mercoledì 31 agosto 2022
Gorbaciov, un messaggio per il futuro
martedì 30 agosto 2022
sabato 27 agosto 2022
Alla ricerca di un paesaggio perduto
giovedì 25 agosto 2022
Draghi, il discorso di Rimini
Grazie per la vostra accoglienza. Grazie per il calore di questo applauso. Mi chiedo se vado oltre la commozione. Questo vostro entusiasmo mi colpisce molto in profondo.
Parlerò soprattutto ai giovani in questo momento.
Voi vivete la politica come ideali da condividere, impegno sociale per
la loro affermazione e, soprattutto, la testimonianza di una vita
coerente con questi ideali.
Voi insieme riflettete, combattete, sperate, costruite.
Ecco perché questo vostro entusiasmo oggi e questa accoglienza mi colpiscono molto: voi siete la speranza della politica.
Presidente Scholz,
Direttore Forlani,
Signore Ministre,
Sindaco Sadegholvaad,
Prefetto Forlenza,
Autorità tutte,
Signore e signori,
È un grande, grandissimo piacere essere qui a Rimini con voi in questo ‘Meeting’.
Voglio ringraziare naturalmente, soprattutto il Presidente Scholz e il
Direttore Forlani, per l’invito. Lei, Presidente, ha ricordato il calore
della vostra accoglienza due anni fa qui a Rimini, e naturalmente lo
ricordo anche io, e lo ricordavo quando mi preparavo per questo
intervento.
Eravamo in una fase acuta e dolorosa della pandemia e qui però al
Meeting si provava già a riflettere su come ricostruire la nostra
società, la nostra economia dopo quel terribile trauma.
Nel mio intervento provai a disegnare una politica economica adatta a un momento così duro.
Parlai dell’assoluta necessità di sostenere le famiglie, le imprese, in
un periodo di recessione profonda, e dissi di tornare a una crescita
sostenibile e condivisa.
Parlai della distinzione tra “debito buono” e “debito cattivo”, ovvero
tra la spesa che permette a un’economia di rafforzarsi e quella per
interventi che non fanno crescere né la produzione né l’equità sociale;
dell’importanza di sostenere i più deboli e i più giovani.
Queste idee hanno ispirato l’azione del governo di unità nazionale che
il Presidente della Repubblica mi ha poi chiesto di guidare, qualche
mese dopo, per rispondere alle crisi che stavamo attraversando.
Adesso come allora, il Meeting è un’occasione unica per guardare avanti, con immaginazione e anche con pragmatismo.
Per ragionare sul Paese che siamo, su quello che vogliamo diventare.
Anche oggi ci troviamo in un momento estremamente complesso, per l’Italia e per l’Europa.
Il quadro geopolitico è in rapida trasformazione, con il ritorno della
guerra sul nostro continente, le tensioni nello stretto di Taiwan.
La congiuntura economica è segnata da profonda incertezza:
il notevole aumento del tasso d’inflazione è partito dal costo
dell’energia, si è trasmesso ai beni alimentari, e oggi pesa in modo
molto gravoso sui bilanci delle famiglie e delle imprese;
il rallentamento della crescita globale si ripercuote negativamente sulle esportazioni;
le condizioni di accesso al credito cominciano a peggiorare, questo avrà sicuramente effetti sugli investimenti.
I cambiamenti climatici si manifestano in modo minaccioso e richiedono una risposta decisa e urgente.
Fenomeni meteorologici estremi sono sempre più comuni, con conseguenze spesso tragiche.
Penso al dramma della siccità, che ha colpito in particolare il bacino
del Po; allo scioglimento dei ghiacciai come quello della Marmolada; ai
violenti nubifragi.
Queste crisi – geopolitiche, economiche, ambientali – hanno origini che sono spesso fuori dai confini del nostro Paese.
Ma spetta a chi ha responsabilità di governo dire la verità e, allo
stesso tempo, rassicurare i cittadini con risposte chiare e concrete.
Le sfide sono molte, e di non facile soluzione: come continuare a
diversificare gli approvvigionamenti energetici e calmierare le bollette
per famiglie e imprese; come accelerare sulla strada delle energie
rinnovabili per combattere il cambiamento climatico; come mantenere il
giusto impulso nelle riforme e negli investimenti, per
preservare la crescita, la stabilità dei conti pubblici, l’equità; come
continuare ad assicurare all’Italia un ruolo da protagonista nel
mondo, all’interno dell’Unione Europea e del legame transatlantico.
Queste questioni, nel loro insieme, presentano un passaggio storico
drammatico, che deve essere affrontato con profondità di analisi e
coraggio di azione.
Le decisioni che prendiamo oggi sono destinate a segnare a lungo il futuro dell’Italia.
Nel febbraio dello scorso anno, quando è iniziata l’esperienza
dell’esecutivo, eravamo in un contesto diverso da quello attuale, ma
altrettanto difficile.
La pandemia sembrava essere fuori controllo e - come avevamo osservato
proprio qui al Meeting - generava in noi un’incertezza paralizzante.
L’occupazione delle terapie intensive era a un livello critico, mentre
le vaccinazioni progredivano lentamente, tra difficoltà di
approvvigionamento e di distribuzione.
Il bollettino di deceduti e malati di Covid-19 restituiva ogni giorno un quadro tragico.
