Ritanna Armeni
Non stupitevi se la sinistra orfana del padre si accoccola su Francesco
Il Foglio quotidiano, 10 ottobre 2013
Dovete capirci, noi di sinistra, se ci piace Papa Francesco.
Non fate del sarcasmo, non diteci con ironica condiscendenza: “E che?
Ora sei diventato cattolico” quando diamo segnali di soddisfazione per
le parole del Pontefice. Dovete capirci, davvero. Ricordate quando
Francesco è stato eletto? Era il 13 marzo di quest’anno, in Italia
c’erano appena state le elezioni politiche e, mentre la sinistra dava
una delle peggiori prove di incertezza e inettitudine, la chiesa, che
aveva avuto lo choc delle dimissioni di Benedetto XVI, in quattro e
quattr’otto ha eletto un Papa che veniva dalla “fine del mondo”. Sapete,
malgrado tanti anni in cui anche noi siamo stati invischiati nel
pantano delle decisioni lente e burocratiche della gestione del governo e
dello stato, un po’ di sano gusto per l’efficienza ci è rimasto. E
quella elezione rapida da parte di una istituzione che era in crisi ci è
piaciuta. Sapete anche che abbiamo un passato terzomondista e quel capo
della chiesa che veniva dalla “fine del mondo” rinverdiva molti vecchi
sogni, ci faceva sperare in una nuova linfa vitale per la vecchia Europa
cristiana.
Ma queste sono state le prime reazioni, positive, ma limitate e, se volete, superficiali.
Poi c’è stato il seguito. Da tanto tempo noi di sinistra, non abbiamo
un padre o una madre. Qualcuno che ci dica con chiarezza e, magari anche
con qualche eccesso di semplificazione: questo è bene, questo è male,
questo si fa, questo non si fa. Presto probabilmente capo della sinistra
diventerà Matteo Renzi che – ammetterete – della figura paterna ha ben
poco. Al massimo somiglia a quegli amici dei nostri fratelli minori,
furbi e bricconcelli ai quali a nessuno di noi sarebbe venuto in testa
di chiedere consiglio sulle grandi domande della vita. Di una certa
autorevolezza sentiamo disperatamente bisogno. Di qualcuno che dica, per
esempio, “vergogna” di fronte alle morti nel Mediterraneo. Per anni in
molti – e non solo di sinistra – ricevevamo un pugno allo stomaco alla
notizia di quei barconi affondati, di quelle morti innocenti, ma si
doveva stare attenti a non dimostrarlo troppo altrimenti nel migliore
dei casi si era accusati di “buonismo” (ritenuto evidentemente di
caratura morale inferiore al “cattivismo”) e quindi di ignoranza delle
cose del mondo, di incompetenza sui flussi, sulle leggi, sulle
statistiche sulle compatibilità, sui pericoli per l’identità del paese
ecc. ecc.
Ci dovete capire. Quando il Papa, dopo aver abbracciato un
disoccupato e un cassintegrato, dice “Signore Gesù dacci lavoro e
insegnaci a lottare per il lavoro” abbiamo un sussulto, quasi
un momento di commozione. Davvero. La parola “lotta” l’avevamo
dimenticata, avevamo dimenticato che potesse avere un suono elevato,
nobile. In tanti l’hanno calpestata in questi anni, disprezzandola come
primitiva o usandola male, strumentalizzandola ai loro fini. Francesco
invoca Gesù perché sa che non si può avere un lavoro se qualcuno non ci
insegna anche come lottare per averlo. Ogni insegnamento, ogni regola,
ogni priorità sono andate evidentemente perdute. I sindacati, è chiaro,
hanno bisogno anche loro di qualche ripetizione. Come tanti di noi anche
il Papa pensa che si deve cominciare proprio tutto daccapo.
E allora, per favore, comprendeteci. Comprendete chi
per anni a sinistra, quando andava bene, ha sentito parlare di disagio
sociale, di crisi che ridimensiona i redditi e di soluzioni che alla
fine buttavano sempre ad aumentare quel disagio sociale e a
ridimensionare i redditi di chi aveva già poco. Poi abbiamo sentito un
Pontefice che vuole mettere al primo posto gli ultimi. Fino ad allora
nel dibattito pubblico erano apparsi lontani, lontanissimi, invisibili.
Le reazioni, infatti sono state di meraviglia e stupore. Le sue parole
sono suonate scandalose. Ma quello scandalo a noi è sembrato benefico.
Qualcuno finalmente squarciava un velo.
E poi di questo Papa ci è piaciuto anche qualcosa di meno nobile, ma di molto utile.
