martedì 3 febbraio 2015

Hegel postmoderno. Pensiero senza prospettiva





Federico Vercellone
Hegel, la talpa non parla più alla civetta 
La Stampa 3 febbraio 2015
Quando Hegel afferma nei Lineamenti di filosofia del diritto che «la filosofia è il proprio tempo appreso nel pensiero» non si limita a proporre un ruolo egemone della filosofia nell’ambito del sapere, ma addirittura di riassumere nel proprio seno l’andamento stesso del mondo. Questo ruolo egemone viene assunto, secondo Hegel, dalla filosofia, e ciò significa che la filosofia stessa è responsabile nei confronti del proprio tempo, che l’astratto è ben più concreto di quel che erroneamente si ritiene. Questo può suonare molto eccentrico alle nostre orecchie abituate a pensare che la filosofia possa al massimo riflettere su quello che è o accade ma difficilmente influenzarlo.
Proprio su questi temi ritorna Remo Bodei riscrivendo il suo primo libro, Sistema ed epoca in Hegel, uscito nel 1975, ora ripubblicato, sempre da Il Mulino, in una nuova versione con il nuovo titolo La civetta e la talpa cui fa seguito, come sottotitolo, il titolo antico.
Che cosa significa per un filosofo e per un grande esegeta come Bodei riaggiustare la prospettiva su di un gigante come Hegel a distanza di quasi quarant’anni? Che aspetto assume il pensiero di Hegel dopo il tramonto del marxismo del quale, nella cultura filosofica del Novecento, le interpretazioni del pensiero hegeliano sono state molto spesso congiunte? Qual è il nuovo volto di Hegel dopo la caduta del Muro di Berlino, dopo il declino della cultura postmoderna dominata, fra l’altro, da una costellazione filosofica molto variegata che va da Deleuze, a Derrida a Martin Heidegger?
In questo importantissimo libro, che è ormai parte integrante della grande tradizione degli studi hegeliani italiani e insieme, dell’ermeneutica della cultura del nostro tempo, Bodei mostra, tra le altre cose, che l’epoca alla quale apparteniamo non è più in grado di mettere insieme la talpa del negativo hegeliano che scava e plasma la realtà con la civetta del pensiero che la organizza nel sistema del sapere speculativo. Nell’universo globalizzato l’inquietudine del pensiero non potrà maih più coniugarsi con lo sguardo panoramico che si appaga della propria riuscita costruzione. In questa lacerazione ci tocca vivere e pensare.

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