Le scuole erano spesso chiuse e la didattica a distanza non riusciva a
rappresentare un’alternativa valida ed equa all’insegnamento in
presenza.
L’economia faceva fatica a uscire dalla più grave contrazione dal
dopoguerra, con imprese e lavoratori che soffrivano per le conseguenze
delle pur necessarie misure di contenimento dell’epidemia, per il crollo
dell’attività.
In Italia e all’estero c’era scetticismo rispetto alla nostra capacità
di presentare e iniziare ad attuare un Piano valido per riformare la
nostra economia e spendere bene i fondi che ci erano stati assegnati con
il Next Generation EU.
Sembravamo avviati verso una ripresa lenta e incerta.
A diciotto mesi di distanza, possiamo dire che non è andata così.
Gli italiani hanno reagito con coraggio e concretezza, come spesso hanno
fatto nei momenti più difficili, e hanno riscritto una storia che
sembrava già decisa.
Insieme, abbiamo dimostrato ancora una volta che l’Italia è un grande
Paese, che ha tutto quello che serve per superare le difficoltà che la
storia ci mette di nuovo davanti.
Il governo ha fatto del proprio meglio:
per rispondere con prontezza alle esigenze degli italiani;
per compiere tutte le scelte necessarie con indipendenza di giudizio;
per mantenere alta la credibilità di fronte ai cittadini e ai partner internazionali;
e per cercare sempre l’unità di intenti, il dialogo, la coesione sociale.
Questo è stato il nostro metodo di lavoro.
Tra poche settimane gli italiani sceglieranno la composizione del
nuovo Parlamento, che darà la fiducia a un nuovo governo, sulla base di
un nuovo programma.
A questo proposito: invito tutti ad andare a votare.
Voglio ringraziare tutti i ministri, tecnici e politici, per la
dedizione e le competenze che hanno messo al servizio dell’Italia.
Nei mesi che abbiamo avuto a disposizione, abbiamo gestito le emergenze
che si sono presentate e cominciato a disegnare un Paese più forte,
equo, moderno.
Molto però resta da fare, in un contesto che, come ho accennato, è ostico e non consente soste.
Guidare l’Italia è un onore per cui sono grato al Presidente Mattarella,
al Parlamento, alle forze politiche che ci hanno sostenuto, a tutti gli
italiani che come voi mi hanno accompagnato con il loro affetto.
Mi auguro che chiunque avrà il privilegio di farlo, di guidare il Paese,
saprà preservare lo spirito repubblicano che ha animato dall’inizio il
nostro esecutivo.
Sono convinto che il prossimo governo, qualunque sia il suo colore
politico, riuscirà a superare quelle difficoltà che oggi appaiono
insormontabili – come le abbiamo superate noi l’anno scorso.
L’Italia ce la farà, anche questa volta.
Soprattutto nei momenti di crisi, l’azione di governo dev’essere rapida, convinta.
Mancano pochi giorni all’inizio dell’anno scolastico e voglio ricordare
come la riapertura delle scuole sia stato uno dei nostri principali
obiettivi sin dall’inizio della campagna vaccinale.
Avremmo potuto aspettare il superamento di una soglia di vaccinazione
più alta nella popolazione, l’eliminazione di tutte le restrizioni delle
attività commerciali prima di riaprire le scuole.
Ma non sarebbe stato giusto, soprattutto nei confronti dei giovani che
avevano dovuto rinunciare a lungo alla didattica in presenza.
Abbiamo scelto di riaprire appena è stato possibile.
Lo abbiamo fatto consci del ‘rischio calcolato’ a cui andavamo incontro,
nonostante le molte voci scettiche che ci davano degli irresponsabili.
Il risultato ci ha premiati: gli studenti sono tornati tra i banchi, le
scuole sono restate aperte, la pandemia e la pressione sugli ospedali
sono rimaste sotto controllo.
Il governo aveva semplicemente valutato correttamente l’impatto delle
vaccinazioni. Ma ha poi scelto nel suo insieme con coraggio e senso di
responsabilità.
Anche la crisi energetica dovuta all’invasione russa dell’Ucraina ha richiesto rapidità d’azione.
In pochi mesi, abbiamo ridotto in modo significativo le importazioni di
gas dalla Russia, un cambio radicale nella politica energetica italiana.
Abbiamo stretto nuovi accordi per aumentare le forniture – dall’Algeria all’Azerbaigian.
Gli effetti sono stati immediati: l’anno scorso, circa il 40% delle nostre importazioni di gas è venuto dalla Russia.
Oggi, in media, è circa la metà.
Abbiamo accelerato lo sviluppo delle rinnovabili – essenziali per
ridurre la nostra vulnerabilità energetica, per abbattere le emissioni.
Nei soli primi otto mesi di quest’anno ci sono state richieste di nuovi
allacciamenti ad impianti di energia rinnovabile per una potenza pari a
quasi quattro volte quella istallata complessivamente nel 2020 e nel
2021.
La nostra agenda di diversificazione dal gas russo è stata fondamentale
per dare a cittadini e imprese maggiore certezza circa la stabilità
delle forniture.
Se sarà realizzata nei tempi previsti l’istallazione di due nuovi
rigassificatori, l’Italia sarà in grado di diventare completamente
indipendente dal gas russo a partire dall’autunno del 2024.
