mercoledì 15 novembre 2023

L'autodafé di Grillo

 

 
Luca Bottura, E' un Berlusconi che non ce l'ha fatta, ora però un bel vaffa se lo merita lui, La Stampa, 14 novembre 2014
 
A lungo ho creduto che Beppe Grillo avesse influenzato profondamente le quattro facezie che, per me o per gli altri, ho compitato negli anni: "Fantastico", "Te la do io l'America", il teatro "di denuncia"… Tutto molto divertente, energico, sincero. Poi ho scoperto che non era lui. Che dovevo dire grazie ad Antonio Ricci, Michele Serra, a Marco Morosini, gli autori che lo avevano instradato, le diverse tappe: comicità, satira, ecologismo e neo-luddismo.
Poi arrivò Casaleggio e la cosa, da divertente, si fece drammatica. L'ego sconfinato di Grillo si combinò a quello del suo mentore, che voleva diventare "patrone ti monto" e per farlo ventilava una guerra con quattro miliardi di morti. Si specchiarono. Si amarono. Si spalleggiarono. Pensavano entrambi che il popolo fosse composto da fessi, che fossero sufficienti quattro slogan ripetuti per realizzare il loro unico obiettivo: gloria, potere.
L'altra sera, da Fabio Fazio, Grillo ha ammesso che non c'era alcun progetto. Non c'erano risposte. Non esisteva il benché minimo orizzonte. E che ha peggiorato il Paese. Si potrà obiettare (lui lo farebbe) che era spettacolo, farsa, bugia. Ma spettacolo, farsa, bugia, è ciò che Grillo e i suoi epigoni manettari, naturalmente mai con gli amici, hanno miscelato alla politica, quella vera, in questi anni di cupio dissolvi civile. E la politica, purtroppo, cambia realmente la vita delle persone. E delle comunità. Anche devastandone i capisaldi.
Grillo è un Berlusconi che non ce l'ha fatta: accentratore, malato di "vita", mentitore, spregiudicato. Non a caso, Gianroberto Casaleggio veniva da Forza Italia. Non a caso, ogni qual volta gli è toccato di andare a soggetto, gli è uscito di tutto, sempre da destra, dacché ogni populismo da là viene. Il sostegno a Casa Pound, le "botte" agli immigrati, gli attacchi (ora) ai giudici. Tra Bersani e Salvini, scelse Salvini.
Poi, la disinformazione. Casaleggio junior ha fatto sparire da tempo Le Fucine, TzéTzé, e altri siti con cui macinava denaro all'ombra del Movimento Cinque Stelle, con un volano poderoso: il Sacro Blog. Un agglomerato di notizie grigie, gonfiate, spesso prese da siti disinformativi russi come Sputnik. Un mosaico rancoroso che oggi si ritrova tale e quale nei siti "fuori dal coro", una sentina che ha devastato il livello dell'informazione italiana transumandola dal tradizionale asservimento, tra l'altro non sempre, alla confusione deliberata. Con un corollario pre-autoritario: la violenza verbale verso i non allineati.
Grillo è stato responsabile degli attacchi ai cameraman Rai che lo riprendevano, delle gogne ai danni dei cronisti colpevoli di criticarlo (e delle croniste, con che gioia), persino degli autori satirici. Grillo, e Casaleggio, hanno creato coi mezzi dell'epoca – appunto il blog – ciò che Salvini, Meloni, Renzi, avrebbero perfezionato: una Bestia di pessima informazione, aggressiva, basata sul bastone, sulla dannazione, sulla cacciata a furor di popolo dei non allineati. Interni, esterni. Mentre si davano lezioni di democrazia e giornalismo agli altri.
In questa malafede e nei suoi adepti c'è un'aggravante non da poco: l'aver fatto propria, una volta andati al potere, la peggiore consorteria partitica, la più disastrosa lottizzazione, la contrattazione del singolo strapuntino. Chiunque abbia avuto a che fare coi Cinque Stelle "di governo" – a parte lodevoli eccezioni, che resistono tuttora – ricorda una gestione militare dei rapporti con la stampa, la fuga dalle domande, le pagelle dei buoni e cattivi.
La repubblica di Casalino, potentissima, che ancora oggi si sostanzia nelle acque reflue del servizio pubblico: io ti voto il Cda, tu mi dai qualcosa qua… eccetera.
E dire che era tutto chiaro da subito, bastava voler vedere. Dal giorno in cui, a Bologna, i nomi dei principali quotidiani italiani furono scanditi per esporli al vaffanculo della piazza. La colpa: ricevere finanziamenti pubblici. Delegittimarli significava "disintermediare", come diceva Casaleggio. O disintermerdare, com'è accaduto. Sostituire le notizie con la propaganda. Fuggendo, se necessario. Nel 2011, per farsi intervistare, Grillo chiese 2.000 euro «da dare in beneficenza per gli alluvionati liguri». Andai a vedere il bluff: li raccolsi, li versai, lo aspettai in radio. Non venne: «L'iniziativa non è più attiva», mi scrisse a trasmissione conclusa. Ma dai.
Oggi, quando Giorgia Meloni fa passerella web a Palazzo Chigi saltando a piè pari ogni confronto coi giornali, applica la "regola Grillo". Inoltre, sulla spinta dell'indignazione ad minchiam, quella di un Paese in cui il 50% manco paga le tasse, i finanziamenti pubblici sono rimasti solo per le "cooperative", quasi sempre fittizie, che magari schermano imperi nel settore della Sanità o spiegano al mondo i totem del liberismo. Coi soldi pubblici.
La cancellazione dei sostegni all'informazione (che venivano anche hackerati, come tutto in Italia, ma davano una mano al pluralismo) fa il paio con la diminuzione di deputati e senatori: una trovata da repubblica delle banane che il Pd sposò per ignavia, seminando il campo sul quale oggi Meloni sparge concime col premierato. Grillo ha peggiorato anche l'opposizione, ha dato a intendere a una parte del Paese che la sinistra fosse quella roba lì: una giusta – ad esempio il reddito di cittadinanza – insieme a cento sbagliate ma a furor di popolo. Manipolato. Anzi, peggio: in mezzo a un nulla di slogan vuoti, di parole messe lì per far numero: «Giuseppe Conte parlava difficile, non si capiva. L'ho scelto per quello».
L'ultimo paradosso è che l'autodafé di Grillo sia avvenuto anch'esso per promozione, in casa di un conduttore che aveva insultato e irriso, da cui si è fatto agilmente gestire come a suo tempo nel salotto di Bruno Vespa. Una passerella mesta (al netto del colpaccio e del senso giornalistico) a caccia di un pubblico per spettacoli sempre meno affollati, o di qualche lettore in più per un blog che senza Casaleggio è defunto. Per raggranellare un po' di attenzione ad anni luce dal successo di piazza da cui iniziò la caduta: gli 800.000 (autocertificati) di piazza San Giovanni del 2013. Un pubblico così, Grillo, non l'avrebbe mai più avuto. Il suo unico vero programma era completato. Oggi – chapeau - ha il coraggio artistoide di venire in tv a spiegarci che sì, ci aveva preso per i fondelli. Una sincerità che merita adeguata risposta: Beppe, hai settant'anni. Adesso vattene affanculo tu.

 

 

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