Chiara Saraceno
Se lo zingaro diventa un capro espiatorio
la Repubblica, 1 ottobre 2014
GLI
zingari che rubano i bambini. Uno stereotipo tanto radicato e diffuso
quanto privo di ogni fondamento, di ogni evidenza empirica e persino di
ogni plausibile spiegazione. Perché mai gli zingari dovrebbero rubare i
bambini, infatti, come se non ne avessero abbastanza dei loro? Eppure,
sembra essere la prima cosa che viene in mente, che viene ritenuta
plausibile, non solo quando un bambino, effettivamente, sparisce, ma
anche quando un bambino della comunità zingara è troppo biondo e chiaro
di pelle “per essere davvero figlio loro”, scatenando ipotesi fantasiose
di rapimento. È avvenuto tempo fa in Grecia quando una bambina,
appunto, “troppo bionda per essere zingara”, venne individuata in un
insediamento rom, scatenando accuse di rapimento e ricerche dei
“genitori veri”, salvo scoprire che questi erano effettivamente diversi
da quelli che avevano la custodia della piccola, ma, zingari anch’essi,
la avevano ceduta in una sorta di affido famigliare informale, perché
non erano in grado di provvedere per lei. Da segnalare che tutte le
sollecite preoccupazioni per il benessere della bambina sparirono quando
si scoprì che, dopo tutto, era solo una rom. Un caso molto simile
scoppiò nello stesso periodo in Irlanda, salvo scoprire che gli zingari
“rapitori” erano i genitori a tutti gli effetti, biologici e legali. Non
stupisce allora che uno stereotipo tanto radicato possa essere
utilizzato come una copertura plausibile da un adulto che cerca di
coprire le proprie responsabilità. Come ha fatto il padre che qualche
giorno fa, per nascondere di aver perso di vista il proprio figlioletto
di tre anni e il suo amico ad una fiera di paese nel torinese, dichiarò
di averlo salvato dalle grinfie di uno zingaro che lo aveva rapito.
Dimostrando la stessa incoscienza e irresponsabilità della quindicenne
che, qualche anno prima, per nascondere di aver fatto l’amore con il
proprio ragazzo, denunciò per stupro un giovane rom, scatenando una
rappresaglia feroce e incivile contro il campo nomadi. Fortunatamente,
questa volta la polizia è riuscita a smascherare la bugia prima che le
pulsioni antizingare si organizzassero e partisse la spedizione
punitiva.
La spiegazione della diffusione dello stereotipo dello
zingaro come quintessenza della brutalità malvagia non va ricercata in
qualche esperienza effettiva in un passato più o meno lontano, e
neppure, forse, nella società contadina. Mito letterario costruito dai
commediografi italiani e spagnoli tra cinque e seicento, nel periodo di
prima formazione degli stati moderni, con le loro esigenze di controllo
sia del territorio sia della popolazione, esso è assimilabile ad altri
stereotipi di cui sono state e sono oggetto altre minoranze: gli ebrei
che rubavano i bambini (cristiani) per nutrirsi del loro sangue, i
mendicanti che li rubavano per mandarli ad elemosinare. Gli zingari
sembrano condensare in sé tutte le caratteristiche di una minoranza
designabile insieme come altro da sé e come capro espiatorio: sono (o
meglio erano) nomadi, di una etnia diversa da quella prevalente nei
luoghi in cui transitano o abitano; sono poveri e chiedono l’elemosina;
hanno abitudini e comportamenti spesso molto diversi da quelli
prevalenti. Lo stereotipo è talmente forte, per altro, che mentre si
accetta senza battere ciglio che vivano in condizioni spesso spaventose
(tanto sono “come animali”, “sub-umani”), purché i loro insediamenti
siano a debita distanza da quelli dei “civilizzati”, si considera una
pretesa fuori luogo che chiedano invece di poter vivere in condizioni
civili. Così come si ignora che molti rom e sinti, non solo non sono più
nomadi, ma sono insediati accanto a noi, in abitazioni simili alle
nostre, mandano i figli a scuola, hanno, o vorrebbero avere, una
occupazione regolare e non vorrebbero essere costretti a vergognarsi, a
nascondere, di essere rom. Gli stereotipi condannano i rom alla propria
diversità, alla immagine negativa che la accompagna e che li rende
insieme vulnerabili e scarsamente legittimati a ricevere sostegno. Una
diversità, per altro, oggi resa più complicata dal fatto che i campi rom
sono sempre più affollati da migranti dei paesi dell’Est, non sempre
rom essi stessi, che solo in questi luoghi spesso di estremo degrado
trovano una qualche, per quanto fragile e rischiosa, accoglienza.
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