È un obiettivo fondamentale per la sicurezza nazionale, perché la Russia
non ha esitato a usare il gas come arma geopolitica contro l’Ucraina e i
suoi alleati europei.
Si parla molto di sovranità, ma dipendere, come è accaduto in passato,
per quasi metà delle proprie forniture di gas da un Paese che non ha mai
smesso di inseguire il suo passato imperiale è l’esatto contrario della
sovranità.
Non deve accadere mai più.
I risultati dei nostri sforzi sono già visibili.
A differenza di altri Paesi europei, le forniture di gas russo in Italia
sono sempre meno significative, e una loro eventuale interruzione
avrebbe un impatto minore di quanto avrebbe avuto in passato.
Il livello di riempimento degli stoccaggi ha ormai toccato l’80%, in linea con l’obiettivo di raggiungere il 90% entro ottobre.
Il governo ha predisposto i necessari piani di risparmio del gas, con
intensità crescente a seconda della quantità di gas che potrebbe venire
eventualmente mancare. Ma avete sentito il ministro Cingolani e cosa
preveda per quanto riguarda il risparmio energetico.
Il mantenimento dei volumi delle forniture di gas non impedisce però
l’aumento dei costi, che hanno raggiunto livelli insostenibili.
Il prezzo del gas sul mercato di riferimento è da diversi giorni
largamente sopra i 200 euro per MWh, con picchi poco sotto i 300 euro -
più di dieci volte il valore storico.
Il governo italiano ha spinto molto a livello europeo per avere un tetto massimo al prezzo del gas russo che importiamo.
Alcuni Paesi continuano a opporsi a questa idea, perché temono che Mosca
possa interrompere le forniture. Però i frequenti blocchi nelle
forniture di gas russo avvenuti quest’estate hanno dimostrato i limiti
di questa posizione.
Oggi l’Europa, e soprattutto questi Paesi più di noi, si trova con forniture incerte di gas russo e anche prezzi esorbitanti.
La Commissione è al lavoro su una proposta per introdurre un tetto al
prezzo del gas, che sarà presentata al prossimo Consiglio Europeo. Non
so quale esito avrà perché – come dico. le posizioni sono molto diverse.
Ma la Commissione presenterà anche una riflessione su come slegare il
costo dell’energia elettrica dal costo del gas.
Questo legame che c’è tra il costo dell’energia elettrica prodotta con
le rinnovabili, e quindi acqua, sole, vento, e il prezzo massimo del gas
ogni giorno è un legame che non ha più senso. I produttori di energia
rinnovabili in un mondo dominato dalla produzione di gas potevano aver
bisogno di essere sussidiati e lo sono stati, e lo sono molto anche
oggi. Ma oggi non ha più senso che il prezzo dell’energia elettrica sia
legato al prezzo massimo del gas e i produttori di energia rinnovabili
sono quelli che oggi hanno conseguito i profitti più alti.
Comunque, qualunque sia la nostra idea sul futuro noi avremo questa
discussione al Consiglio Europeo e su questa riflessione della
Commissione immagino ci sia molto più accordo e molto più sostegno da
parte di tutti i paesi.
Detto questo, in questa fase del ciclo economico, però, era giusto dare e
non prendere, e così abbiamo fatto. Il governo non ha mai aumentato le
tasse – con la sola eccezione delle
tasse sugli extraprofitti delle imprese del settore energetico.
Queste aziende, come dicevo ora per i produttori di rinnovabili e per
altri comparti, hanno registrato utili senza precedenti solo a causa
dell’aumento dei prezzi dei combustibili fossili – un aumento che, allo
stesso tempo, penalizza la maggioranza di cittadini e le imprese.
È stato giusto chiedere alle imprese del settore energetico di
contribuire di più – ed è essenziale che lo facciano, invece di
rimandare o addirittura evitare di pagare quanto gli viene chiesto.
Per le altre aziende e per i cittadini, il governo ha iniziato un
percorso di riduzione delle tasse, per quanto compatibile con
l’equilibrio di bilancio e con il tempo che ci è stato dato.
Mi riferisco all’abbattimento dell’IVA sulle bollette, alla revisione
dell’IRPEF, alla riduzione del cuneo fiscale. L’obiettivo è stato quello
di iniziare a rendere il fisco più leggero, e allo stesso tempo più
equo.
Eliminare ingiustizie e opacità non vuol dire aumentare le tasse.
Questo è lo scopo della riforma del catasto: aumentare la trasparenza
sui valori delle abitazioni, far emergere le cosiddette “case fantasma”,
su cui i proprietari non pagano nulla o meno di quanto dovuto.
Abbiamo avviato la riforma della riscossione e ci siamo impegnati perché
non ci fossero nuovi condoni prima del suo completamento.
L’evasione fiscale non deve essere né tollerata né incoraggiata.
Quest’agenda di politica economica ha avuto chiaramente un impatto
positivo sulla crescita. Il prodotto interno lordo è aumentato del 6,6%
lo scorso anno e la crescita acquisita per quest’anno è già del 3,4%.
