Roberto
D'Alimonte è un politologo di grande valore. E' comunemente ritenuto
il maggior esperto di sistemi elettorali che vi sia in Italia.
Nell'articolo qui riprodotto dice due cose importanti, a mio parere. E
le dice per tempo, perché il testo risale al 3 ottobre. La prima:
Berlusconi non è veramente uscito di scena e non ha ancora perso del
tutto la sua partita. La seconda: c'è poco da girare intorno al
problema, la sua soluzione passa per una sconfitta elettorale sul campo.
Una terza cosa, che viene, se non detta, suggerita è questa: la sinistra
non ha la garanzia della vittoria. (gc)
Roberto D'Alimonte
Si sgretolano i moderati
Il Sole 24 ore, 3 ottobre 2013
Berlusconi ha fatto una scommessa. Una delle tante che segnano la sua carriera di imprenditore e di politico. Con la caduta del governo Letta pensava di poter tornare alle urne in tempi rapidi e in questo modo rimescolare le carte.
Da molti punti di vista era una decisione azzardata. I rischi attesi erano superiori ai possibili guadagni. Ha sopravvalutato la probabilità di elezioni anticipate e ha sottovalutato le divisioni nel suo partito. E così ha perso. Ma nella sconfitta ha dimostrato una straordinaria lucidità. La decisione di votare la fiducia è stata un atto di razionalità politica. Persa la scommessa, restare fuori dal governo - e con le elezioni rinviate sine die - non solo avrebbe certificato platealmente la spaccatura del suo partito e un fatale indebolimento della sua leadership, ma si sarebbe anche privato della possibilità di influire sulle scelte politiche future. In primis, quella sulla riforma elettorale.
Ma la sconfitta resta e segna un'altra tappa della lunga agonia del
Cavaliere.
Il ventennio berlusconiano ha attraversato diverse fasi. Quella che
stiamo vivendo ora forse è l'ultima. Ma forse no. Nonostante tutto
Berlusconi potrebbe avere ancora delle carte da giocare. Dipende da lui e
dipende dai suoi avversari. Quante volte è stato dato per finito salvo
poi restare meravigliati dalla sua capacità di recupero? È successo nel
1994, nel 1996, nel 2001, a da ultimo nel 2013. In tutte queste
occasioni sembrava che il ciclo berlusconiano fosse arrivato alla fine e
invece in un modo o in un altro Berlusconi è sopravvissuto. È certo
però che quello che sta avvenendo in queste ore non può essere
sottovalutato. È una ulteriore manifestazione di un fenomeno che è
iniziato nel 2008 e che da allora è andato avanti lentamente ma
inesorabilmente: lo sgretolamento della destra italiana. Dopo aver
interessato uno a uno gli alleati storici del Cavaliere adesso il
fenomeno tocca direttamente il cuore stesso del blocco moderato.
Non era mai successo prima che il partito di Berlusconi perdesse
pezzi del suo nucleo originale, cioè pezzi di Forza Italia. Non si sa in
questo momento se il dissenso manifestato nei confronti della scelta di
aprire la crisi di governo si tradurrà in una vera e propria scissione.
L'ipotesi che i dissidenti formino gruppi parlamentari autonomi alla
Camera e al Senato è nell'aria ma non si è ancora tradotta in fatti
concreti. Forse il Cavaliere riuscirà a ricucire ponendosi al centro tra
i falchi e le colombe all'interno del suo partito. Ma è una partita
difficile. La sua decisione di qualche giorno fa di schierarsi con i
primi ne ha minato la credibilità come possibile mediatore, anche se la
mossa a sorpresa di votare la fiducia lascia la porta aperta alla
riappacificazione. In ogni caso sarebbe una operazione di corto respiro.
Sono troppo profonde le lacerazioni che minano la coesione del Pdl e
più in generale del fronte dei moderati. I nodi sono venuti al pettine.
L'unità della destra italiana è il pilastro su cui Berlusconi ha
fondato la sua strategia politica e ha costruito il suo successo. Ma
questa unità è cosa del passato. La destra di oggi è divisa in molti
tronconi. Prima l'uscita di Casini, poi quella di Fini e ora la rivolta
all'interno dello stesso Pdl hanno lasciato Berlusconi praticamente
solo. Parallelamente allo sgretolamento della coalizione dei moderati si
è assistito al declino dei consensi elettorali. Come si vede nel
grafico in pagina il Pdl ha toccato il suo minimo storico in termini di
voti proprio alle ultime elezioni. Ha meno voti di quanti ne aveva preso
Forza Italia nel 1994 e in percentuale solo uno 0,6 in più. Rispetto
alle elezioni del 2008 ha perso più di sei milioni di consensi. Lo
stesso trend ha subito lo schieramento di destra nel suo complesso.
Eppure lo abbiamo visto lo scorso febbraio, pur perdendo quasi otto
milioni di voti, la coalizione di Berlusconi è riuscita a impedire alla
sinistra di Bersani di vincere. Non è solo colpa del sistema elettorale
del Senato. Bersani ha vinto il premio di maggioranza alla Camera per
soli 125.000 voti.
Chi pensa che il voto di fiducia di ieri segni la fine politica del
Cavaliere rischia di illudersi. Solo una decisiva sconfitta elettorale
porrà fine al ciclo inaugurato da Berlusconi nell'ormai lontano 1994. Ma
per questo occorre che la sinistra trovi i voti che le mancano.
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