E questa sarebbe l'eredità comunista sfruttata dal Pd. Una foglia di fico atta a coprire l'aridità o l'incapacità politica. Oh, per carità, i comunisti sopravvissuti non fanno meglio.
Francesco Piccolo
Sono
in vacanza con un gruppo di amici, e in più, attraverso chat con
altri amici, l’argomento più presente, sia nelle cene estive sia nei
messaggi, è la politica. La campagna elettorale. Tutte queste persone
che conosco, che sento parlare, con cui mi confronto, voteranno Pd, o
più a sinistra, o più al centro (Calenda). Nessuno (non è un sondaggio, è
solo un censimento tra i miei amici) vota Cinquestelle, men che meno
la coalizione di centrodestra.
Bene. L’argomento principale di tutti, davvero di ognuno di questi
amici, anche di quelli che voteranno il Pd, è una critica continua,
serrata, costante, sarcastica, al Pd. Da questa piccola comunità di
amici, che per la maggioranza voterà Pd, viene una costante critica al
partito. Di ogni tipo: di politica, di metodo, di uomini, di storia.
Penso che non esista un partito più odiato del Pd da molti decenni: lo
detestano gli avversari perché è il nemico maggiore e più costante -
mentre altri sono apparsi e scomparsi; e lo detestano quelli di centro
sinistra: sia quelli di centro, sia quelli di sinistra, sia quelli che
lo votano. L’accanimento nei confronti del Pd (e non sto qui giudicando
se giusto o sbagliato, se eccessivo o legittimo, ma solo constatando) è
alla base della storia di questo partito.
Anzi, è cominciata prima questa storia. Adesso, tra i vari argomenti
di critica (ma è solo uno dei tanti), si dice per esempio che Enrico
Letta non sia brillante. Vorrei far notare che nemmeno di Berlinguer
era la prima parola che ti veniva in mente; e nemmeno di Natta, il suo
successore; e nemmeno di Occhetto. I brillanti sono arrivati dopo,
subito dopo, quando il Partito comunista si è trasformato in modo
traumatico e improvviso, e ha cominciato a perdere la prima costola.
Ecco, da quel momento in poi è cambiato tutto nel fare politica dei
grandi dirigenti del partito: la lotta interna è diventata molto più
importante della lotta esterna. Ci sono stati grandi dirigenti che hanno
attraversato l’intera carriera politica osteggiando e criticando la
sinistra o il partito principale. Dopodiché, quando è nato il Partito
Democratico, unendo le due anime del centro e della sinistra
riformista, questa battaglia interna è aumentata, si è stabilizzata, si
è evoluta, ed è diventata la seguente: esco dal partito e ne fondo un
altro perché il partito non mi piace, o non misoddisfa, o è andato in
mano a gente estranea. Avendo unito tutte le anime progressiste, ha
ottenuto per paradosso l’effetto contrario: ha cominciato a disunirsi,
altri partiti hanno cominciato a proliferare, tutti piccoli, e che
devono la propria sopravvivenza, sia politica sia di conquista di
spazio elettorale, al danno che riescono a procurare al Pd.
E così, da parecchi anni, tutta la questione politica dei partiti di
centro sinistra riguarda il centro sinistra. Quello che è successo in
queste settimane è esemplare: a sinistra del Pd si rimproverava il Pd di
andare verso il centro; a destra del Pd si rimproverava il Pd di
andare verso sinistra. Una questione vecchissima. Il problema politico
del Pd, quindi, di conseguenza, e da molti anni, non è l’avversario
politico opposto, ma sono i suoi satelliti intorno.
E così, anno dopo anno, e forse contemporaneamente ai dirigenti
politici, anche gli elettori si sono abituati e concentrati sulla
battaglia interna. E così alle cene di questo agosto elettorale, gli
elettori di centro sinistra, e per la maggior parte del Pd, si
concentrano su dei litigi tra quelli che dicono che Calenda ha ragione o
che Calenda ha torto, che non si può andare troppo a sinistra e che
non si può andare troppo al centro.
Cosa ha fatto il Pd per evitare tutto questo? Poco, non c’è dubbio.
Si è fatto sempre trovare pronto alla bisogna davanti ai momenti di
crisi del Paese, non conquista da molto tempo (insieme ad alleati) una
vittoria elettorale nazionale stabile e significativa. Sembra anch’esso
impreparato, come tutti gli altri partiti, a questa campagna
elettorale improvvisa. Mentre un grande partito riformista dovrebbe
costruire un programma politico di lunga gittata, che punti a vincere
nel momento in cui gli elettori si convinceranno della serietà e della
bontà. Invece il Pd dà l’impressione difficilmente confutabile di aver
improvvisato un programma elettorale (che tra l’altro ha alcuni punti
interessanti).
E qui
si arriva alla seconda questione che viene fuori questa estate dal mio
piccolo censimento di amici di sinistra. Sia i partiti, sia gli elettori
di sinistra ritengono di non dover badare ai programmi politici, ma di
essere detentori di una questione etica. E anche questo pensiero si è
formato negli anni, e sarà duro da estirpare. Non avendo programmi
convincenti per gli italiani, non essendo riusciti a formare alleanze
stabili e costruttive ma anzi continuando a litigare e a perdere
pezzi, la formula antica, cominciata nell’era berlusconiana e poi
proseguita per Salvini e adesso per la Meloni, è la questione etica.
Mentre il centrodestra mette insieme un programma politico discutibile
(e proprio sulla sua discutibilità c’è uno spazio politico enorme per
contrastarlo), i partiti e gli elettori di sinistra non si caricano di
una battaglia politica (contrapponendo una sensatezza programmatica e
seriamente riformista) ma di una supremazia etica contro la paura del
fascismo, contro la fiamma tricolore. Tutti timori sacrosanti, che
valgono in generale, per la storia di questo Paese; ma che sono
argomenti messi in campo troppo tardi e che sembrano denunciare più che
la supremazia etica, l’aridità politica.
Ecco, probabilmente si ricorre ad argomenti etici contro la Meloni,
così come si ricorreva ad argomenti etici contro Berlusconi, per
incapacità politica. Invece la questione etica è da dipanare negli
anni, deve portare a vigilare con serietà; ma non può essere argomento
unico nelle ultime settimane di campagna elettorale. Altrimenti si
finisce per fare agli elettori la solita richiesta, che sembra l’unica
vera richiesta elettorale che viene fatta da molti anni: vota per noi
per principio, perché noi siamo i giusti. È questa richiesta che sento
venire dai partiti, che sento nelle cene con i miei amici, sento e ho
sentito da molti e molti anni in questo Paese. E a questa richiesta, tra
l’altro, gli italiani hanno risposto quasi sempre con un’alzata di
spalle.
Ecco cosa
vogliono fare i partiti di centro sinistra: combattere battaglie
interne al proprio possibile schieramento, e imporre una superiorità
etica sugli avversari; ecco cosa vogliono fare gli elettori di centro
sinistra: criticare senza pietà la propria parte, in special modo il
partito maggiore, e imporre una superiorità etica sugli avversari.
Succede da così tanto tempo, che ci siamo abituati, e non ci accorgiamo
più che è, fin dall’origine, la strada sbagliata.
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