Siamo tornati ai livelli di PIL che registravamo prima della pandemia in
anticipo rispetto alle stime della Commissione Europea.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale cresceremo più di Francia,
Germania e della zona euro nel suo complesso. Anche il tasso di
occupazione è cresciuto e ha toccato i livelli più alti dal 1977, che è
l’inizio delle serie storiche. A giugno di quest’anno c’erano 900mila
occupati in più rispetto a
febbraio del 2021 di cui quasi il 40% con contratti a tempo
indeterminato.
Il mercato del lavoro italiano continua però a essere caratterizzato da
stipendi bassi e precarietà diffusa, soprattutto tra i giovani. La
pandemia e il ritorno dell’inflazione hanno colpito in modo
particolarmente severo i più deboli.
Tuttavia, l’aumento dei posti di lavoro, il taglio delle tasse per le
famiglie, le corpose misure di sostegno hanno permesso di frenare
l’aumento delle diseguaglianze.
Il governo si è mosso in modo particolare per sostenere le famiglie.
Con la riforma dell’IRPEF e l’assegno unico per i figli abbiamo
stanziato a regime quasi 14 miliardi in più per le famiglie,
riorganizzato e semplificato i benefici fiscali.
Abbiamo aumentato la durata del congedo parentale, esteso il diritto
all’indennità di maternità a nuove categorie di lavoratrici, riformato
l’assistenza ai non autosufficienti.
Abbiamo consentito a decine di migliaia di giovani con meno di 36 anni
di acquistare una casa con tasse ridotte e mutui garantiti dallo stato.
Nella seconda metà dello scorso anno, le richieste di mutuo degli under-36 sono cresciute del 54% rispetto a un anno prima.
Questa è stata la nostra agenda sociale: crescita, occupazione, dare
agli anziani dignità nella vecchiaia, ai giovani fiducia e mezzi per
raggiungere i propri obiettivi.
Quest’anno, aiuti e sostegni a famiglie e imprese non hanno avuto bisogno di alcuno scostamento di bilancio.
Abbiamo confermato i nostri obiettivi di indebitamento.
Il debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo è sceso di 4,5
punti percentuali nel 2021 e il governo prevede continui a calare anche
quest’anno di altri 3,8 punti percentuali.
Il rapporto debito/PIL resta a livelli molto alti, ma se queste
previsioni dovessero confermarsi, si tratterebbe del maggior calo in
termini assoluti in un biennio a partire dal dopoguerra.
Il miglioramento dei conti pubblici non dipende soltanto dalla presenza di una fase economica espansiva.
Mai negli ultimi venti anni in Italia l’uscita da una recessione era
stata accompagnata da una riduzione significativa nel rapporto
debito/PIL.
E se è vero che l’inflazione contribuisce alla riduzione del rapporto
debito/PIL, non è sufficiente a spiegarla, poiché anche i confronti tra
l’Italia e gli altri Paesi europei ci sono favorevoli.
Si prevede che il rapporto tra debito e PIL in Francia e Germania alla
fine di quest’anno sarà prossimo al livello del 2020, a fronte invece
del forte calo in Italia.
L’economia internazionale è ora in forte peggioramento e questo peggioramento ha iniziato a colpire il nostro Paese.
La politica economica che abbiamo seguito in questi mesi ci mette però
su basi solide, e mostra un possibile percorso da seguire.
Crescita economica, giustizia sociale, sostenibilità dei conti pubblici
sono pienamente compatibili fra loro, e possono rafforzarsi a vicenda.
La credibilità dell’azione di ogni governo sta anche nella risposta che riceve dai cittadini.
Penso alla campagna vaccinale, uno sforzo logistico imponente per cui
ringrazio ancora una volta il personale sanitario, l’esercito, la
Protezione Civile, i volontari.
Ci siamo posti obbiettivi ambiziosi e abbiamo dato priorità ai più
anziani e ai fragili, secondo il principio della vulnerabilità – l’unico
eticamente corretto.
Davanti alla serietà delle istituzioni, gli italiani hanno reagito con
senso di responsabilità e spirito civico davvero eccezionali.
In soli sei mesi, tra febbraio e agosto 2021, 38 milioni di persone hanno ricevuto la prima dose.
Ricordo con piacere le parole di elogio verso il nostro Paese del
Cancelliere tedesco Olaf Scholz durante la sua prima visita a Roma.
La credibilità interna deve andare di pari passo con la credibilità internazionale.
Questa è fondamentale perché l’Italia abbia un peso in Europa e nel
mondo coerente con la sua storia, con le aspettative dei suoi cittadini.
L’Italia è un Paese fondatore dell’Unione Europea, protagonista del G7 e della NATO.
Il nostro debito pubblico – tra i più alti del mondo – è detenuto per oltre il 25% da investitori esteri.
Migliaia di aziende straniere si riforniscono dalle nostre imprese,
fanno i loro ordini o impiegano i loro capitali in Italia e
contribuiscono alla crescita, all’occupazione, al bilancio pubblico.
È per questi motivi che protezionismo e isolazionismo non coincidono con il nostro interesse nazionale.
Dalle illusioni autarchiche del secolo scorso alle pulsioni sovraniste
che recentemente spingevano a lasciare l’euro, l’Italia non è mai stata
forte quando ha deciso di fare da sola.
Il posto dell’Italia è al centro dell’Unione Europea e ancorato al
Patto Atlantico, ai valori di democrazia, libertà, progresso sociale e
civile che sono nella storia della nostra Repubblica.
