sabato 22 dicembre 2012

Cosa succede nella scuola italiana?


Mario Monti: “Sono pronto, assieme al ministro Profumo, ad ascoltare le istanze che vengono dal mondo della scuola, a patto che siano costruttive, disinteressate e senza corporativismi”
Pier Luigi Bersani: “Nella prossima legislatura, sulla scuola bisogna fare un discorso quasi costituente”; “Avremo fatto anche noi degli errori, ma prima di Berlinguer mi viene in mente la Gelmini”; “Non ci e' piaciuto veder dare schiaffoni alla scuola”.
Roberto Alesse, presidente dell'Autorità di garanzia sugli scioperi: “Il tasso di conflittualità nel settore della scuola e dell'istruzione è in grande aumento”.

Che la scuola sia da tempo oggetto di provvedimenti (e soprattutto di “ clamorosi annunci”) che sembrano sempre più ispirarsi esclusivamente alla pura logica di riduzione della spesa è ormai dato acquisito, anche se le dichiarazioni rese dall’attuale Ministro Profumo subito dopo il suo insediamento avevano acceso (almeno in chi scrive) qualche positiva aspettativa: “Bisogna convincersi che i soldi dedicati alla scuola non sono ‘spese’ ma ‘investimenti’”. Queste all’incirca le sue parole. E invece?
Un breve florilegio sulla recente e ultima polemica relativa all’orario dei docenti.


A) Il collegio dei docenti del Liceo delle scienze umane di Potenza disdice l'invito presso la Camera dei deputati previsto per il 18/12/2012
I motivi di tale disdetta:
1. Nessun docente è disponibile ad accompagnare gli studenti in una sede istituzionale deputata ad ospitare un organo di alta democrazia e che, invece, oggi non rappresenta né il popolo, né tantomeno il mondo della scuola.
2. Gli insegnanti sono stanchi di essere definiti “Fannulloni”, “ Difensori di interessi corporativi”,“Lavoratori a 18 ore settimanali”. Le ore di insegnamento non esauriscono il lavoro dei docenti! Nessuno quantifica il proprio impegno in termini economici, perché esso prescinde dal valore venale ed è sostenuto solo dalla passione e dal senso civico. Non esistono trasferte, rimborsi spese, buoni pasto per i docenti impegnati in: visite guidate, viaggi di istruzione, corsi di aggiornamento ( autofinanziati) e rientri pomeridiani .
3. In dieci anni di riforme, gli insegnanti sono stati sottoposti a pressioni psicologiche di ogni tipo, si cerca di far ricadere sulla scuola ogni sorta di male sociale a cui i docenti devono dare risposte in tempi sempre più ristretti e limitati. Nonostante il massimo impegno di tanti bravi Dirigenti, anche loro vittime di un sistema di tipo tayloristico, gli insegnanti rimangono l’unica categoria che si deve digitalizzare, ma a spese proprie! Come può il Parlamento varare la digitalizzazione se mancano i computer in ogni classe? Quale dipendente pubblico o privato deve dotarsi a proprie spese del materiale necessario per lo svolgimento del proprio lavoro?
4. La scuola pubblica italiana non riesce ad adeguarsi ai livelli degli altri Paesi europei perché le risorse economiche vengono continuamente depauperate da scelte dirette a potenziare solo “le lobby” politiche, trascurando il bene dell’intero Paese. La decisione di “dissanguare” la scuola pubblica per avvantaggiare quella privata, contravviene al dettato costituzionale che ammette sì l’esistenza di scuole private, ma senza oneri per lo Stato. Le scelte politiche assunte esprimono una volontà “conservatrice” che ha l’obiettivo di preservare un secolare legame tra poteri.
Per questi motivi il Collegio docenti, riunito in data 6 dicembre 2012, declina l’invito ed elabora e condivide il presente documento, il quale sarà trasmesso all’Ufficio competente della Camera e agli organi di stampa. Si precisa, altresì, che i motivi della protesta sono stati condivisi con genitori ed alunni.

