Luca Bottura, E' un Berlusconi che non ce l'ha fatta, ora però un bel vaffa se lo merita lui, La Stampa, 14 novembre 2014
A lungo ho creduto che Beppe Grillo avesse
influenzato profondamente le quattro facezie che, per me o per gli
altri, ho compitato negli anni: "Fantastico", "Te la do io l'America",
il teatro "di denuncia"… Tutto molto divertente, energico, sincero. Poi
ho scoperto che non era lui. Che dovevo dire grazie ad Antonio Ricci,
Michele Serra, a Marco Morosini, gli autori che lo avevano instradato,
le diverse tappe: comicità, satira, ecologismo e neo-luddismo.
Poi
arrivò Casaleggio e la cosa, da divertente, si fece drammatica. L'ego
sconfinato di Grillo si combinò a quello del suo mentore, che voleva
diventare "patrone ti monto" e per farlo ventilava una guerra con
quattro miliardi di morti. Si specchiarono. Si amarono. Si
spalleggiarono. Pensavano entrambi che il popolo fosse composto da
fessi, che fossero sufficienti quattro slogan ripetuti per realizzare il
loro unico obiettivo: gloria, potere.
L'altra
sera, da Fabio Fazio, Grillo ha ammesso che non c'era alcun progetto.
Non c'erano risposte. Non esisteva il benché minimo orizzonte. E che ha
peggiorato il Paese. Si potrà obiettare (lui lo farebbe) che era
spettacolo, farsa, bugia. Ma spettacolo, farsa, bugia, è ciò che Grillo e
i suoi epigoni manettari, naturalmente mai con gli amici, hanno
miscelato alla politica, quella vera, in questi anni di cupio dissolvi
civile. E la politica, purtroppo, cambia realmente la vita delle
persone. E delle comunità. Anche devastandone i capisaldi.
Grillo
è un Berlusconi che non ce l'ha fatta: accentratore, malato di "vita",
mentitore, spregiudicato. Non a caso, Gianroberto Casaleggio veniva da
Forza Italia. Non a caso, ogni qual volta gli è toccato di andare a
soggetto, gli è uscito di tutto, sempre da destra, dacché ogni populismo
da là viene. Il sostegno a Casa Pound, le "botte" agli immigrati, gli
attacchi (ora) ai giudici. Tra Bersani e Salvini, scelse Salvini.
Poi,
la disinformazione. Casaleggio junior ha fatto sparire da tempo Le
Fucine, TzéTzé, e altri siti con cui macinava denaro all'ombra del
Movimento Cinque Stelle, con un volano poderoso: il Sacro Blog. Un
agglomerato di notizie grigie, gonfiate, spesso prese da siti
disinformativi russi come Sputnik. Un mosaico rancoroso che oggi si
ritrova tale e quale nei siti "fuori dal coro", una sentina che ha
devastato il livello dell'informazione italiana transumandola dal
tradizionale asservimento, tra l'altro non sempre, alla confusione
deliberata. Con un corollario pre-autoritario: la violenza verbale verso
i non allineati.
Grillo è stato
responsabile degli attacchi ai cameraman Rai che lo riprendevano, delle
gogne ai danni dei cronisti colpevoli di criticarlo (e delle croniste,
con che gioia), persino degli autori satirici. Grillo, e Casaleggio,
hanno creato coi mezzi dell'epoca – appunto il blog – ciò che Salvini,
Meloni, Renzi, avrebbero perfezionato: una Bestia di pessima
informazione, aggressiva, basata sul bastone, sulla dannazione, sulla
cacciata a furor di popolo dei non allineati. Interni, esterni. Mentre
si davano lezioni di democrazia e giornalismo agli altri.
In
questa malafede e nei suoi adepti c'è un'aggravante non da poco: l'aver
fatto propria, una volta andati al potere, la peggiore consorteria
partitica, la più disastrosa lottizzazione, la contrattazione del
singolo strapuntino. Chiunque abbia avuto a che fare coi Cinque Stelle
"di governo" – a parte lodevoli eccezioni, che resistono tuttora –
ricorda una gestione militare dei rapporti con la stampa, la fuga dalle
domande, le pagelle dei buoni e cattivi.
La
repubblica di Casalino, potentissima, che ancora oggi si sostanzia
nelle acque reflue del servizio pubblico: io ti voto il Cda, tu mi dai
qualcosa qua… eccetera.
E dire che
era tutto chiaro da subito, bastava voler vedere. Dal giorno in cui, a
Bologna, i nomi dei principali quotidiani italiani furono scanditi per
esporli al vaffanculo della piazza. La colpa: ricevere finanziamenti
pubblici. Delegittimarli significava "disintermediare", come diceva
Casaleggio. O disintermerdare, com'è accaduto. Sostituire le notizie con
la propaganda. Fuggendo, se necessario. Nel 2011, per farsi
intervistare, Grillo chiese 2.000 euro «da dare in beneficenza per gli
alluvionati liguri». Andai a vedere il bluff: li raccolsi, li versai, lo
aspettai in radio. Non venne: «L'iniziativa non è più attiva», mi
scrisse a trasmissione conclusa. Ma dai.
Oggi,
quando Giorgia Meloni fa passerella web a Palazzo Chigi saltando a piè
pari ogni confronto coi giornali, applica la "regola Grillo". Inoltre,
sulla spinta dell'indignazione ad minchiam, quella di un Paese in cui il
50% manco paga le tasse, i finanziamenti pubblici sono rimasti solo per
le "cooperative", quasi sempre fittizie, che magari schermano imperi
nel settore della Sanità o spiegano al mondo i totem del liberismo. Coi
soldi pubblici.
La cancellazione dei
sostegni all'informazione (che venivano anche hackerati, come tutto in
Italia, ma davano una mano al pluralismo) fa il paio con la diminuzione
di deputati e senatori: una trovata da repubblica delle banane che il Pd
sposò per ignavia, seminando il campo sul quale oggi Meloni sparge
concime col premierato. Grillo ha peggiorato anche l'opposizione, ha
dato a intendere a una parte del Paese che la sinistra fosse quella roba
lì: una giusta – ad esempio il reddito di cittadinanza – insieme a
cento sbagliate ma a furor di popolo. Manipolato. Anzi, peggio: in mezzo
a un nulla di slogan vuoti, di parole messe lì per far numero:
«Giuseppe Conte parlava difficile, non si capiva. L'ho scelto per
quello».
L'ultimo paradosso è che
l'autodafé di Grillo sia avvenuto anch'esso per promozione, in casa di
un conduttore che aveva insultato e irriso, da cui si è fatto agilmente
gestire come a suo tempo nel salotto di Bruno Vespa. Una passerella
mesta (al netto del colpaccio e del senso giornalistico) a caccia di un
pubblico per spettacoli sempre meno affollati, o di qualche lettore in
più per un blog che senza Casaleggio è defunto. Per raggranellare un po'
di attenzione ad anni luce dal successo di piazza da cui iniziò la
caduta: gli 800.000 (autocertificati) di piazza San Giovanni del 2013.
Un pubblico così, Grillo, non l'avrebbe mai più avuto. Il suo unico vero
programma era completato. Oggi – chapeau - ha il coraggio artistoide di
venire in tv a spiegarci che sì, ci aveva preso per i fondelli. Una
sincerità che merita adeguata risposta: Beppe, hai settant'anni. Adesso
vattene affanculo tu.
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