È con questa visione che i nostri padri, i nonni hanno ricostruito
l’Italia e reso la sua economia una delle più dinamiche del mondo, con
uno degli stati sociali più generosi.
È grazie alla nostra appartenenza al mercato unico che siamo riusciti a
costruire su queste basi un’economia con forti tutele per lavoratori e
consumatori.
Ed è grazie alla partecipazione dell’Italia da Paese fondatore se l’Europa è diventata un’Unione di pace e di progresso.
L’Italia ha bisogno di un’Europa forte tanto quanto l’Europa ha bisogno di un’Italia forte.
In questi mesi non abbiamo mai rinunciato alle nostre proposte – dal
miglioramento degli approvvigionamenti di vaccini, al tetto al prezzo
del gas importato dalla Russia, all’allargamento dell’Unione Europea
all’Ucraina.
Lo scorso dicembre, insieme al Presidente della Repubblica francese,
Emmanuel Macron, abbiamo descritto i principi che secondo noi dovrebbero
essere alla base delle nuove regole europee di bilancio.
Quelle attuali sono poco credibili, poco trasparenti e non permettono di
utilizzare la politica di bilancio in modo efficace durante una
recessione.
Inoltre, non è chiaro come le ambizioni dell’Unione Europea in termini
di politica industriale, transizione ecologica, difesa comune possano
essere compatibili con queste regole.
Non è chiaro come, con esse, si possa costruire una “sovranità europea”,
un obiettivo oggi particolarmente importante alla luce delle condizioni
geopolitiche in Europa.
Il governo italiano ha spiegato le proprie posizioni, cercato alleanze,
provato a guidare l’Unione verso risultati che sarebbero nell’interesse
di tutti.
Sulle regole di bilancio, guarderemo con grande interesse alla proposta
della Commissione Europea e ci auguriamo possa essere un buon
compromesso tra le varie posizioni in campo.
L’Italia sa essere un Paese autorevole ed è con l’autorevolezza che viene il rispetto degli altri.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è una prova essenziale della nostra credibilità.
I nostri partner europei si sono impegnati a tassare in futuro i propri
cittadini per permettere oggi all’Italia di riprendersi più velocemente
dalla crisi pandemica, di modernizzare la sua struttura produttiva.
La maggioranza degli italiani si aspetta da tempo riforme e investimenti
che rendano l’economia più efficiente, equa, sostenibile, che mettano
al centro del Paese il Sud, i giovani, le donne.
Questo spirito anima e ha animato le politiche che abbiamo messo in
campo – dalla concorrenza, alla corposa agenda di semplificazioni, alla
giustizia.
Questo spirito guida gli investimenti che abbiamo avviato, dagli asili nido, alle ferrovie, al miglioramento della rete idrica.
L’erogazione dei finanziamenti del PNRR – pari a 191,5 miliardi di euro –
dipende dalla valutazione che la Commissione Europea fa del Piano e
della sua attuazione.
Dipende, quindi, dalla nostra capacità di realizzare le politiche
innovative che abbiamo ideato nei tempi stabiliti – come abbiamo fatto
sinora.
Abbiamo conseguito tutti gli obiettivi previsti dalle prime due scadenze
del piano, e siamo al lavoro per raggiungerne il più alto numero
possibile prima del cambio di governo.
L’invasione russa dell’Ucraina ha trovato un’Italia che ha definito
con chiarezza la propria posizione: al fianco del popolo ucraino, del
suo diritto a difendersi e decidere del proprio destino.
È una posizione che abbiamo concordato con gli altri membri dell’Unione Europea e i nostri alleati.
È una posizione che è stata sostenuta con convinzione dal Parlamento –
sia dalla maggioranza sia dal principale partito di opposizione.
Ed è una posizione che ha incrociato il grande senso di solidarietà
degli italiani, con la loro commovente accoglienza dei profughi nelle
case, nelle scuole, nelle parrocchie.
Voglio ancora una volta ringraziare le famiglie, il terzo settore, gli
insegnanti, per questo sforzo collettivo di generosità e di
organizzazione.
L’Ucraina è un Paese libero, sovrano, democratico, che è stato brutalmente attaccato dalla Russia.
Non possiamo dirci europei se non siamo pronti a difendere la dignità dell’Ucraina e dell’Europa.
Allo stesso tempo, dobbiamo essere pronti a cogliere le opportunità per raggiungere una pace che sia duratura e sostenibile.
Non c’è alcuna contraddizione tra la ricerca della pace, il sostegno
all’Ucraina, l’attuazione di sanzioni efficaci contro la Russia.
L’Italia si è impegnata da subito perché si arrivasse allo sblocco di
milioni di tonnellate di cereali bloccate nei porti del Mar Nero.
Questo successo diplomatico – merito della mediazione della Turchia e
delle Nazioni Unite – limita il rischio di una catastrofe alimentare in
molti dei Paesi più poveri del mondo.
Può inoltre costituire una prima opportunità di dialogo tra le parti. E
speravo fino a ieri che la decisione di permettere l’accesso della
centrale nucleare di Zaporizhzhia a ispettori dell’Onu fosse un altro di
questi segni.