B) Ufficio Stampa Anief 02/12/2012- Nella scuola nessun corporativismo, ma una richiesta all’unisono: cambiare il modo di gestire la res publica. Invece di inviare accuse irreali alla scuola, il Governo dei tecnici potrebbe lasciare un segno indelebile destinandogli i soldi delle accise sui carburanti o delle tasse turistiche. Ed in generale, rilanciando l’enorme patrimonio culturale dell’Italia.
Il presidente del Consiglio, Mario Monti, non può continuare a dichiarare pubblicamente che la scuola è protetta dal corporativismo e che è pronto ad “ascoltare le istanze del mondo della scuola a patto che siano fatte in maniera costruttiva e senza strumentalizzazioni”. L’Anief risponde a Monti dicendo che nella scuola non esiste alcun corporativismo, ma una sola voce che chiede un profondo cambiamento nel modo di gestire la res publica, la cosa pubblica.
Secondo il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, l’attuale capo del Governo “non dovrebbe dimenticare che è stato un docente anche lui. E anche per questo, l'essere considerato un esperto, è stato chiamato alla guida del Paese. Il problema è che le riforme da lui proposte hanno avuto il solo merito di essere state approvate con maggiore celerità dal Parlamento, senza alcun compromesso, e tuttavia rimangono ancorate alla vecchia filosofia dei tagli lineari e alla pericolosa deriva autoritaria della compressione di diritti inalienabili. Creati dalle democrazie moderne per tutelare il lavoro, la famiglia e la felicità esistenziale”.
Il sindacato non può rimanere inerme di fronte a questa cronica mancanza di sensibilità. Che da diversi anni sta sfiorando l’autolesionismo: come si può definire, del resto, l’azione degli ultimi Governi, che pur cambiando “pelle” continuano a voler risanare l'amministrazione vendendo i suoi servizi e i suoi preziosi beni immateriali? E soprattutto a licenziare i suoi professionisti dell’insegnamento?
Monti dovrebbe sapere – continua Pacifico - che da Platone in poi ai maestri è stato sempre affidato il compito del cambiamento e del buon governo attraverso l'esercizio della giustizia, che non può che essere in primo luogo sociale. Se veramente tenesse alle sorti dell’Italia, il presidente del Consiglio dovrebbe fare di tutto per aumentare almeno di un punto percentuale di Pil l'investimento sul settore dell'istruzione, dell'università e della ricerca”.
Non è vero che è impossibile raggiungere questo obiettivo prioritario, che allineerebbe l’Italia ai Paesi più avanzati dell’Ue e agli Stati Uniti: per il presidente Pacifico, “basterebbe prelevare i soldi dalle accise sui carburanti o dalle tasse turistiche. E più in generale, adottare un serio piano di riconversione della produzione economica-industriale intorno all’enorme patrimonio culturale dell’Italia. Che va valorizzato e non svenduto”.
Anief è convinta che “il prestigio goduto dal presidente Monti in Europa non può essere speso esclusivamente per tutelare interessi economici consolidati. Ma deve poter esser utile al cambiamento, verso un umanesimo che il mondo ci invidia e che ci ha riconosciuto nel recente nobel per la pace. Non vi è pace senza giustizia, e non vi è una società giusta senza cultura”, conclude Pacifico.

