esprimersi. Quindi fuoriesce.
Questo non riguarda solo i cattolici nel Pd, o i riformisti. Che il dibattito interno scarseggi, lo dimostrano le incertezze su alcuni dossier di cui le opposizioni si sono occupate nell’ultimo mese, prima della pausa festiva. Finite in pasticcetti. Per esempio il provvedimento SalvaMilano: a novembre il gruppo alla Camera l’ha votato insieme alla maggioranza, ma la discussione e l’approfondimento interno sono stati così scarsi che in pochi hanno saputo rispondere alle polemiche con le altre opposizioni e agli appelli della società civile.
Risultato: al Senato il voto dei dem cambierà di segno, almeno in un’astensione. Altro esempio: la prossima settimana arriverà in aula la discussione sul rapporto Draghi su cui il Pd non è unanime; senza una discussione in profondità (che è invece quella che hanno promosso gli organizzatori di Orvieto) in aula finiranno per risaltare molto di più le differenze a sinistra che quelle a destra.
Dirigenti renitenti
Insomma, dentro il Pd il confronto scarseggia, dunque il confronto si fa fuori dal Pd. E non è una buona notizia per Schlein, che rischia di apparire come un tappo al dibattito interno; né per il partito, che deve guardare a quello che succede fuori.
Va detto che la responsabilità non è della segretaria, almeno non solo. La “pax schleiniana” ormai siglata dalla minoranza interna, insieme a qualche opportunismo di chi sa che le liste delle politiche le farà la segretaria, hanno ormai ritrasformato gli organismi interni – direzione e assemblea nazionale – in messe cantate dove i big tacciono e le analisi diverse sono rappresentate per titoli, senza svolgimento.
Quello che filtra del dibattito della segreteria non è diverso. Ci sono le eccezioni: lo scorso dicembre Peppe Provenzano, responsabile Esteri, ha promosso un seminario a porte chiuse su “L’Europa nel mondo in fiamme”. È stata raccontata come l’occasione di due grandi ritorni al Nazareno, Romano Prodi e Massimo D’Alema, in realtà è stata l’occasione per un confronto dritto su tesi diverse anche nel Pd. Ma è stata un’iniziativa più unica che rara.
Il Nazareno nega ed esibisce ampio calendario di seminari su temi programmatici, dall’immigrazione in giù. Giusto domani ne è convocato uno sulla scuola pubblica. Ma appunto, l’Europa frana nel mondo in fiamme, Meloni guida il paese verso un filoatlantismo pericoloso, e la risposta sembra del nuovo Pd sembra quella di Moretti, «no, il dibattito no».
Nessun commento:
Posta un commento