Purtroppo stanotte missili russi hanno bombardato la zona intorno alla
centrale e quindi non posso che associarmi alle parole del Santo Padre
perché si eviti un disastro nucleare.
In ogni caso, in questa ricerca della pace è essenziale che le promesse
siano sincere, che siano seguite da azioni concrete e che, soprattutto,
sia l’Ucraina a decidere quali termini di pace siano accettabili.
La nostra credibilità – interna ed esterna – ha molto beneficiato
della coesione che tutti abbiamo saputo mostrare di fronte alle
avversità.
Questa coesione è stata in parte il prodotto dell’unità nazionale, che
ha visto – almeno per un po’ - i partiti mettere da parte le proprie
differenze per trovare punti d’incontro nell’interesse degli italiani.
Terminata l’esperienza dell’unità nazionale, questa coesione avrà naturalmente una declinazione diversa.
Il dialogo fra le forze politiche è necessario anche nel confronto e nello scontro tra posizioni diverse:
la coesione si dovrà ritrovare nel sentire comune di tutti i
protagonisti, nel loro senso di appartenenza agli stessi ideali propri
della nostra Repubblica e della nostra Unione Europea.
Ma questa coesione è stata anche il prodotto di un’interazione costante
con tutte le forze sociali e le istituzioni impegnate nella vita del
Paese.
Nelle parole di Vaclav Havel, “libertà e democrazia richiedono partecipazione e pertanto responsabilità da tutti noi”.
Il confronto con i sindacati e le parti sociali è stato particolarmente
importante, perché buone relazioni industriali sono fondamentali per la
crescita sociale ed economica del Paese.
Il governo lo ha cercato con costanza e convinzione – dalla gestione
della pandemia, all’impegno contro le morti sul lavoro, alla stesura dei
provvedimenti contro il carovita.
Altrettanto essenziale è stata la collaborazione con gli enti
territoriali, che hanno avuto e continueranno ad avere un ruolo centrale
nell’attuazione del PNRR.
In particolare, vorrei ringraziare i sindaci per l’impegno paziente e
fattivo a favore delle loro comunità, che ho auto modo di apprezzare
all’assemblea dell’ANCI lo scorso novembre a Parma.
Voglio poi ricordare il ruolo del Terzo Settore che, come ha detto qui
il Cardinale Matteo Zuppi “è un interlocutore importante e decisivo per
le istituzioni presenti e future”.
Infine, la capacità dell’Italia di reagire di fronte alle crisi si deve
anche all’impegno delle associazioni e dei volontari, che ogni giorno
prestano aiuto ai più deboli, rafforzano lo spirito di comunità.
Ma io credo che saranno gli italiani, con il loro voto, a scegliere i loro rappresentanti per la prossima legislatura e quindi il programma del futuro esecutivo.
Io posso solo fare – come fatto con voi oggi - una sintesi dei principi e del metodo che hanno guidato l’azione del nostro governo e dei risultati che ne sono conseguiti.
Ora vi guardo e vedo una platea formata prevalentemente di giovani: è sempre vero, ma in questa occasione in particolare la parola deve essere di verità, ma anche di speranza.
Non bisogna tacere le difficoltà che abbiamo di fronte, ma non è onesto descriverle come delle calamità che ci vedono inerti.
No. Con le vostre energie, con la vostra serietà, con il vostro amore per la vita e per l’Italia, voi, noi tutti, supereremo questi ostacoli, vinceremo queste sfide.
La fiducia nel futuro si fonda su questa consapevolezza e sarà la nostra forza.
Grazie.
martedì 23 agosto 2022
Dugin
Diego Fusaro a cena con Dugin e Savoini
Anna Zafesova, Dugin, sacerdote del putinismo che vuole cancellare l'Ucraina, La Stampa, 22 agosto 2022
domenica 21 agosto 2022
Sanna Marin e la festa
Massimo Recalcati, Sanna Marin, la sua gioia di vivere è una lezione politica, la Repubblica, 21 agosto 2022
Sanna Marin - coraggiosa premier finlandese - è entrata nell'occhio del ciclone social e mediatico perché un video divenuto pubblico la riproduce mentre in una festa tra amici balla e si diverte. L'accusa non è solo sfacciatamente moralistica - perché una figura con responsabilità politiche non avrebbe il diritto di divertirsi? - ma merita di essere considerata con attenzione.
Al centro c'è innanzitutto, ancora una volta, la passione accanita dell'invidia. Tommaso d'Aquino la definiva come la tristezza causata per il bene altrui che impedisce l'affermazione della propria eccellenza. Più sinteticamente, Lacan affermava che l'invidia è sempre invidia della vita. Nello sguardo risentito dell'invidioso ciò che, infatti, risulta intollerabile, è proprio la manifestazione della gioia della vita.
Non a caso i soggetti sui quali solitamente si scarica la pioggia acida dell'invidia sono soggetti che sanno, in modo differenti, incarnare la potenza di quella gioia. È una lezione della psicoanalisi: non si invidia mai l'estraneo, ma si invidia sempre la vita che si vorrebbe essere e non si riesce ad essere. L'invidiato è, cioè, sempre l'ideale inconscio dell'invidioso.