C) Associazione Genitori A.Ge. Toscana 23/11/2012 - Professori a 24 ore settimanali: un'occasione perduta, tanta retorica pelosa e qualche sincero dubbio sulla nostra classe politica, ecco il parere di noi genitori, che forse qualche colpa l'abbiamo, perché avremmo dovuto gridare allo scandalo per tempo.
Lavorare 24 ore settimanali a quanto pare è un insulto, almeno a quanto dichiarano alcuni insegnanti di scuola secondaria. Alcuni addirittura per protesta si sono astenuti dal ricevimento dei genitori, in piena violazione degli obblighi contrattuali e interrompendo di fatto un servizio dovuto. C'è da domandarsi cosa ne pensino gli insegnanti elementari, che da sempre lavorano 24 ore, oppure quelli di scuola materna, che di ore invece ne fanno 25. Sarebbe anche interessante sentire il parere del bidello, che lavora 36 ore settimanali e percepisce uno stipendio dimezzato rispetto a quello di un 'professore'.
Ma quello che è veramente istruttivo è scorrere il Bollettino delle Giunte e delle Commissioni Parlamentari (V-Bilancio, tesoro e programmazione) in data domenica 11 novembre 2012. In discussione le Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, ovvero la Legge di stabilità per il 2013. Il Ministro Francesco Profumo propone un emendamento per riportare a 18 le ore di lavoro settimanali dei professori, a fronte di tagli sul Fondo dell'istituzione scolastica e di altri finanziamenti destinati fra l'altro all'edilizia scolastica e alla sicurezza. Ecco i commenti dei nostri parlamentari:
Pier Paolo BARETTA (PD), relatore per il disegno di legge di stabilità, sottolinea l'importanza del presente dibattito, in cui si è conseguito l'obiettivo di evitare un doloroso intervento sull'incremento dell'orario di lavoro del personale docente.
Renato BRUNETTA (PdL), relatore per il disegno di legge di stabilità, si associa alle parole di soddisfazione espresse dal collega Baretta per il buon esito di questo delicato passaggio parlamentare, con cui si è scongiurato un inaccettabile intervento sui delicati meccanismi di funzionamento del sistema scolastico, non rispettoso della complessità degli impegni lavorativi in capo al corpo docente.
Il Ministro Francesco PROFUMO ringrazia i relatori e il Parlamento nel suo complesso per il ruolo svolto nella ricerca di soluzioni non lesive degli interessi degli studenti.
Ecco, proprio degli interessi degli studenti vorremmo parlare: e se quelle 6 ore in più fossero state dedicate all'aggiornamento professionale, alle ore di recupero per gli studenti in difficoltà e agli interventi di alfabetizzazione
degli alunni extracomunitari, non avremmo forse fatto veramente gli interessi degli studenti? oppure a laboratori, corsi di approfondimento e gite, che sembrano ormai un ricordo in tante scuole italiane.
Per non parlare dei 47,5 milioni di euro tolti dal Fondo dell'istituzione scolastica, proprio quello che finanzia i corsi di recupero e tutti gli altri interventi integrativi che di fatto garantiscono una maggiore qualità al servizio
scolastico. A dir poco un prezzo salato pagato da tutti noi per garantire i privilegi di una minoranza.
Ci dicano i politici cosa fanno gli insegnanti di medie e superiori nelle restanti 18 ore, quelle che NON trascorrono in classe, e poi ne riparliamo.

D) Prof.ssa Fiorella Re 20/11/2012- La categoria docenti (di cui faccio parte) deve rendersi conto che è necessario superare l’ambiguità del nostro orario di lavoro e i sindacati devono collaborare a presentarlo nel giusto modo.
Dobbiamo chiedere di fare 30 ore settimanali di cui il 50% di insegnamento frontale e l’altro 50% relativo alle attività richieste dalla nostra professione (programmazione, preparazione lezioni, correzione elaborati svolti dagli alunni, colloqui con le famiglie e gli studenti, consigli di classe, collegi docenti, riunioni di dipartimento, corsi di formazione).
La scuola dovrà provvedere a fornirci tutti gli strumenti per svolgere il nostro lavoro, quegli strumenti che attualmente sono a nostro intero carico (scrivania personale con relativo computer, software, stampante, inchiostro, carta, penne, per non parlare delle ore di riscaldamento, elettricità, acqua e altro che utilizziamo lavorando in casa)
Il lavoro subordinato o dipendente prevede che gli strumenti di lavoro vengano forniti dal datore di lavoro. Attualmente siamo noi che sovvenzioniamo la pubblica istruzione con moltissimi mezzi, utilizzati per lavorare, pagati personalmente con il nostro stipendio.
L’orario di 30 ore e non di 36, come nel restante comparto del pubblico impiego, ritengo sia relativo al particolare lavoro frontale con gli alunni, fare lezione in classi di 30 studenti presenta un carico emotivo, partecipativo, mentale e di interazione che non è riscontrabile in un normale lavoro amministrativo come quello svolto dagli altri dipendenti pubblici nei loro uffici, anche se aperti al pubblico. L’insegnante è un educatore, lavora con giovani in corso di formazione e non con semplici utenti.
La parte economica? Uno stipendio pari alla media europea (non certo quello dei paesi ad economia elevata) sarebbe il minimo compenso da accettare; personalmente, alle condizioni sopra indicate, non contrattabili, (15 ore di lezione frontale, 15 ore di lavoro complementare alla funzione docente, ogni strumento fornito dalla scuola pubblica), accetterei quello che ci viene pagato attualmente.
Affrontiamo con chiarezza questa ambiguità e risolviamola




E certo non finisce qui…

Francesco Scalambrino

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