lunedì 17 febbraio 2014

Lettera a mio nonno

Caro nonno,
                 il 25 aprile si avvicina, e come ogni anno ripenso alla tua storia di operaio comunista, ai tuoi libri con il visto della censura carceraria che ancora abbiamo in casa, e a quello che è capitato poi nelle Valli di Lanzo. Mentre molti scappavano, tu sei andato lassù perché volevi fare "qualcosa di buono nella vita”, come hai scritto in una bellissima lettera alla nonna. E ci sei riuscito, perché per qualche mese quelle valli sono state un piccolo pezzo di libertà nell’Italia devastata dai tedeschi e dai fascisti, e qualcuno ancora si ricorda di te e della tua speranza di tornare un giorno a Torino  per costruire un mondo nuovo. 
Dicevi ai giovani garibaldini che sareste scesi in città di sabato. Ma quel sabato non l’hai visto, nonno, perché ti hanno fucilato prima. E oggi io sono qui a chiedermi che ne è stato del paese libero che tu e tanti altri ci  avete  regalato, e che avremmo dovuto conservare con la cura che si riserva alle cose preziose. 
La nostalgia non c’entra. Oggi sappiamo che  la realizzazione pratica del socialismo in un solo paese era costata troppe lacrime e troppo sangue per poterla considerare un valido modello. Ci consideriamo fortunati per essere nati al di qua del muro.  Possiamo permetterci di rileggere la storia ad uso e consumo delle nostre ben pasciute esistenze, con quel senno di poi che è un lusso permesso soltanto ai ricchi della Terra.   A me piace pensare che già allora  tu avessi qualche dubbio, visto che un solerte burocrate dell’apparato comunista aveva provveduto ad annotare sulla tua scheda, accanto agli elogi per l’ attività di comandante partigiano, un velenoso appunto sulla tua simpatia per  Trotsky, l’uomo che, dopo aver fatto la rivoluzione, era stato anche capace di vederne i limiti e i pericoli.  Ma la sostanza non cambia, nonno. E la sostanza è che nel momento decisivo, quando si trattava di scegliere da che parte stare, tu hai scelto, e hai scelto bene, perché dall’altra parte c’erano Hitler, Mussolini e quei “ragazzi di Salò” che piacciono tanto ad alcuni presunti saggi dell’attuale sinistra, ma non per questo erano meno efferati nel  deportare, nel torturare e nell’uccidere. 
A volte mi chiedo che cosa avrei fatto io al tuo posto. Se avrei avuto il tuo stesso coraggio. Se me la sarei sentita di abbandonare casa e famiglia  per salire in montagna a  combattere. E la risposta è sempre la stessa: non lo so, un po’ per colpa mia, e molto perché sono figlio di questa società, dove le alternative sembrano meno radicali e i contrasti, che pure esistono, meno violenti. Un paese dove la irresponsabilità è diventata sistema e nessuno paga per le sue scelte, anche quando sono ignobili. Un paese dove tutto è diventato spettacolo, i comportamenti non contano e le parole hanno perso il loro significato, tanto che siamo arrivati a chiamare la guerra “missione umanitaria”. Dunque non c’e’ da stupirsi se il palcoscenico appartiene ai guitti, a chi è in grado di ammaliare una opinione pubblica  sempre più frastornata e incapace di distinguere il bene dal male. 
Non eri andato oltre la scuola elementare, nonno, ma da autodidatta avevi scoperto i classici della letteratura, l’astronomia, la musica. L’avresti detto che nell’Italia del ventunesimo secolo due terzi dei cittadini non sarebbero stati  in grado di capire un semplice testo scritto? Ai tuoi tempi era anche peggio, però nella classe dirigente uscita dalla guerra, forgiata da anni di opposizione al fascismo e dai pericoli della clandestinità, non c’erano nani e ballerine. Lo sappiamo: qualcuno usava i dollari degli americani, qualche altro l’oro di Mosca. Ma alla fine tutti insieme, comunisti, democristiani, socialisti, azionisti, liberali, con la forza della passione e delle idee, seppero costruire un edificio comune che adesso  sta andando in frantumi sotto il peso degli interessi individuali, delle ambizioni personali, della volgarità e del profitto fine a se stesso. 
Per ricostruire quell’edificio, nonno, ci vorrebbe gente come te. Ma oggi, forse, non saresti persona gradita.
Battista, che porta con orgoglio il tuo nome.
 
Battista Gardoncini
Giornalista. Si occupa di scienza e di montagna. Ama i cani, la vela e gli scacchi. Gli piacciono le vecchie macchine fotografiche, e ha una passione non corrisposta per la politica

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