Lo stile consuetudinariamente anemico della politica viene giustamente sconvolto dalla forza vitale delle immagini che ci restituiscono una giovane donna - con grandi responsabilità politiche nazionali e internazionali - che sa vivere una festa. La divisa d'ordinanza del politico borghese non rivela affatto - come in altri noti casi nostrani è purtroppo avvenuto - l'immoralità e l'irresponsabilità di comportamenti segreti che possono avere ricadute pubbliche gravi. Sanna Marin non propone agli amici coi quali si diverte di diventare rappresentanti della cosa pubblica, non li nomina sottosegretari, non li porta al governo o in Parlamento. Nessuno dei suoi comportamenti di giovane donna libera può renderla ricattabile.
L'odio invidioso per la giovinezza è un tratto che ricorre in ogni atteggiamento moralistico o paternalistico. Allo stesso modo quello che si accanisce verso le donne. In particolare verso quelle che si impegnano in politica magari ottenendo risultati significativi e che possono pure giustamente vantarsi di avere una bella immagine. Ricordo come l'allora presidente della camera Boldrini o l'allora ministra Boschi - per fare solo due esempi tra i tanti possibili - furono prese di mira da commenti squallidamente maschilisti da parte dei loro avversari politici.
La femminilità e la giovinezza hanno infatti qualcosa in comune che l'ideologia patriarcale e maschilista non può tollerare. Sono entrambe espressioni della vitalità della vita, della vita che è più viva, della vita che sa essere viva. Gettare fango su questa forza significa volerla sottomettere. È un tipico modus operandi del moralismo di ogni genere: macchiare la bella immagine mostrandola corrotta e pervertita. Si sarà drogata? Avrà fatto sesso? Avrà abusato dell'alcool? Si sarà dimenticata delle sue enormi responsabilità?
Una premier giovane, bella e intelligente è un insieme di qualità insopportabile per l'ideologo machista che vive nell'invidia di voler essere al suo posto. Nell'ideologia patriarcale e nel suo moralismo di fondo c'è, infatti, qualcosa di insopportabile nell'immagine stessa della festa perché ogni festa infrange un ordine, rompe degli schemi, esalta la potenza gioiosa del gioco. È quello che sanno bene i bambini, i quali possono trasformare ogni cosa in una festa ed è proprio per questa ragione che a loro e non ad altri viene promesso il Regno: essi sanno fare della vita una festa infinita.
Ebbene, questa donna che ha preso decisioni difficili in un tempo di grande crisi (pandemia, guerra in Ucraina), che ha portato il suo Paese verso la Nato, che ha rivendicato l'autonomia del suo popolo di fronte alla prepotenza bellica della Russia, sa anche godere della vita, sa vivere una festa. È forse questo il peccato che deve espiare?
Ma cosa sarebbe la politica stessa senza che vi fosse il sentimento profondo della festa? Non è forse quello che ci vorrebbe veramente? Non l'invidia accecata per ottenere una poltrona, ma la riforma innanzitutto dei cuori. Non si tratterebbe di rialzare il grigiore stantio della piccola politica alla dignità della festa e del suo coraggio? Sapere prendere decisioni che sanno rompere le dighe, introdurre il vento della giovinezza, cambiare gli orizzonti ai quali eravamo abituati. Non dovrebbe essere al cuore della politica un'idea di festa intesa in questo modo?
Lo sappiamo per esperienza, difficilmente chi non sa fare festa sa vivere la vita. Piuttosto la può solo osservare da distanza sempre pronto al giudizio severo. Per questo Dante, nel girone popolato dagli invidiosi li rappresenta con gli occhi cuciti da fili di ferro.
venerdì 19 agosto 2022
L'alibi della superiorità morale
E questa sarebbe l'eredità comunista sfruttata dal Pd. Una foglia di fico atta a coprire l'aridità o l'incapacità politica. Oh, per carità, i comunisti sopravvissuti non fanno meglio.
Francesco Piccolo
giovedì 18 agosto 2022
La logica democristiana del Pd
Tommaso Nencioni, I tre cardini del Pd a trazione democristiana, il manifesto, 17 agosto 2022
Anche a dispetto dell’evidenza, è oramai invalsa la tendenza a giudicare l’evoluzione (o involuzione) del Pd alla luce della storia del comunismo italiano. Senza prendere in considerazione l’altra componente che in quel partito è confluita, quella democristiana. Per cui, valutato nella prospettiva del comunismo, ci si appella all’unione attorno al Pd come “la sinistra" o, in maniera alternativa ma speculare, ci si scaglia contro per i suoi "tradimenti".
Questo potrebbe dipendere dalla maggiore inclinazione intellettuale - se non grafomania - della sinistra: quelle che scrivono sul Pd e ne costruiscono la narrazione sono le componenti che ne sono entrate a far parte, o se ne sono allontanate, da sinistra. Perciò si stende una cortina fumogena che impedisce di cogliere con esattezza quanto si muove in quel partito. Gli ex comunisti scrivono; gli ex democristiani, nel frattempo, comandano.Se per una volta si provasse a valutare la parabola storica e l’attuale collocazione nel sistema politico del Pd non alla luce dell’esperienza comunista, ma di quella democristiana, probabilmente ne ricaveremmo bussole più esatte per l’agire politico.
Una disamina del Pd come erede della Dc sarebbe possibille da diversi punti di vista, ma una valutazione complessiva richiederebbe l’analisi di una molteplicità di fattori impossibili da riassumere per intero.
