Giovanni Carpinelli, facebook, 27 settembre 2021
Il nodo irrisolto dell’autorità responsabile esiste da lungo tempo nell’ordinamento costituzionale italiano. In pratica dall’origine. Finché ha governato la Democrazia cristiana non si è arrivati a una designazione individuale, al vertice dello Stato si è venuto a trovare un gruppo ristretto e omogeneo di decisori che hanno garantito una certa continuità nell’azione, al di là dei cambiamenti minuti nella composizione dei governi. Al tempo stesso il sistema ha assunto un andamento consociativo soprattutto all’interno delle commissioni parlamentari. Nelle decisioni veniva coinvolto un ampio arco di partiti, quello che poi si chiamerà l’arco costituzionale. In questo quadro i comunisti hanno governato, sia pure in posizione subalterna. Il Pd fino ad oggi, e con le sole, parziali, eccezioni di Veltroni e di Renzi, ha mantenuto questo ruolo. Con Berlusconi si è giunti a un bipolarismo conflittuale. Nessuno dei contendenti è riuscito a collocarsi in una posizione egemonica come quella prima detenuta dalla Democrazia cristiana. Per superare determinati ostacoli sono stati varati con successo una serie di governi tecnici, Ciampi, Monti e ora Draghi. Al tempo stesso e già con Scalfaro si è venuto rafforzando il ruolo svolto dal Presidente della Repubblica. Ne è venuta fuori una sorta di presidenzialismo strisciante, o surrettizio come voi dite (e Cacciari con voi). A questo si contrappone la centralità attribuita al Parlamento dalla Costituzione medesima. Notate che un governo assembleare non è mai esistito e non è neppure pensabile. Si arriva sempre alla concentrazione del potere in qualche organismo ristretto. Nel parlamento attuale non esiste nulla di simile. Da qui la dittatura commissaria che con l'emergenza si impone nella forma del presidenzialismo surrettizio. Il fenomeno tende a ripetersi, ha qualcosa di fisiologico, è funzionale alla tenuta del sistema. Parallelamente la popolarità dei partiti è al suo minimo storico. Per un certo tempo anche la magistratura ha svolto un ruolo di supplenza. Al momento è chiaro che per questa via non si esce dalla crisi. Non c’è d’altra parte un partito che sia in grado di svolgere un ruolo egemonico, come fece a suo tempo la Destra storica. Draghi in una certa misura ha risolto a suo modo il problema. Sta svolgendo, di fatto, un ruolo egemonico. Ha un’ampia base di consenso. La sua è una legittimazione di tipo carismatico. Lascia aperto l’interrogativo sulla successione, sul dopo. La soluzione più equilibrata sta nel dare una veste costituzionale all’esercizio del potere carismatico. Il presidenzialismo dovrebbe servire a questo. Non bisogna avere il culto dei nomi che si danno alle cose. Il premier inglese esercita le funzioni di un presidente che governa, senza essere formalmente il capo dello Stato. In che modo si potrà passare, eventualmente, a un presidenzialismo sostanziale in Italia? Non è detto che Draghi debba per questo essere eletto Capo dello Stato. In tal modo, tra l’altro, perderebbe potere, se non ci fosse al tempo stesso una riforma della Costituzione. Si possono immaginare delle leggi ordinarie che attribuiscano nuovi e accresciuti poteri al presidente del Consiglio. Quanto ai contrappesi, il Presidente della Repubblica potrebbe mantenere il potere di sciogliere le Camere e acquisire inoltre quello di rappresentare a pieno titolo il Paese nel campo della politica estera. Ma qui si possono moltiplicare le ipotesi senza che si riesca a formulare una previsione plausibile.
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Sabino Cassese intervistato da Carlo Bertini, La Stampa, 13 agosto 2022
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