Una sorta di furbizia, qualcuno dice da parroco di campagna, che gli ha
fatto intuire immediatamente l’odio crescente nei confronti del
privilegio. Il Pontefice che porta la sua borsa da viaggio, il Papa che
telefona agli amici, il successore di Pietro che paga il conto in
albergo, il capo della chiesa che non abita negli appartamenti vaticani,
ma nel convento di Santa Marta. Non siamo così ingenui da pensare a
gesti che non siano ponderati e inviati come messaggi, ma ci siamo
chiesti perché tanti politici, anche di sinistra, non hanno sentito il
bisogno di mandare messaggi analoghi. Per furbizia, magari, se non per
convinzione. Ma quella furbizia avrebbe indicato una sintonia e un
rispetto, un senso dell’opportunità che ai nostri antichi padri e
antiche madri non mancava.
Ma la dottrina, direte, la dottrina? Quando questo
Papa parlerà di matrimonio gay, di aborto, divorzio, allora voi di
sinistra che direte? Sarete ancora così entusiasti, così “papisti”?
Probabilmente no. Probabilmente avremo molto da dire, da contestare, da
criticare. Per il momento abbiamo provato una certa consolazione quando
il Papa ha parlato degli omosessuali come “feriti sociali” e ha detto
che la chiesa è la casa di tutti, anche e soprattutto, degli irregolari.
E quando abbiamo constatato che dopo anni di affermazione di valori
“non negoziabili” questo Pontefice ci ha detto: “L’opinione della chiesa
su questi temi è nota e non c’è bisogno di parlarne sempre”. Per il
momento ci basta. E anche qui dovete capire: non ne potevamo più di
quella perdita di buon senso a cui sempre più spesso portano le
discussioni di dottrina. Non è inevitabile che sia così, ma così finora è
stato.
E allora per il momento attendiamo e pensiamo che non sarebbe male
cominciare a discuterne prima di litigare con la chiesa. E chissà perché
ci viene da pensare che, quando ne discuteremo con chi segue “la nota
dottrina”, troveremo orecchie più attente, una testa più aperta, e gli
steccati, anche quelli dei laici, potranno essere più fragili.
Sì, questo Papa ci piace. E chi alla chiesa ha
sempre creduto dovrebbe essere contento della possibilità di una nuova
fratellanza che si fonda su una fiducia reciproca. Di recente il mio
amico Fausto Bertinotti, anche lui “papista” convinto, mi ha passato un
numero del 2007 della rivista 30 giorni diretta da Giulio Andreotti.
Contiene una stupenda intervista a Papa Francesco allora cardinale di
Buenos Aires. Ne consiglio la lettura. Nell’intervista, nella quale con
assoluta coerenza c’è già tutto Francesco, il Papa parla fra l’altro
della necessità di “uscire dal recinto dell’orto dei propri
convincimenti considerati inamovibili se questi rischiano di diventare
un ostacolo, se chiudono l’orizzonte che è Dio”. “Questo vale anche per i
laici?”, chiede l’intervistatrice Stefania Falasca. E il cardinale
Bergoglio risponde: “La loro clericalizzazione è un problema. I preti
clericalizzano i laici e i laici ci pregano di essere clericalizzati… E’
proprio una complicità peccatrice”. E prosegue: “E pensare che potrebbe
bastare il solo battesimo. Penso a quelle comunità cristiane in
Giappone che erano rimaste senza sacerdoti per più di duecento anni.
Quando tornarono i missionari li trovarono tutti battezzati, tutti
validamente sposati per la chiesa, i loro defunti avevano avuto un
funerale cattolico. La fede era rimasta intatta per i doni di grazia che
avevano allietato la vita di questi laici che avevano ricevuto solo il
battesimo e avevano vissuto la loro missione apostolica in virtù del
loro battesimo. Non si deve aver paura di dipendere solo dalla Sua
tenerezza”.
Adesso è chiaro perché ci dovete capire? Perché
molti di noi di sinistra sono quelli che Karl Rahner definiva “cristiani
anonimi”, siamo fuori dal perimetro della chiesa, però ne possiamo
condividere idee e convinzioni. E questo – rassicuratevi – sempre per
dirla con Rahner “non rende superfluo il cristianesimo esplicito, anzi
lo reclama per la sua stessa essenza e per la sua specifica dinamica”.
Allora tranquilli. Niente di male se il Papa piace a sinistra. Se piace
ai laici, ai non credenti, agli atei e ai miscredenti. Abbiate un po’ di
comprensione. Anche noi abbiamo bisogno di un padre che abbia fiducia
in noi. Che poi sia santo, questo lo ammetto, è fatto che vi riguarda
quasi esclusivamente.
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