Pertanto è utile concentrarsi su tre aspetti sostanziali di cultura politica, tutti rintracciabili nella parabola del partito degasperiano e moroteo, e tutti largamente ereditati dal Pd. 1) La Dc è stata il garante del vincolo esterno in Italia, nella sua oppia versione atlantica ed europea; quando (raramente) i due vincoli sono entrati in contrasto tra di loro, la Dc ha sempre scelto la fedeltà a quello atlantico. 2) La Dc ha sempre identificato la salvezza della (debole) democrazia italiana con la propria centralità nel sistema politico del Paese. 3) La politica delle alleanze della Dc, pur a geometria variabile, è sempre stata subordinata alla tenuta dei due fattori precedenti. Per cui ogni alleanza, anche la più spregiudicata, è stata ritenuta possibile,
a patto che questa non mettesse in forse il vincolo esterno e non minacciasse la centralità democristiana.
Ora sembra abbastanza agevole rintracciare queste caratteristiche ereditate dalla cultura politica democristiana nel comportamento del Pd degli ultimi anni, e in questa campagna elettorale. Il Partito democratico ha sempre favorito la nascita di governi solo parzialmente rispondenti al voto elettorale, identificando la propria presenza in maggioranza con la salvezza della democrazia, di volta in volta sottoposta ad oscure minacce esterne. Il discrimine ultimo è sempre stato quello della fedeltà al vincolo esterno, nella doppia variante europeista (nascita del governo Monti e commissariamento della politica economica del Paese) ed atlantista (governo Draghi e guerra in Ucraina). Finalmente, la scelta elettorale apparentemente suicida di abbandonare il dialogo con Conte da un lato nasconde una paura - che il rapporto con una forza di peso tendenzialmente equivalente ne mini la centralità, rischio corso col Conte II; dall’altro una conclamata esigenza - quella cioè che gli alleati siano “affidabili” in politica estera: questo è stato risposto esplicitamente a chi chiedeva il motivo per cui “Fratoianni sì e Conte no”.
A complicare la situazione del Pd rispetto a quella che fu la Dc vi è un dettaglio di non poco conto: la centralità della Dc nel sistema politico era resa possibile dal proprio effettivo peso elettorale, oltre che dall’impossibilità che si verificasse un’alternanza data la natura particolare dell’opposizione comunista nel contesto della guerra fredda. Nella situazione attuale, al contrario, non c’è nessun elemento sistemico che impedisca la messa all’opposizione del Pd. Di qui alcune ricostruzioni che analizzano le mosse suicide del Pd in questa campagna elettorale in modo apparentemente arzigogolato, ma forse non lontano dal vero.
Con la scelta di rompere con Conte, il Pd emargina il M5S, si rafforza come partito pur in presenza di una annunciata sconfitta della coalizione, e scommette tutto sull’implosione della destra ad urne chiuse, per riproporre surrettiziamente la propria funzione di garanzia nel prossimo parlamento. Se così fosse, si tratterebbe di un errore di prospettiva dal prezzo salato. La destra è molto più coesa di quanto possa sembrare, mentre le lamentazioni sulla sua inaffidabilità internazionale sono buone solo per la nostra provincia. Washington è in tutt’altre e ben più gravi faccende affaccendata. E storicamente la destra italiana, anche nelle sue versioni più estreme, non l’ha mai infastidita più di tanto, per usare un eufemismo.
Il lavoro politico da fare per le forze di progresso è tutto interno alla società italiana, e ci sono sempre più dubbi sulla possibilità che sia il Pd lo strumento più adatto per portarlo avanti.
lunedì 15 agosto 2022
Chi ha paura di Giorgia Meloni?
Paola Di Caro, Corriere della sera, 14 agosto 2022
Meloni ricorda come il sistema a cui pensa FdI sia quello semi-presidenziale alla francese , che «Letta dovrebbe apprezzare peraltro, da amico ed estimatore della Francia...», e che era quello per cui l’allora presidente della Bicamerale D’Alema si schierò. Ma «anche nel 2013, quando al governo c’era Letta, praticamente tutto il Pd convergeva sulla proposta: da Veltroni, a Zanda a Finocchiaro a Prodi, a Bersani, perfino a Speranza! E oggi Renzi, non un esponente della destra, è favorevole».
Però una cosa è un sistema che nasce da un confronto tra schieramenti in equilibrio, altra la bandiera di una corazzata - quella guidata appunto da lei, Salvini e Berlusconi - che anche grazie a questa legge elettorale potrebbe imporre tutto ciò che vuole. «Questa legge elettorale — la replica secca — siamo stati gli unici a non votarla. Per il resto, noi cerchiamo il dialogo, abbiamo tutte le intenzioni di fare riforme il più possibile condivise, cercando di bilanciare al meglio i pesi e i contrappesi per un sistema che funzioni». Anche con un organismo ad hoc, tipo una Bicamerale? «Se c’è volontà di collaborare, perché no?», apre Meloni. Ma è chiara su un punto: «Se il Pd ne fa oggi un referendum, da una parte i buoni che vogliono tenere il sistema com’è e dall’altra i cattivi che vogliono il presidenzialismo, allora vedremo cosa scelgono gli elettori. Perché è la volontà popolare che conta».